Tandem: ecco il tema della nuova edizione del concorso per illustratori di Tapirulan

È l’8 novembre del 63 a.C. e siamo a Roma, più precisamente nel tempio di Giove Statore, che non è ancora andato in cenere, visto che il grande incendio di Roma, quello di Nerone, è di là da venire.
Nel tempio l’atmosfera è febbrile. È stata convocata d’urgenza una seduta straordinaria del Senato. Il motivo? Cicerone, da poco eletto console, è appena scampato a un attentato ordito contro di lui da Catilina, reo di aver mandato, il giorno prima, dei sicari a casa sua per farlo fuori.
L’omicidio di Cicerone, e quello di molti altri senatori, faceva parte di un piano: è la celebre congiura di Catilina, che troviamo nei libri di scuola e in quelli di latino, e che prevedeva, oltre alla mattanza della classe politica, anche incendi dolosi in giro per la città, così da scatenare un clima di terrore per facilitare la presa del potere attraverso un colpo di stato.
Cicerone, però, ha avuto una soffiata da una certa Fulvia, amica di sua moglie Terenzia e amante di uno dei congiurati. Così i killer, invece di cogliere di sorpresa un bersaglio inerme, si imbattono in guardie armate pronte al combattimento.

Torniamo in Senato. Cicerone — è stato ovviamente lui a convocare la seduta straordinaria — arriva circondato da una scorta e con indosso una corazza sotto la toga. Tutti aspettano e si guardano intorno. La voce di ciò che è successo il giorno prima si è già diffusa e il clima che si respira è un misto di stupore, curiosità e voci di corridoio. A un certo punto, per lo sconcerto generale, si presenta pure lo stesso Catilina. Nessuno lo saluta e, appena si siede, i senatori accanto a lui si alzano, lasciando i posti vuoti.
Quando prende la parola Cicerone, cala il silenzio. Da grande oratore qual egli è, c’è un’enorme attesa. Prassi vorrebbe che il discorso cominciasse rivolgendosi all’assemblea tutta, come da tradizione oratoria, ma Cicerone sceglie di buttare all’aria le regole e di partire subito all’attacco, giocando sull’imprevedibilità, alternando toni minacciosi e ironia, portando l’arte della retorica a livelli altissimi fin dall’incipit, passato alla storia.
Puntando idealmente il dito contro l’acerrimo nemico, Cicerone si rivolge direttamente a Catilina ed esclama: «Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?», cioè “Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?”.

Messo nero su bianco qualche anno più tardi, nel 60 a.C., quel discorso, conosciuto come la prima Catilinaria, si studia ancora oggi nelle lezioni di latino e in quelle di dibattito e di retorica come esempio chiave di apostrofe e di incipit ex abrupto. Quella prima frase, poi, ha assunto addirittura vita propria, e ai nostri tempi basta evocarne le prime due parole — quousque tandem — per avvertire scherzosamente qualcuno di aver ampiamente abusato della pazienza e della sopportazione degli altri.
In maniera altrettanto beffarda, dal latino il termine tandem è arrivato all’italiano, con tutt’altro significato, passando però prima dall’inglese.
In terra d’Albione, infatti, si iniziò a chiamare così, attorno al ‘600, il modo di imbrigliare due cavalli a una carrozza o a un carro, non in parallelo, uno di fianco a l’altro, ma per la lunghezza, uno dietro l’altro.
Sul dizionario di latino, infatti, alla voce tandem si legge “infine, da ultimo, in conclusione”, e qualcuno deve aver deciso, con un pizzico di ironia, di descrivere così la disposizione equina, traducendo letteralmente “da ultimo” con “at lenght”, per la lunghezza.
Dai cavalli l’espressione è poi stata applicata alle biciclette, e da lì ha acquisito il significato che conosciamo tutti, che dall’inglese è appunto giunto all’italiano.

Perché sto raccontando tutto questo? Perché ogni dizionario è pieno di storie, alcune ben visibili, altre un po’ più nascoste, come tandem, che, come abbiamo visto, va ben oltre biciclette e cavalli e arriva fino agli antichi romani. E visto che è dalle storie che spesso nascono le illustrazioni, ho pensato di raccontarne una per lanciare, a modo mio, un invito a esplorare ogni possibile sfumatura di TANDEM, che è il tema della nuova edizione — la diciannovesima! — del Concorso per illustratori di Tapirulan, tra i più importanti (e storici) nel panorama italiano e non solo, con centinaia di talenti da tutto il mondo che partecipano ogni anno.

Tra tutte le opere inviate, la giuria — quest’anno composta dal grande Franco Matticchio, da Ane Arzelus, vincitrice della precedente edizione, dalla grafica editoriale e curatrice Giovanna Durì, da Anna Goodson, direttrice della Anna Goodson Illustration Agency, dall’illustratore e art director di Le Immagini della Fantasia Gabriel Pacheco, dall’art director de L’indice dei libri del mese Andrea Pagliardi, dalla studiosa di illustrazione satirica e grafica editoriale Marta Sironi e da Fabio Toninelli, presidente Associazione Tapirulan — ne selezionerà 52, che saranno esposte in una mostra collettiva. Tra queste, una vincerà il primo premio (2500 Euro più una mostra personale l’anno successivo), mentre l’illustrazione più votata dal pubblico si aggiudicherà 500 Euro.
La scadenza per l’invio delle opere — solo una a testa, non un tandem (🙄), e tassativamente inedita — è fissata al 10 novembre 2023. Tutte le informazioni per partecipare sono qui.

Un messaggio

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