A propria misura: un viaggio a fumetti nella Bologna dei portici, visti da fumettiste, fumettisti e persone senza dimora

Un libro e una mostra frutto di un laboratorio organizzato da Hamelin e Piazza Grande e condotto dal disegnatore e fumettista Miguel Angel Valdivia

Abito a Bologna da più di vent’anni e, non avendo un’auto, ho sempre vissuto la città prevalentemente a piedi. A Bologna, come chiunque sa, andare a piedi significa inevitabilmente passare sotto i portici, perlomeno in centro. E i portici sono ben più che dei marciapiedi coperti: sono dei corridoi; corridoi di una casa comune — la città — in costante trasformazione; corridoi in cui pubblico e privato si mescola (anche giuridicamente: da più di mille anni il portico, qui, è un’area privata a servitù di uso pubblico), e dove, anche per questo loro essere una “zona grigia”, tutto può succedere.

Pochi giorni dopo il mio arrivo, mi ritrovai davanti a uno che sotto un portico stava cacando. E quello è stato solo l’inizio, un azzeccato benvenuto in questo luogo affascinante e derelitto, vivissimo e moribondo, sempre uguale a sé stesso e sempre diverso. Nel corso degli anni sotto i portici ho visto festeggiare e vomitare, pisciare e pomiciare, piangere, correre di gioia, girare film e serie tv, bucarsi, suonare, menarsi, mettere in scena spettacoli, mangiare pasti di più portate, fare il caffè con la moca, vendere poesie, prendersi a bottigliate, scivolare con una sforbiciata in aria e rovinare clamorosamente al suolo (una signora svedese, che poi abbiamo accompagnato al bar cercando di convincerla a chiamare un’ambulanza), danzare con la passione di chi pensa di star vivendo il suo ultimo giorno su questa terra. Ho visto gente uscire dai portoni in pigiama ma con la borsa da migliaia di Euro, gente senza una scarpa, gente col sangue che gocciolava dalle ferite, gente senza pantaloni, gente che scappava, gente che inseguiva, gente incazzata, nervosa, stanca, allucinata, gente che sembrava appena arrivata da un altro pianeta e gente che pareva aver girato il mondo per mille anni e non farcela proprio più ad andare avanti — neanche un singolo passo. Ho assistito a sabba felini e abbordaggi degni di un romanzo, a concerti estemporanei e a colpi di fortuna inauditi. Una volta ho persino trovato un salotto bell’e pronto, sotto al portico, con tanto di divano, vetrinetta e tavolino da caffè, messo lì per essere ritirato dalla nettezza urbana, ma utilizzato temporaneamente, appunto come salotto, da un gruppo di amici che, come me, passava di lì.

Tavola di Valeria Cavallone, tratta dal progetto “A propria misura”
(courtesy: Hamelin)

Un elemento è rimasto costante negli anni, visibile perlopiù di notte (ché la città preferisce che di giorno non si veda: sa, ci sono i turisti, c’è la gente che lavora… ), e cioè chi dorme per strada. I giacigli di fortuna, gli scatoloni e gli strati di coperte, i sacchi neri e le borse Ghana must go. Esseri umani che ogni sera si rintanano dentro a trapunte, sacchi a pelo e plaid mentre tutt’attorno c’è chi va al cinema, a teatro, aspetta il bus, gira per i locali, passeggia con gli amici, festeggia, semplicemente passa, guarda e poi dimentica. Lì, nei “corridoi di casa” della città, dove si vive, si sopravvive e talvolta si muore. Dove le prospettive — rispetto a chi sotto a quegli stessi portici ci transita ma poi ha un tetto sotto al quale rifugiarsi — sono assai differenti. E qual è il linguaggio più adatto a raccontare la molteplicità di punti di vista, di esperienze, di storie di chi i portici li abita? Sicuramente quello del fumetto.

«La città ha trovato nel fumetto una delle vie privilegiate per essere rappresentata e non solo per la presenza, fin dalle origini, di tante ambientazioni urbane, della città come luogo dell’azione. È la compresenza di più immagini su una stessa pagina, il dialogo tra la loro sequenzialità e simultaneità, a incarnare nel migliore dei modi la quantità di sollecitazioni che la città produce su chi la attraversa» spiegano dall’associazione culturale Hamelin, la stessa che per anni ha organizzato il festival di fumetto BilBObul e che, insieme a Piazza Grande — cooperativa sociale che da vent’anni si occupa di emarginazione e sostiene le persone in difficoltà e senza fissa dimora —, ha lavorato a un bel progetto che ruota precisamente attorno ai portici.

(courtesy: Hamelin)

Si intitola A propria misura e si è sviluppato come un intervento al contempo culturale e sociale, coinvolgendo chi dei portici ha fatto, suo malgrado, la propria casa.

Tutto è iniziato lo scorso novembre, quando un gruppo composto da studentesse e studenti del Corso di Fumetto e Illustrazione dell’Accademia di Belle Arti, persone che collaborano alla redazione della rivista Piazza Grande o inserite nei servizi di contrasto alla grande emarginazione adulta (GEA), e tre talenti emergenti del fumetto italiano — Martina Sarritzu, Dario Sostegni e Roberta Scomparsa — hanno partecipato a un laboratorio guidato dal disegnatore e fumettista Miguel Angel Valdivia, andando a esplorare insieme i portici del centro, con l’intento di raccontarli per mezzo del fumetto.

COSA
A propria misura
QUANDO
17 – 30 gennaio 2022
INAUGURAZIONE
17 gennaio | 18,30
DOVE
Scuderie Sala Borsa | p.zza del Nettuno 3, Bologna

Da quel workshop — ospitato da Fondazione Rusconi nell’ambito del progetto Arte negli spazi temporanei, nella cornice di Ad occhi aperti, rassegna sul raccontare per immagini curata da Hamelin — sono uscite fuori 15 storie inedite: storie diversissime le une dalle altre, storie toccanti, storie vere e storie fantastiche, storie spensierate e storie meste, storie ironiche, storie allucinate. Ecco, soprattutto storie allucinate, che dopotutto sono quelle che probabilmente raccontano meglio questa città, specialmente nella sua dimensione notturna, che è poi quella che esce fuori più spesso dalle tavole realizzate durante il laboratorio. Tavole — opera di David Bragaglia, Caterina Boglione, