Oilà: la nuova collana di Electa dedicata alle figure femminili del panorama creativo italiano e internazionale del Novecento

Intervista alla curatrice Chiara Alessi

Appassionata narratrice del mondo delle cose — termine più amichevole di “oggetti” — Chiara Alessi è la curatrice di Oilà, una sgargiante collana di Electa dedicata a figure femminili che, nel panorama creativo italiano e internazionale (dal design alla moda, dall’architettura alla musica, dall’illustrazione alla grafica, dalla fotografia alla letteratura) si sono distinte in rapporto a discipline e mestieri ritenuti da sempre appannaggio dell’universo maschile.
Un progetto polifonico e suggestivo grazie anche al progetto grafico di Leonardo Sonnoli che ha saputo tenere insieme l’idea di sorellanza e di collana e nello stesso tempo far emergere l’identità di figure diverse che si sono occupate di molteplici attività.


Chiara Alessi
(courtesy: Chiara Alessi)
Chiara Alessi, “Io so quel che mi faccio. Anna Castelli Ferrieri”, Electa, 2023
(courtesy: Chiara Alessi)

«Non abbiamo problemi a usare il femminile ogni volta che si tratti di una professione considerata ausiliaria (per esempio, la cameriera), ma lo abbiano ogni volta che ci sembri di entrare in un luogo di potere, e quindi storicamente dominato dagli uomini».
Questa frase, che troviamo in uno degli ultimi libri usciti per Oilà e dedicati all’architetta e designer Anna Castelli Ferrieri, di cui sei tu stessa autrice, potrebbe essere una delle chiavi di volta per spiegare l’essenza di questa collana. Sei d’accordo? Perché è nata Oilà?

È interessante partire da questa nota lessicale. Il percorso su Anna Castelli Ferrieri e un po’ tutta la collana — e se vogliamo fare un passo indietro, un po’ tutto il mio lavoro — è teso a provare a infrangere dei luoghi comuni. Provare a entrare nelle pieghe del linguaggio per capire perché parliamo in un certo modo. Quando ci avviciniamo a un ambito come quello del progetto architettonico, del design, della moda, della fotografia, ci rendiamo conto che è ritenuto appannaggio degli uomini anche dal punto di vista della ricostruzione storica e critica perché la storia la scrivono gli uomini.
Io volevo proprio partire dalla realtà per capire dove si infrange questo meccanismo, dove sono i buchi nelle maglie della rete. Rispetto al termine “architetta”, ho notato che c’è molta resistenza, anche ora e anche da parte di giovani professioniste, a usare questo titolo al femminile. Ciò è incomprensibile e non è un “cavillo” come molti obiettano. Dato che la costruzione della realtà passa attraverso il linguaggio, è fondamentale fare un discorso lessicale non sessista e inclusivo per ogni professione.
Per quanto riguarda Anna Castelli Ferrieri, dovendo scegliere e isolare un aneddoto intorno al quale raccontare la sua storia, ho deciso di ricordare che quando il Comune di Milano ha deciso di intitolarle una Galleria a City Life, sulla targa hanno scritto “designer” e non “architetta”, qualifica che non corrisponde alla sua reale identità.
Il giorno in cui i suoi figli hanno chiesto di cambiare la targa è stato loro risposto: «Allora va scritto architetto, perché lei si definiva tale». A questa obiezione, non possiamo che rispondere «Certo, perché l’alternativa di allora era farsi chiamare signora». Oggi, però, non è più ammissibile che il proprio riconoscimento e la propria legittimazione venga dagli uomini.

