Durante la mia zoppicante carriera scolastica ho avuto modo di frequentare due licei scientifici: in uno ho passato i primi quattro anni, per poi ritirarmi, mandare a quel paese tutto e tutti, andare a lavorare, rifugiarmi per qualche settimana a Londra, schiarirmi le idee e iscrivermi infine nel liceo di un’altra città, dove sono riuscito a concludere un incubo durato sei anni. Molti meno me ne sono serviti per realizzare che le materie scientifiche non facevano per me. Le uniche maniere per farmi entrare in testa concetti di fisica, leggi matematiche e formule chimiche erano (o meglio, sono, perché questa cosa l’ho capita molto tempo dopo e vale ancora oggi) due. Il primo è l’approccio narrativo: conoscere le storie dietro alle scoperte, dunque le vite dei matematici, le avventure dei fisici, gli aneddoti curiosi — in pratica il “fattore umano”.
Il secondo è ovviamente l’approccio sperimentale, cioè andare in laboratorio a costruire, mescolare, misurare e far esplodere qualcosa.
Dell’uno e dell’altro approccio, in quei sei anni, non c’è stata quasi traccia, per questo mi entusiasmo come un ragazzino quando scopro di scuole, progetti, programmi e realtà che invece puntano su metodi che trovo affini alla mia forma mentis.
Design For Physics è uno di questi.
Frutto della collaborazione tra IED Roma e il dipartimento di Fisica di Sapienza Università di Roma, il progetto è nato con l’idea di sviluppare strumenti didattici per le scuole secondarie. Più nello specifico, strumenti che possano aiutare — anche attraverso l’uso di smartphone in classe e in laboratorio — nell’apprendimento della fisica.
Il gruppo di lavoro, formato da studentesse e studenti del secondo e del terzo anno di Product Design dello IED Roma — Flavia Colonnelli, Marco De Michele, Daniele Abbati, Giulia Azioneti, Fabio Caricato, Paola Hofmann, Alessandro Malaspina, Clelia Menghini, Lara Mucci, Francesco Poletto e Federico Vicario — e guidato dal docente Mauro del Santo, ha operato sotto la supervisione di Gianfranco Bombaci, coordinatore di IED Design, e si è avvalso della preziosa consulenza di Giovanni Organtini, professore associato di Fisica Sperimentale presso la Sapienza, per progettare una serie di dispositivi capaci di interagire con gli smartphone per consentire misurazioni digitali e introdurre l’uso di software (gratuiti) per fare calcoli, grafica e programmazione.

(foto: Antonio Cama | courtesy: IED Roma)
Gli strumenti — che saranno presentati durante la prossima edizione della Maker Faire Rome, dal 20 al 22 ottobre — hanno un’estetica che volutamente si ispira, nelle linee e nei colori, alla grafica e al design italiano degli anni ’60 e ’70 (io ci vedo anche Memphis e Bauhaus) ma nello spirito e nell’essenza si rifanno alle filosofie dell’open source e dell’autoproduzione, essendo progettati per una produzione a basso costo e su larga scala, oltre che per essere, appunto, autoprodotti direttamente nelle scuole che hanno a disposizione un’officina digitale (il cosiddetto fab lab).
«Tutti i materiali e componenti sono economici, facilmente reperibili e a basso impatto ambientale» spiegano da IED Roma. «A differenza del tradizionale modello in cui le scuole investono in dispositivi di alta qualità ma costosi, limitati in quantità e destinati all’uso condiviso da un’intera classe, Design for Physics permette il lavoro in piccoli gruppi, sui normali banchi scolastici, senza la necessità di spazi dedicati. Tutte le esperienze sono pensate per essere utilizzate in più esperimenti. Sebbene si possano sempre utilizzare nel tradizionale “laboratorio confermativo”, le proposte di esperimento non sono congegnate per verificare le leggi fisiche, ma per scoprirle, trasformando alunni e alunne in ricercatori e ricercatrici».
Di seguito una panoramica di tutti i dispositivi (e se qualche scuola vorrà invitarmi a provare — e soprattutto a imparare daccapo, dato che in fisica sto davvero a zero —, sono qui).