Chicken & Broccoli Homeworks | La fuga di Logan

La fuga di Logan
di Michael Anderson
USA 1976

Trama: Corri Logan Laggiù / Vola fra lampi di blu

Rivedere la fantascienza degli anni ’70 è sempre utile. Da una parte ti rendi conto che dire “fantascienza” oggi è una stupidaggine bella e buona. Tutto – e voglio dire tutto – proviene dai vecchi e caleidoscopici anni ’70 (a livello cinematografico) e comunque ancora da più lontano, dalla fantascienza anni ’50 e ’60. Incredibile come in anni così lontani nel passato si siano gettate le vere basi per il futuro più prossimo. Ogni film che vediamo oggi (che sia Minority ReportAvatar) che ci proietta in avanti e tenta di immaginare cosa, chi, come saremo tra tanti, se non tantissimi, anni, non fa altro che ripescare dal passato. Da cose che erano già state scritte (70) e mostrate (40) anni fa. E non parlo solo delle macchine volanti o del pianeta Terra distrutto e conquistato dai monciccì (a proposito, qualcuno l’ha denunciato Tim Burton per aver preso il finale de La fuga di Logan e averlo messo a forza nel suo Pianeta delle Scimmie? Indagare e, se necessario, testimoniare). Intendo comunque la condizione umana.

Ne La fuga di Logan ci si prospetta un futuro distopico (parole evergreen) dove la civiltà ha distrutto la Civiltà e si è dovuta rifuggiare in una sorta di megacapannone che pare disegnato da Fuksas, creare una nuova struttura sociale e, per evitare che l’uomo prenda troppa coscenza di sé, eliminare il naturale processo di maturità e di invecchiamento “costringendo” i cittadini a morire a 30 anni. Raggiunti i 30 anni i cittadini vengono quindi eliminati – ma a loro viene detto che è solo un processo di rinascita, il cosiddetto Carosello (scena pazzesca). Ecco come lo hanno fatto (tanto per rovinare la magica magia):

Certo se c’è una cosa che vale sempre, passato, presente, futuro distopico e dispotico, è che ai cittadini gli puoi dire sempre il cazzo che ti pare e quelli ci crederanno, basta che lo fai usando uno schermo e delle lucine colorate:

 

(futuro? tac, lucine che manco allo Studio 54, erano i magnifici Seventies). Vi ricordate quel mastro lindo di un Duvall che anche lui gli prendeva questa voglia di fuga… quando ti prende la voglia di fuga proprio sei capace di scalare le montagne più alte, di attreversare i deserti. La fuga è potente.
Chiaramente c’è una Resistenza, chiaramete Logan prima fa parte dei controllori, poi diventa un dissidente. Insomma L’implacabile, The Island e tutti gli altri. Ecco perché vale la pena riscoprire la sci-fi retrofuturibile. Per acquisire un po’ di coscienza in più quando vediamo i film moderni. E anche perché, mai come in quegli anni, si alternavano visioni quasi da preveggenza, assolutamente “visionarie” e al tempo stesso inquientantemente ragionevoli, ad un’ingenuità quasi demenziale. A dimostrazione vi basti vedere questa scena:

Ma chi è?! Un robot con dentro un nano? Due nani? Vi giuro una sequenza che rasenta il teatro dell’Assurdo! E poi lo vedete lui com’è fatto no? Tutto ricoperto di stagnola? Ecco, li vedete riflessi tutti quelli della troupe? Una cosa che  vista oggi pare quasi metacinema: si vedono riflesse teste, luci, cavi. Manco Von Trier in Dogville ha raggiunto un tale grado di sperimentazione! Riderissimo.
Eppure, oltre al riderissimo, in questi film così “vecchi”, oggi visti con occhi un po’ bonari del tipo “perdonali che non sapevano quello che facevano”, ci trovi delle scene veramente dense, inquietanti, veramente coraggiose. In questo caso, a parte che oltre la fuga c’è anche la figa (che non è che si facevano parlare dietro (!) se c’era da mettere donne nude, vai di donne nude. Roba che adesso quando c’è un nudo in un film parlano subito di “scene scandalose, registro morboso e cose così), insomma durante questa fuga ci si ritrova in mezzo ad una sorta di rito orgiastico degno di The Society, con tanto di lussuriosi ipnotizzati che cercano di fermare la fuga. Comunque più vedo i film di fantascienza vecchi e più mi viene voglia di viverci negli anni ’70. Sia per vestirmi così:

 

sia per i capelli di Farrah Fawcett.

 

E qua, pagine, pagine e pagine di fumetti.

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