New Traditional

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C’è un filo rosso che lega le camicie scozzesi, gli anfibi e il ciambellone zenzero e cannella che hai sfornato e fotografato su Instagram oggi pomeriggio.
È cominciato tutto qualche anno fa, contemporaneamente in varie parti del mondo: in America pluri-specializzate manager hanno iniziato ad invidiare segretamente il tripudio di blogger mormone che sembravano gestire senza frustrazione una vita fatta di biscotti appena sfornati e feste per bambini.
Da noi un senso di alienazione sempre maggior verso un certo freddo design minimale, una grafica sempre più perfetta e distante, tipologie lavorative che direzionavano la nostra creatività solo verso un computer, vita notturna decisa da altri, mancanza di senso generalizzata.
Nel frattempo la crisi economica e l’impossibilità di uscire e comprare a cuor leggero come prima.

In America lo hanno chiamato la nuova era domestica. Io lo chiamo New Traditional.
Passa attraverso il corso di punto croce a cui andiamo il giovedì sera ma ancor di più al fatto che nessuno più si sognerebbe di prenderci in giro (ma anzi cerca su Facebook la pagina dell’evento).
È legato al nostro compagno che ha brividi di piacere alla vista di vecchi caratteri di stampa tipografici abbandonati, quegli stessi caratteri che qualche anno avrebbe preso solo per dare un tocco di autenticità all’ingresso del suo studio di grafica, ora invece cerca di rimetterli in uso e si iscrive ad un workshop di calligrafia.

Alle serate di mazurka klandestina invece di pub ed afterhour.
A ragazze giovani che si vedono per tirare la sfoglia e fare le tagliatelle, al posto dell’aperitivo in centro.
Alle camicie bianche e di jeans, ai kilt, il tweed e alle oxford shoes.
A tutta l’ondata handmade.

È legato certa grafica indipendente, che non è figa se i font usati non sembrano scritti a mano.
All’illustrazione, specie se dai tratti semplici e semi-infantili, che ruba la scena alla fotografia in tutti i banner, branding e packaging delle produzioni indipendenti.
Alle coppie in cui lei ha il rossetto rosso e lui la barba.
Agli incastri maschili per le biciclette vintage e a quelli femminili per le Singer di ghisa nere.

Al fatto di googlare la ricetta tradizionale di tortellini, polenta e biscotti.
E al perché si capisce che andare a cena a casa di amici e cucinare tutti insieme, pure se una scelta obbligata, alla fine scalda il cuore più che il ristorante (anche perché al ristorante non possiamo apparecchiare la tavola in maniera cromaticamente corretta come ultimamente piace a noi).
A chi si è messo a fare serigrafia in casa e ai nuovi locali in cui si mischiano attività pomeridiane, produzioni indipendenti, workshop, aperitivo vegano e musica in orari comprensibili. Posti in cui finalmente puoi andare anche con bambini e cani, senza sentirti un paria.

Lo scorso Natale, nella contrazione economica generale, hanno avuto un’impennata gli acquisti di macchine per fare il pane e lo yogurt in casa.
Scelte nuove e spesso obbligate che alla fine si rivelano più somiglianti a quello che siamo e che ci eravamo dimenticati di essere.
Ricerca di autenticità, cose semplici e bisogno di ricominciare dall’ABC.
Nessuno 10 anni fa si sarebbe immaginato lo Smartphone.
Ma neanche che l’avremmo usato, fieri, per fotografare le tagliatelle appena fatte da noi sulla spianatoia.

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