1. Negare di aver perso.
Nel caso ti portassero le prove: negare di aver mai partecipato.
Nel caso ti portassero le prove pure di quello: scomparire in una nuvola di fumo.
2. Tirarti su i pantaloni che ti eri calato.
Un presidente di Regione senza braghe non farebbe una gran bella figura.
3. Dare la colpa a qualcun altro.
Il partito più grande del tuo, la neve, lo sciame di meteoriti cadute in Russia, il fuso orario del Guatemala.
4. Fare mente locale e provare a ricordare dov’è che l’hai messa quella toga che ti sei tolto nel ’94.
5. Pregare l’operatrice del call-center di darti quel numero di telefono: «La prego signorina, non mi lasci qua col passerotto in mano… Su Genova, Grillo Giuseppe Piero…».
6. Cercare di convincere i vincitori che quell’orecchino che porti è ed è sempre stato a forma di stella.
7. Andare all’anagrafe a prendere una copia del certificato di nascita per dimostrare a tua moglie, che non ti credeva, che davvero ti chiami Oscar Fulvio.
8. Rimettere il grembiulino da libero muratore e fare bisboccia con gli amici della loggia. E qualche boccale di birra.
9. Convincere quelli dell’Avis che come testimonial per le pubblicità sulle donazioni di sangue sei perfetto.
Da lì iniziare una lunga carriera nelle pubblicità per casalinghe: Giovanni Rana, Amadori, Dash, Swiffer…
10. Fare qualche telefonata ai vecchi amici, invitarli a cena, ricordare i bei tempi dei saluti romani e delle spedizioni punitive nelle sezioni del PCI.
11. Accettare l’invito a cena di qualche vecchio amico, scegliere una bella bottiglia di Olio di Ricino Riserva tra quelle rimaste in cantina e portarlo in dono all’ospite (dopo avergli rigato le portiere della macchina e lasciato la dedica: a Gianfrà da Francé).
12. Minacciare tutti, amici e nemici, che se non ti votano per il Quirinale passerai l’intera legislatura a molestare le neo-elette di tutti gli schieramenti.