Entri da Ikea e trovi un esercito di barbuti in camiciona di flanella che battono sul computer – bicchierone di caffè americano accanto – tutti quegli iper-consonantici nomi; da McDonald’s solo ingredienti a chilometro zero, prodotti vegani e centrifugati di frutta, Ronald che smette i panni da clown inquietante e veste quelli di boscaiolo con ascia firmata Best Made Co; da Adidas caccerebbero in malo modo quel sopracciglia depilate di Beckham e farebbero advertising solo con baffuti meccanici di officine di moto custom; Gillette, dopo un gran falò di rasoi usa-e-getta mono lama, doppia lama, tripla lama, inizierebbe a produrre i rasoi vecchio stile di un tempo ed aprirebbe saloni da barba in franchising in mezzo mondo; Coca-Cola, forse, darebbe una pacca sulla spalla ai nostri amici ex-CocaColla (ora Collater.al): una birra (artigianale, of course) e amici come prima.
Questo è il mondo dei marchi hipster, o almeno come se li immagina dal punto di vista grafico un tumblr in progress come Hipster Branding.