I Tombini d’Italia: un inaspettato saggio illustrato sui tombini, la loro storia e le loro grafiche

Quando sono aperti e facciamo ben attenzione a non caderci dentro, ci vengono in mente mille scene di fumetti, cartoni animati e vecchie commedie slapstick in cui sbadati personaggi vi precipitano d’improvviso tra clang, splash e ciniche e liberatorie risate. Quando sono chiusi, semplicemente non li vediamo. I tombini, infatti, hanno il dono dell’invisibilità (tranne quelli giapponesi, ovviamente).

Mimetizzati in mezzo all’asfalto, non hanno bisogno di livree cangianti, pellicce mimetiche o mantelli magici: confidano, invece, nella cara, vecchia e tipica disattenzione di noi passanti, e nella sua potentissima alleata: l’abitudine.
Tra gli arredi urbani, i tombini sono gli unici dei quali nessuno si lamenta (tranne quando non decidono tutt’a un tratto di sollevarsi un poco, sfidando tacchi, suole, pneumatici e sospensioni) e non c’è quasi anima viva cui venga in mente di “vandalizzarli”: i muri sì, i portoni sì, le colonne, i monumenti, le targhe, i segnali stradali, i lampioni, le serrande, le cassette elettriche sì, ma i tombini no (al limite c’è chi li scoperchia, o chi se ne serve per altri usi, però per graffiti, tag e interventi di arte pubblica è come se non esistessero).

Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
(foto: Frizzifrizzi)

Eppure lì, sotto ai nostri piedi, c’è un piccolo e quasi inesplorato tesoro di motivi geometrici, di lettering, di storia e archeologia industriale. E ad accorgersene per primo è stato il mondo della grafica, che già da qualche anno ha iniziato a prestare una sempre maggior attenzione al mondo dei cosiddetti “chiusini”.
Nel 2010 docenti, studentesse e studenti del CFP Bauer pubblicarono Tipografia sotto i piedi, un libriccino sui tombini di Milano; cinque anni dopo James Clough riservò agli chiusini un intero capitolo del suo libro L’Italia Insegna, scrivendo che «I coperchi dei tombini sono l’unico posto dove possiamo ancora vedere qualche vecchio logo interessante o certe forme di lettere, che spesso risalgono agli anni Trenta o prima»; nel 2016 la grande agenzia Pentagram dedicò loro un numero dei propri Pentagram Papers; e non mancano profili Instagram, pagine e gruppi Facebook sull’argomento (due ne ho scoperti proprio oggi: Tombini dal mondo e Tombini Raiders).

Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
(foto: Frizzifrizzi)
Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
(foto: Frizzifrizzi)

Ad arricchire questo piccolo ma agguerrito e appassionato mondo, che sa apprezzare il fascino senza tempo (letteralmente, come vedremo poi) dei tombini, è arrivato qualche mese fa un intelligente e sorprendente libro, Tombini d’Italia, pubblicato da LetteraVentidue Edizioni e firmato da Alfonso Morone, docente di design al DiARC Dipartimento di Architettura dell’Università di Napoli Federico II, dove coordina il Corso di Laurea Magistrale in Design for the Built Environment.

Uscito a maggio 2022, Tombini d’Italia è probabilmente il più informato ed esaustivo saggio sull’argomento mai stampato nel nostro paese. Innanzitutto dal punto di vista grafico, con più di metà del volume focalizzata sull’analisi delle forme, la documentazione degli esempi e delle “famiglie grafiche”, la ricostruzione dei pattern, il censimento di esemplari da tutta la nazione, da Abbiadori a Trieste, da Vico Equense a Bologna, da Arce a Torino, da Roma a Cusano Mutri. «Abbiamo girato l’Italia in lungo e largo per fotografare circa 500 tombini, li abbiamo osservati, studiati, catalogati e ridisegnati, inserendone poi 248 nel libro. Il fotografo Enzo Papa ci ha assecondato in questa follia» mi ha scritto Marco Sorrentino, graphic designer di base a Milano che con Morone — suo mentore ai tempi dell’università — ha portato avanti questa lunga ricerca, durata cinque anni, e che ha anche firmato il progetto grafico e la bellissima copertina (in rilievo) del libro.

Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
(foto: Frizzifrizzi)
Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
(foto: Frizzifrizzi)

L’aspetto grafico, tuttavia, è solo una parte, seppur importante, dell’intera opera, che va ad esplorare l’oggetto-tombino sotto diverse prospettive: quella delle dinamiche delle trasformazioni industriali in seguito alla Rivoluzione industriale (il libro inizia l’indagine dalla Londra dell’800, dove si trovano le prime tracce di coperchi in ghisa sui marciapiedi all’esterno di alcune abitazioni, utilizzati per raggiungere i depositi di carbone nel sottosuolo); quella dei processi di produzione delle aziende siderurgiche; quella della progettazione e della funzionalità; quella della cultura di massa e dell’arte; e quella — inaspettata — dell’ecosostenibilità.
«Per sempre. Nella sua inattualità, questa locuzione resa fuori moda dalla precarietà del nostro vissuto quotidiano e, ancora di più dalla retorica dell’innovazione, parola affascinante e ambigua che, mentre allude a un’incessante evoluzione del progetto industriale, spesso nasconde l’effimero consumistico di un’obsolescenza programmata, resta la più efficace per introdurre l’anomalia del prodotto raccontato in questo libro» scrive Morone nelle primissime righe della premessa. «I tombini, infatti, nelle diverse versioni date da chiusini, caditoie, grate o botole sono tra i pochi, ma forse gli unici, prodotti industriali a non aver alcuna scadenza o necessità di un qualunque aggiornamento tecnologico».

I tombini sono invisibili, dunque, e pure immortali, dato che, oltre a durare potenzialmente all’infinito, sono — citando ancora Morone — «realizzati con un unico materiale ferroso, la ghisa, [e] possono essere facilmente riciclati in un numero illimitato di volte, con un virtuoso risparmio di energia e di materia prima».
Fateci caso, la prossima volta calpestate questi “pori della città”, o “cerotti urbani”, come li chiamano due celebri designer, Giulio Iacchetti e Matteo Ragni, che hanno firmato l’introduzione di Tombini d’Italia ma sono anche autori di un tombino, vincitore nel 2014 del prestigioso Compasso d’Oro.

Alfonso Morone

Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto

LetteraVentidue Edizioni, 2022
320 pagine

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Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
(foto: Frizzifrizzi)
Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
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Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
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Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
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Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
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Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
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Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
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Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
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Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
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Alfonso Morone, “Tombini d’Italia. Dal progetto grafico al design del prodotto”, LetteraVentidue Edizioni, 2022
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