Lora Lamm
(courtesy: Chiara Alessi)
Lora Lamm
(courtesy: Chiara Alessi)
Olimpia Zagnoli, “Come sale e pepe nella zuppa. Lora Lamm”, Electa, 2023
(courtesy: Chiara Alessi)

Come hai scelto gli autori e le autrici di questi sgargianti taccuini e le donne a cui dedicare uno spazio di riflessione? Si sente una pluralità di voci, una polifonia armoniosa…

Quando si scelgono dei casi isolati di figure femminili, si rischia di raccontare il nostro genere per eccezioni. La modalità seguita per Oilà è stata, invece, quella di moltiplicare le voci sia degli autori, sia delle protagoniste narrate. Ho scelto autrici (Anna Toscano, Rossella Locatelli, Olimpia Zagnoli) e un autore (Luca Scarlini) di provenienza molto eterogenea perché l’idea era quella di tenere insieme voci di studiose/i, esperte/i del settore, professioniste/i.
Fra le biografie uscite ad aprile è stata una sorpresa quella dedicata a Lora Lamm scritta da Olimpia Zagnoli, che ben esprime “la rotondità del progetto”. Intanto, perché ho “bucato” la resistenza di Olimpia, la quale, essendo una professionista dell’illustrazione, mi diceva di non poter scrivere. Dogma, al quale, peraltro aderisco: mi sembrerebbe folle se qualcuno mi chiedesse di disegnare. In realtà, Olimpia ha dato vita a delle pagine che hanno una qualità letteraria meravigliosa, nelle quali si è giocata una risonanza con l’autrice che è l’unica delle protagoniste di Oilà ancora in vita. In questo caso, c’è stata la possibilità di uno scambio via mail con Lora Lamm che ha 94 anni ed è in una casa di riposo in Svizzera. Uno scambio parossistico perché la graphic designer mischiava l’italiano a una lingua enigmatica, magica, che sembrava fuoriuscire da una sua illustrazione. Si è realizzato ciò che volevo: un confronto fra generazioni diverse che fanno lo stesso mestiere.
A parte questo caso, ciò che è successo con tutti gli autori, è che non appena ho proposto loro il nome di una delle donne a cui dedicare le biografie, si è immediatamente accesa una scintilla. 

Anna Toscano, “Con amore e con amicizia. Lisetta Carmi”, Electa, 2023
(courtesy: Chiara Alessi)
Luca Scarlini, “La vita è terribile e divertente. Vanessa Bell”, Electa, 2023
(courtesy: Chiara Alessi)

Le copertine della collana, progetto grafico di Leonardo Sonnoli, riprendono alcuni stilemi tipici del design editoriale italiano anni Settanta e riescono a esprimere in pochi segni la personalità delle donne a cui sono dedicate. Vuoi raccontarcene qualcuna?

Leonardo Sonnoli ha saputo raggiungere un importante obiettivo: riuscire in pochissimo spazio a tenere insieme l’idea di sorellanza e di collana e nello stesso tempo far emergere l’identità di figure così diverse che si sono occupate di molteplici attività. Il suo riferimento è stato il lavoro che fece Bruno Munari per la collana Centopagine diretta da Italo Calvino per Einaudi.
Con Anna Castelli Ferrieri è stato più semplice rispetto alle altre figure perché per esprimere la sua personalità ha scelto come segni grafici oggetti che lei stessa ha realizzato come l’occhiello dei componibili e il posacenere per Kartell, mentre con Elsa Schiapparelli, Vanessa Bell, Lora Lamm ha deciso di zoomare su alcuni lavori, proponendo degli ingrandimenti di dettagli: per Lora Lamm, ad esempio, abbiamo uno zoom della carta da pacchi di Natale realizzata per la Rinascente, per Lica la Stella dei Comitati di Liberazione, per Lisetta Carmi le note di un pianoforte. Segni allusivi, non didascalici, con una scelta precisa sulla palette dei colori che doveva  essere centrata rispetto alle protagoniste del testo. In copertina, poi, abbiamo scelto di mettere il nome di noi autrici più piccolo rispetto a quello delle protagoniste, mentre al centro, come se fosse un manifesto, abbiamo una loro citazione. 

