Fatti da solo il tuo 33 giri (con una stampante 3D)

Con una stampante 3D (tipo questa, ma ne esistono pure di made in Italy) puoi farti dei segnaposto con il volto di tutti i componenti della famiglia e degli invitati. Con una stampante 3D puoi pure costruirti un dildo con il volto di Dawson Leary o Nicholas Cage (ognuno ha le sue perversioni). Con una stampante 3D puoi alzarti al mattino e decidere di farti una spilla colorata e traslucida che nessun’altro al mondo potrà indossare.

(Visto che i prezzi, per macchine che fino a non molto tempo fa costavano decine di migliaia di euro, vanno abbassandosi sempre di più e le dimensioni sempre più ridotte consentono di piazzarle sopra ad una scrivania, ho inserito alcuni tra i modelli più economici nella lista dei desideri da realizzare nel 2013, non fosse altro che per stamparmi da solo, per il prossimo Natale, regali unici – ma rigorosamente inutili – per amici e parenti).

E con una stampante 3D c’è pure chi prova ad incidere da sé i propri 33 giri, più che altro per sperimentare i limiti di questo tipo di stampa e scoprire – o meglio confermare – che il cervello umano dopotutto è il più raffinato degli strumenti per l’elaborazione del suono.

Amanda Ghassaei, giovane fisica di base a San Francisco, si diletta a sperimentare la dimensione… fisica (appunto) dei media digitali, utilizzando prevalentemente Arduino, un circuito elettronico open-source (per onor di patria è doveroso aggiungere che si tratta di un invenzione tutta italiana, che ha avuto un incredibile e meritato successo in tutto il mondo) dalle applicazioni potenzialmente infinite.

Durante tutto il 2012 Amanda ha realizzato una serie di progetti audio ricavandone, tra le altre cose, una preziosa intuizione: il suono è un medium resiliente, in grado cioè di sopportare deformazioni, deterioramento e compressioni anche di grande intensità, riuscendo però a mantenere la sua forma e ad essere comunque riconoscibile non soltanto dal nostro orecchio – o meglio dal cervello che ne elabora gli input (per approfondire il rapporto tra mente e musica consiglio il meraviglioso saggio di Oliver Sacks, Musicofilia, edito da Adelphi), filtrando ad esempio le parti importanti da fruscii e/o rumori esterni pure fastidiosissimi – ma anche da strumenti artificiali come un’applicazione per smartphone (Shazam, per citare la più diffusa).

Lasciando per una volta da parte l’elettronica, la giovane fisica americana ha deciso deciso di testare dunque i limiti della stampa 3D, sviluppando una tecnica in grado di trasformare una traccia audio in un solco tridimensionale e creando letteralmente da zero un LP funzionante (su Instructables ci sono le spiegazioni passo passo su come farlo), pur sapendo che il trasferire le informazioni dai bit alla materia – nonostante l’altissima risoluzione le stampanti 3D per uso casalingo non riescono ancora ad avvicinarsi neanche minimamente alla precisione con cui viene inciso, con procedimento inverso, lavorando a togliere invece che a mettere un qualsiasi vinile – avrebbe inevitabilmente comportato una perdita notevole di informazioni.

Il risultato è sorprendente. E lo è sia perché dimostra la relativa semplicità con cui è possibile fare in casa un 33 giri, sia perché prova davvero quando nonostante la bassissima qualità audio un pezzo dei Nirvana o dei Joy Division resti comunque riconoscibilissimo (pure da Shazam, come accennavo prima: ho fatto la prova).

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