Tra le serie fotografiche più condivise in assoluto in rete nell’ultimo decennio, Architecture of Density, del compianto fotografo tedesco Michael Wolf, portò alla ribalta internazionale il panorama urbano di Hong Kong, con i suoi enormi palazzoni che sembravano non finire mai, immersi in mezzo ad altri grattacieli, senza orizzonte alcuno a cui affacciarsi da quelle finestrelle tutte uguali dietro alle quali scorrevano vite che noi, spettatrici e spettatori, potevamo solo immaginare. Wolf definì quella serie una «metafora della megalopoli» — quale Hong Kong, coi suoi sette milioni e mezzo di abitanti, effettivamente è —, una sorta di squarcio nel tessuto temporale che ci permetteva di sbirciare, nel presente, l’inevitabile futuro di una bella fetta di umanità.
Quella Hong Kong, che è poi, in larga parte, la stessa che si presenta agli occhi di chi, oggi, la visita o la abita, prima degli anni ’50 non esisteva: lo skyline era profondamente diverso, e ha iniziato ad arrampicarsi verso il cielo parallelamente alla straordinaria crescita demografica che portò, dagli ottocentomila abitanti degli anni ’30, agli oltre due milioni del 1951.
Complice anche un grande incendio — che nel 1953 ridusse in cenere la zona di Shek Kip Mei, allora una baraccopoli — il governo lanciò, nel ’54, un enorme piano di edilizia pubblica per dare alloggio a basso costo alle fasce più fragili della popolazione.
Il piano va avanti ancora oggi, ma il periodo di trasformazione più profonda fu appunto quello che si sviluppò dagli anni ’50 agli anni ’80, adottando l’approccio modernista (la forma segue la funzione) già ampiamente impiegato nelle periferie e nei piani di riqualificazione di mezzo mondo, con la particolarità che a Hong Kong quelle gigantesche strutture venivano innalzate con impalcature fatte di bambù.
Trattandosi di architettura modernista, era pacifico che prima o poi lo studio polacco Zupagrafika, che tante pubblicazioni ha dedicato a questa corrente, facesse uscire un volume dedicato a Hong Kong.
Intitolato Concrete Hong Kong, il libro è diviso in due sezioni: la prima racconta e mostra, attraverso splendidi scatti firmati da David Navarro e Martyna Sobecka, i due fondatori dello studio, alcuni tra i più emblematici grattacieli della megalopoli; la seconda, come in molti altri libri di Zupagrafika, raccoglie dei modellini di carta da costruire. Sono sei, tra i più noti e fotografati (nella loro versione reale).
Guardandoli da molto vicino, forse sembrerà di poter sbirciare dalle finestre, lassù, a decine di piani di altezza, che fanno impressione anche sui modellini.
Concrete Hong Kong
Build Your Own Modernist Metropolis
Zupagrafika, 2023
88 pagine