Squaring the Circle: il documentario di Anton Corbijn su Hipgnosis

Lo studio che realizzò alcune tra le migliori copertine di dischi degli anni '70

È il 1968 e i Pink Floyd — che hanno da poco buttato fuori dalla band Syd Barrett per via dei suoi arcinoti problemi di salute mentale — devono scegliere a chi affidare l’artwork della copertina del loro secondo album, A Saucerful of Secrets.
Waters e Gilmour decidono di rivolgersi a un loro vecchio amico degli anni della scuola. Si chiama Dave Henderson ed è un giovane e talentuoso pittore, che a Cambridge frequentava lo stesso giro di amicizie di Waters e Barrett: si ritrovavano spesso insieme al pub, o a casa di qualcuno a bere, strimpellare, parlare d’arte, fumare erba o sperimentare trip di LSD.
All’epoca Henderson fa parte di una sorta di collettivo chiamato Consciousness Incorporated: è uno studio sui generis, che perlopiù realizza copertine di libri in edizione economica, paccottiglia letteraria tipo western di bassa lega o romanzi erotici. Oltre a lui, del gruppo fanno parte: Ian “Imo” Moore, grande amico di Barrett; Matthew Scurfield, che sarebbe poi diventato un celebre attore; Lindsay Korner, già fidanzata di Barrett; Storm Thorgerson, ex compagno di istituto di Waters (che era un anno avanti a lui) e Gilmour (che invece era di un anno più giovane), ora studente di cinema e tv al Royal College of Art di Londra; Aubrey Powell, detto “Po”, che, dopo una serie di lavori saltuari, frequenta la London School of Film Technique.
Delle illustrazioni si occupa Henderson, mentre le foto le scattano Thorgerson e Powell, che usano come modelli lo stesso Henderson e gli altri membri del collettivo.

Quando i Pink Floyd propongono a Henderson di fare la copertina, la Consciousness Incorporated è ormai ridotta all’osso, visto che ciascuno di loro ha altri affari per le maniche. Lui — per motivi mai precisati — si tira indietro, e la “palla” passa quindi a Thorgerson, che è venuto a conoscenza dell’offerta e decide di farsi avanti, accettando il lavoro e chiedendo aiuto a Powell. «Io e Po» racconterà poi lo stesso Thorgerson nel libro For the Love of Vinyl: The Album Art of Hipgnosis «abbiamo iniziato Saucerful in un turbinio di ottimismo giovanile, requisendo il dipartimento fotografico del Royal College of Art dove ero uno studente della scuola di cinema, corrompendo spudoratamente il personale assistente fuori orario e in seguito utilizzando il bagno di Po, evitando accuratamente la lingerie della sua ragazza».
La copertina che tirano fuori dopo una serie di super-precarie sessioni di lavoro è un complesso fotomontaggio che rappresenta una sorta di visione da viaggio psichedelico e incorpora elementi tratti da uno dei fumetti del Dottor Strange della Marvel. Hanno l’ok dei Pink Floyd e anche quello della casa discografica, la EMI, che per la seconda volta nella sua storia (la prima fu per i Beatles) consente a una band di arruolare designer esterni per la grafiche di un album.

