Tesori d’archivio: i crisantemi di Hasegawa Keika

Le informazioni sull’artista giapponese Hasegawa Keika sono scarsissime. Non conosciamo con certezza neppure il genere, dato che il nome Keika può essere trascritto in molti modi differenti ed è usato sia al femminile che al maschile.
Le uniche notizie certe sono il periodo di attività (tra il 1892 e il 1905, nella cosiddetta Era Meiji, che coincise con il regno dell’imperatore Mutsuhito, durante il quale il Giappone uscì da lungo periodo di isolamento dal mondo esterno) e le opere attribuite ad Hasegawa, che sono due volumi pieni di motivi decorativi per i tessuti e un meraviglioso libro in tre tomi — Keika Hyakugiku, ovvero “i 100 crisantemi di Keika” — dedicato, appunto, al crisantemo, fiore che occupa un ruolo centrale nella cultura giapponese.

Importato dalla Cina intorno all’VIII secolo, il crisantemo è da sempre interpretato come un simbolo solare e in oriente è associato alla longevità e all’immortalità. In Giappone è poi diventato un simbolo imperiale e nazionale, tanto che dal XII secolo il trono dell’imperatore si chiama proprio “Trono del crisantemo”.
Detto anche “il fiore dei cento mondi”, Hasegawa l’ha rappresentato in altrettante illustrazioni, realizzate con la tecnica della xilografia e raccolte, come già detto, in tre volumi, pubblicati nel 1893 dall’editore Naosaburō Yamada.
Due di essi (il primo e il secondo) sono conservati presso il British Museum, mentre altri due (il secondo il terzo) presso lo Smithsonian Museum.

Alcune tavole si possono ammirare — e scaricare — su Artvee, dove, osservandole le une accanto alle altre, ci si può rendere conto della maestria dell’artista, capace non solo di ritrarre dettagliatamente le varie specie di crisantemo, ciascuna con le proprie caratteristiche peculiari, ma anche di dare a ogni esemplare una sorta di “personalità”, comunicata attraverso le forme dei fiori e, soprattutto, il dinamismo dei loro petali: aggrovigliati, spettinati, abbracciati gli uni agli altri, chiusi su loro stessi, slanciati verso l’esterno, talvolta timidi, spesso radiosi, ma sempre apparentemente in movimento.

Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
Hasegawa Keika, “Keika Hyakugiku”, Naosaburō Yamada, 1893
(fonte: artvee.com)
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