Elsa Schiaparelli
(courtesy: Chiara Alessi)
Rossella Locatelli, “Il futuro, qualunque fosse. Elsa Schiaparelli”, Electa, 2023
(courtesy: Chiara Alessi)

Il formato dei libri, taccuini da sfogliare, da tenere in tasca, da collezionare, da leggere ad alta voce, sembrano corrispondere al desiderio di proporre un medium che possa raggiungere più persone in modo democratico, amichevole, invitando a scoprire i profili di donne che aspettano di essere amate da più persone… 

In effetti, questi libri possono essere considerati degli ingressi. Un invito a scoprire la vita e la storia di donne di cui magari non si consce la storia. Abbiamo, infatti, pensato di proporre al termine di ogni libro una piccola bibliografia, o meglio dei consigli di lettura per chi volesse approfondire. Sono donne che si tengono per mano, e nel contempo tengono per mano chi legge.
Credo che sia una collana ben fatta, ma amichevole, con un prezzo democratico, e che invita anche chi non conosce il design, la grafica, l’illustrazione a voler ascoltare una storia. La loro storia.

Lica Covo Steiner
(courtesy: Chiara Alessi)
Chiara Alessi, “Vorrei far vedere una strada che va all’infinito. Lica Covo Steiner”, Electa, 2023
(courtesy: Chiara Alessi)

Oltre al libro su Anna Castelli Ferrieri, ne hai firmato un altro dedicato a Lica Covo Steiner. Come e perché hai scelto lei?

La mia scelta di raccontare la storia di Lica ruota intorno al tema dell’anonimato. La sua volontà di anteporre il collettivo al proprio nome è stata una forma politica. Anche rispetto al rapporto con il marito, Albe Steiner, con il quale ha aperto uno studio, c’è sempre stato un “noi”, una fusione e una sintonia tale che gli amici li chiamano i “Licalbe”.
Una volta morto prematuramente Albe, la storia ha tramandato solo la sua figura, trascurando Lica. Tuttavia a questa storiografia un po’ corrotta ha contribuito, in parte, la stessa Lica che ha sempre fatto resistenza rispetto al desiderio di comparire. Addirittura, quando lavorava per il Pci, si faceva recapitare le lettere di incarico per i progetti che doveva svolgere all’indirizzo del collettivo. Del resto come mi ha detto la figlia Anna: «Lica è di tutti». Così ho voluto dedicare un omaggio a questa donna dalla bellezza travolgente, capace di tenere annodati tutti i fili della sua vita: la sua femminilità, la sua testa, il suo cuore, il suo essere un corpo politico.

Chiara Alessi, “Lo Stato delle Cose. Breve storia della Repubblica per oggetti”, Longanesi, 2022
(courtesy: Chiara Alessi)

In che modo, se esiste un filo, questa collana si lega ai tuoi precedenti libri, fra cui i recenti editi da Longanesi Tante care cose. Gli oggetti che ci hanno cambiato la vita, ora finalista al Premio Bergamo Narrativa e Lo stato delle cose o ai tuoi podcast de il Post Certe cose e Cosa c’entra? in cui metti in relazione avvenimenti, fatti, vicende con ciò che ci circonda?

Credo che il collegamento sia precisamente la dimensione del racconto. Se è vero che dietro le cose ci sono le persone, per me dietro le persone ci sono ancora le cose. Quindi la narrazione della nostra Storia e della Storia del’900 non può prescindere dal racconto delle cose. Raccontare la storia degli oggetti che ci circondano, è un modo per conoscere meglio la realtà e per decifrarla. Una sfida importante, poi, è stata quella di riuscire a raccontare le cose — con il medium libro o podcast — senza illustrazioni o immagini. Far parlare loro stesse, far sentire la loro voce solo grazie a delle storie che ci prendono per mano e ci ricordano che la cultura è fatta da ciò che l’uomo ha prodotto, di cultura materiale.

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