Fondata nel 1910 dal dentista tedesco Hans Sachs, grande appassionato di affiches, tanto da essere uno dei più grandi collezionisti dell’epoca, Das Plakat fu un rivista specializzata nell’arte dei poster e della comunicazione commerciale.
Autorità assoluta in materia, perlomeno a livello europeo, il magazine (che uscì come bimestrale fino al 1919 e poi come mensile fino al 1922, quando chiuse i battenti) presentava i migliori lavori di artiste e artisti tedeschi e non, parlava di tecniche e di tendenze, e approfondiva l’opera di alcuni autori.
Nel numero di giugno del 1921, Das Plakat dedicò un lungo articolo — a firma del giornalista svedese Guido Valentin — a Eric Rohman, connazionale dello stesso Valentin e, a detta sua, l’unico artista che in quel periodo, in Svezia, si dedicava a tempo pieno ai manifesti cinematografici.
Originario di Nyköping, cittadina che oggi dista appena un’ora di auto da Stoccolma, Rohman era nato nel 1891 e, dopo gli studi di base, aveva iniziato a lavorare come barbiere. La sua grande passione, tuttavia, era il disegno. Appena poté, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Göteborg, dove rimase un paio di anni, per poi sbarcare il lunario disegnando pubblicità che uscivano su giornali e riviste.
Si avvicinò alla cartellonistica cinematografica intorno alla fine degli anni ’10, quando in Svezia cominciarono ad arrivare i film muti prodotti negli Stati Uniti. Probabilmente grazie al fratello, che aveva un ruolo dirigenziale in una delle più grandi catene di cinema del paese, Rohman iniziò a ricevere commissioni per le locandine delle pellicole statunitensi. Si rivelò un professionista validissimo, e soprattutto capace di mandare in stampa un poster in poche ore.
«Posso guardare il film alle 10,00 e consegnare la locandina alle 15,00» rivelò lui stesso.
Come scrisse Valentin su Das Plakat, nei primi tempi Rohman «lavorava con linoleografia, perché nessuno stabilimento era in grado di litografare opere d’arte tanto rapidamente quanto necessario, e la rapidità è la cosa principale nel cinema. […] Finché era ancora legato al linoleum, Rohman era alquanto limitato nella scelta dei motivi ed era costretto all’interno di una cornice ristretta; salutò quindi con grande gioia il giorno in cui finalmente furono disponibili i procedimenti tecnici per stampare velocemente e bene un manifesto litografico a molti colori».
C’è da dire che dei limiti l’artista fece virtù: le locandine degli anni ’10 — viste attraverso la lente della sensibilità estetica contemporanea — appaiono essenziali (per via del poco tempo a disposizione, lui non si occupava troppo dei dettagli ed era abilissimo nel rappresentare i tratti salienti) e modernissime. In certi casi potrebbero essere scambiate per lavori appena usciti dalla penna grafica di qualche talento odierno dell’illustrazione “flat”.
Non è chiaro quanti manifesti Rohman produsse nel corso della sua carriera. Pare che dal suo studio ne uscissero almeno quattro o cinque la settimana, ed egli stesso dichiarò di averne disegnati più di 7000.
Una bella selezione — composta da oltre 270 pezzi — si può ammirare su Artvee. Sono poster che rappresentano bene i molti stili che caratterizzarono il suo percorso artistico, dagli anni ’10 agli anni ’40 del Novecento, dei quali, tuttavia, non riuscì a vedere la fine: morì a Stoccolma il 6 gennaio del 1949, a soli 57 anni. Se avesse potuto (la rapidità non gli mancava, ma la morte corre sempre più veloce), avrebbe forse disegnato pure il manifesto della sua stessa dipartita.