La storia dell’hip hop in un poster-tributo al boombox

Un JVC RC-M90, il modello forse più apprezzato e desiderato, è “abitato” da alcuni tra i nomi chiave del rap del passato e del presente

In una delle molte scene memorabili in quel capolavoro che è Fa’ la cosa giusta, di Spike Lee, vediamo uno dei personaggi, Radio Raheem — interpretato da Bill Nunn, scomparso pochi anni fa —, che cammina per strada col suo enorme boombox ascoltando a palla Fight the power dei Public Enemy, quando il registratore comincia a scaricarsi e a perdere colpi.
Allora entra in un minimarket gestito da una famiglia di coreani e, con la macchina da presa che lo inquadra dal basso verso l’alto a simulare il punto di vista dei suoi due ben più piccoli interlocutori, chiede con fare sprezzante «20 pile di tipo G».
«20 tipo C?» gli domanda il negoziante.
«G non C. G» ripete aggressivamente Raheem1.
«20 tipo C?» di nuovo il negoziante.
«G pezzo di merda. G! Volete imparare a parlare prima di venire qua? G!» urla Raheem.
«Quante pile vuole?» chiede allora la moglie del negoziante.
«20, brutta rotta in culo, 20» esclama con occhi da pazzo mentre marito e moglie parlottano tra loro in coreano e poi il marito, altrettanto aggressivo se ne esce con un «sei tu rotto in culo!»2.

Altoparlanti potenti, piastra per cassetta, un mucchio di tasti e manopole, una maniglia per portarselo in giro: il boombox consumava tantissimo. 8-10 batterie cicciotte3 che si prosciugavano nel giro di poche ore. Ma la spesa, il peso, le dimensioni — non esattamente tascabili — e la scomodità di questi apparecchi non hanno impedito loro di diventare un totem della cultura hip hop e degli anni ’80 in generale, sebbene fossero dei dispositivi diffusi già un decennio prima, quando le aziende giapponesi dell’elettronica iniziarono a sviluppare radioregistratori sempre più poderosi, basandosi su un’intuizione avuta addirittura a metà anni ’60 dalla Philips, che nel ’66 mise in commercio il modello 22RL962, primo registratore portatile che permetteva di mettere su cassetta ciò che si ascoltava alla radio.

«The boombox was the weapon of a whole generation» riportava qualche anno fa il libro Cassette Cultures. The Past and the Present of a Musical Icon di John Z. Komurki e Luca Bendandi. Ma in realtà, oltre ad aver contribuito a definirne sonorità, stile ed estetica, ha permeato il mondo dell’hip hop per ben più di una sola generazione.
Oggi i boombox degli anni ’70 e ’80 sono ricercatissimi, e c’è una vivace nicchia di collezioniste e collezionisti che vanno alla ricerca dei modelli più celebri e dei più rari.
Tra i più richiesti c’è sicuramente il JVC RC-M90, che per molti non è solo un boombox quanto piuttosto il boombox.

Dorothy, “Inside Information: Boombox”
(fonte: wearedorothy.com)
Dorothy, “Inside Information: Boombox”
(fonte: wearedorothy.com)

Uscito per la prima volta nel 1981, appare in un’infinità di foto e video degli anni ’80, oltre che sulla copertina di Radio, il primo album di LL Cool J, che nel pezzo I Can’t Live Without My Radio rappa «My radio, believe me, I like it loud / I’m the man with the box that can rock the crowd / Walkin’ down the street, to the hardcore beat / While my JVC vibrates the concrete».
Di questo modello oggi, su eBay, se ne trovano esemplari a prezzi stratosferici, e proprio in questi giorni è uscito un tributo — in forma di poster — al boombox e alla storia del rap.
Opera dello studio britannico Dorothy, si tratta di un’affollatissima illustrazione che rappresenta, appunto, un JVC RC-M90, “abitato” da centinaia di figure di primo piano nell’universo hip hop, dai precursori come DJ Kool Herc, Grandmaster Flash e Kurtis Blow, fino ai giorni nostri.

La legenda di Inside Information: Boombox è ricchissima e arriva a 123 nomi, ma c’è un sacco di altra gente sparsa qua e là, e tantissime “strizzatine d’occhio” a chi saprà cogliere i riferimenti, come ad esempio un graffito di Basquiat (“Samo is dead”).


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