Quella primissima commissione è per Thorgerson e Powell una inaspettata rampa di lancio. La EMI inizia a contattarli per altre copertine e il duo, che all’epoca usa come quartier generale l’appartamento (e soprattutto il bagno, come abbiamo già visto) di Powell, pensa bene di dare un nome alla propria attività.
L’idea arriva da una scritta lasciata da un altro inquilino del palazzo sul portone di casa: Hipgnosis. È un termine che in sé non significa nulla ma Thorgerson e Powell lo trovano perfetto: ricorda la parola “ipnosi” e ha dentro di sé il nuovo (“hip”, alla moda) e l’ancestrale (“gnosis”, conoscenza). Con questo nome, i due — che si sarebbero presto trasferiti in un nuovo spazio a Denmark Street, tra SoHo e Camden, a Londra, in mezzo a negozi di strumenti musicali e sale prove, e che avrebbero poi accolto un nuovo socio, Peter Christopherson — fecero la storia della musica e della grafica degli anni ’70, sfornando, fino alla chiusura, avvenuta nel 1983, copertine considerate capolavori assoluti. Una su tutte, quella di The Dark Side of the Moon, sempre dei Pink Floyd (per i quali idearono pure tutti gli artwork fino a A Collection of Great Dance Songs), e poi i dischi solisti di Barrett, gli LP dei T. Rex, degli Electric Light Orchestra, di Emerson, Lake & Palmer, dei Led Zeppelin, dei Genesis, degli AC/DC, degli Wings di Paul McCartney, dei Black Sabbath, degli Alan Parsons Project, di Peter Gabriel, dei Throbbing Gristle (che tra l’altro era la band di Christopherson), dei Police, dei Def Leppard, e di tanti altri.

(fonte: squaringthecirclefilm.com)

«Nessuno di noi aveva studiato grafica o frequentato corsi di fotografia. Eravamo autodidatti o, meglio, improvvisavamo» avrebbero poi spiegato Thorgerson e Powell. «Quello che abbiamo fatto è stato trovare idee, idee basate sulla musica che riflettessero le nostre diverse personalità da un lato e le nostre opinioni comuni dall’altro, generando una gamma piuttosto ampia di progetti».

Pur senza una formazione specifica in comunicazione visiva, dunque (o, forse, proprio per quello) Hipgnosis ha fatto la storia della grafica, una storia che ora viene raccontata da un documentario: Squaring the Circle.
Diretto dal fotografo e regista neerlandese Anton Corbijn, che per la maggior parte della sua carriera ha lavorato nel mondo musicale, tra ritratti, videoclip e film (lo splendido Control, sulla tragica vita di Ian Curtis dei Joy Division, è suo), il documentario vede la partecipazione dello stesso Aubrey “Po” Powell e di nomi del calibro di David Gilmour, Roger Waters e Nick Mason dei Pink Floyd, di Paul McCartney, di Robert Plant e Jimmy Page dei Led Zeppelin, di Peter Gabriel, di Graham Gouldman dei 10cc, di Glen Matlock dei Sex Pistols, di Noel Gallagher e del designer Peter Saville.

«La storia di Storm Thorgerson e Aubrey “Po” Powell, i geni creativi dietro l’iconico studio di progettazione delle copertine degli album, Hipgnosis, responsabile di alcune delle copertine dei dischi più riconoscibili di tutti i tempi. Formarono gli Hipgnosis a Cambridge durante il fermento degli anni Sessanta e divennero i reali del rock durante il boom degli anni Settanta. Hanno evocato luoghi che nessuno aveva mai pensato possibili, prodotto immagini che hanno reso popolare la musica che era stata precedentemente considerata marginale ed erano al centro incandescente dell’era più folle, divertente e creativa nella storia della musica popolare. Durante questo periodo, le case discografiche non imponevano ad artisti come Peter Gabriel, Pink Floyd, Led Zeppelin e Paul McCartney come dovevano essere le copertine dei loro LP: lo facevano Storm e Po. Hanno fatto soldi; hanno perso soldi. Hanno fatto grandi cose; hanno fatto cose stupide. Hanno litigato amaramente; si sono inventati. Non hanno mai suonato una nota, ma hanno cambiato la musica» riporta la sinossi del film, che non è ancora disponibile in Italia, né al cinema né sulle piattaforme di streaming, ma presto probabilmente lo sarà.
Nel frattempo, a chi volesse approfondire sul tema Hipgnosis, consiglio due libri: il catalogo Vinyl: The Complete Hipgnosis Catalogue (lo si può vedere sfogliato nel video qui sotto) e Through the Prism. Untold rock stories from the Hipgnosis archive.

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