Enologica 2012

“Possiamo essere rivoluzionari e tradizionali allo stesso tempo” (Michel Serres, 2010): questo il teaser scelto per descrivere l’edizione 2012 di Enologica, il Salone del Vino e del Prodotto tipico dell’Emilia Romagna, che quest’anno si è tenuto dal 17 al 19 novembre alla Fiera di Faenza.

Dopo aver trascorso tre giornate serratissime in fiera, tra eventi e degustazioni, si può ben comprendere il senso del teaser scelto: raccontare un territorio ricco di saperi e di sapori tradizionali come quello emiliano-romagnolo in maniera contemporanea e fresca, cercando nel rapporto con tutti (operatori, produttori, pubblico privato) la rivoluzione culturale che l’enogastronomia merita per raccontare il paesaggio italiano.

Ed allora ecco 5 motivi +1 per cui non si poteva perdere Enologica 2012 e da tenere bene a mente per l’anno futuro:

1. Il vino è la poesia della terra — Mario Soldati: visto il nome della fiera non si poteva che partire da questo, dal vino dell’Emilia Romagna, cui era dedicato un intero padiglione gremito di visitatori saltellanti da un banco ad un altro occupatissimi ad annusare, sorseggiare e decantare pregi e virtù dell’adorato liquido ed allo stesso tempo proteggendo, dalla gaudente folla, la salute dello strumento basilare: il fragilissimo bicchiere di vetro. A tutto Lambrusco, che sia il tagliente ed affilato Radice della Cantina Paltrinieri oppure il fresco ed elegante Lambrusco Rosè di Modena D.O.C. (Metodo Classico) di Christian Bellei, senza dimenticare una sosta obbligata da Elena Pantaleoni per una bevuta “che più naturale non si può” con i vini de La Stoppa e dell’enologo Giulio Armani.

2. È un cattivo cuoco quello che non sa leccarsi le dita — William Shakespeare: lo show-cooking in dialetto emiliano-romagnolo, formalmente e metaforicamente; il meglio della ristorazione regionale servita attraverso due piatti simbolo preparati sul palco e serviti alla platea forchetta-munita, rumoreggiante finché non si tratta di mettere in moto le mascelle per nutrirsi. Un racconto fatto dai protagonisti, cuochi e produttori di filiera corta, con a corredo aneddoti, tecniche e tanta spensieratezza, narrati attraverso la gestualità delle splendide mani occupate a tagliare, spadellare e comporre piatti memorabili. Alcuni? Il cotechino fritto con zabaione al lambrusco dell’ Hosteria Giusti di Modena che non puoi non sorridere addentandolo o il ragù sul pane bruscato, la merenda ideale secondo la trattoria Gambero Rosso a San Piero in Bagni.

3. Chi ha ragioni da vendere le porti al mercato — Dino Basili: come non adorare il mercato, con il suo vociare talvolta volgare, l’eccentricità dei proprietari dei banchi e l’aria di festa che sprigiona? Un vero e proprio mercato allestito all’interno di un padiglione, dove gli attori protagonisti sono gli artigiani delle produzioni regionali eccellenti, intenti a rappresentare un territorio. Un vortice di profumi, odori, sentori dal quale lasciarsi trasportare alla ricerca del miglior souvenir: poco importa che sia un forma di formaggio di capra, un salame di mora romagnola o un vasetto di miele, l’importante è seguire il proprio istinto regalandosi un po’ di sano shopping compulsivo, quasi come si fosse nel quadrilatero della moda milanese. Alcune tappe fortemente raccomandate? Lo stand dell’Antica Corte Pallavicina per il Culatello di Spigaroli, le signore che sfornano piada romagnola bollente o, per l’acquisto chic, il banco dedicato ai tartufi (meglio se bianchi, ca vas san dire!).

4. Contraddizione e adulazione guastano entrambe il dialogo — Johann Wolfgang Goethe: scambio, comunità estemporanea e confronto; il dialogo è costante e continuo nell’esperienza Enologica: si può parlare di profumi ed enologia con i produttori di vino, di tecniche ed allevamenti con i produttori alimentari o di salse e cotture con i cuochi. Poi ci sono gli spazi appositamente dedicati al confronto, il Caravanserraglio, il salotto di Enologica, dove incrociare uno spumeggiante Giuseppe Palmieri (maitre dell’Osteria Francescana, tristellato ristorante di Modena) che in un dialogo con Alessandro Bocchetti ti convince che in un gran ristorante la permanenza massima è di due ore e mezza, salvo non volersi sentire rapiti e presi in ostaggio dall’ipertrofico ego dello chef di turno o ritrovarsi, nello spazio dedicato alle eno-degustazioni, a discutere con Cristiana Lauro, la donna più chic del vino italiano, e Paolo Trimani su cosa voglia dire eleganza quando si parla di vino.

5. Nessuno può toccare la grandezza di cui pur è capace, se prima non ha la forza della sua piccolezza — Bertrand Russel: raccontare grandi cose, in una fiera raccolta e a dimensione del visitatore, con una affluenza sì numerosa ma non quanto quella degli eventi più grandi e blasonati è la bellezza di Enologica: consente di poter degustare prodotti con maggiore calma e una migliore disposizione di spirito dei produttori che dedicano tempo a spiegarti e raccontarti il loro prodotto; consente di scambiare qualche battuta con il visitatore che è in fila con te per un assaggio, senza che lo stress accumulato ti porti a fare lo sgambetto per prendere il suo posto; ti garantisce di soddisfare sempre i tuoi bisogni (nobili o meno nobili) senza affrontare traversate atlantiche o intercontinentali; può addirittura succedere che tu non dica la fatidica frase “chi me lo ha fatto fare” ma, anzi, ipotizzi di tornare il giorno venturo.

Ed eccolo, dopo aver individuato i cinque motivi fondamentali per cui Enologica è una fiera imperdibile, il motivo +1, ebbene sì:

+1. Piuttosto perdonare un brutto piede che delle brutte calze — Karl Kraus: la possibilità di mettere in moto tutto l’estro e la destrezza di cui siamo capaci per selezionare l’outfit perfetto per una fiera enogastronomica… chi l’avrebbe mai detto?

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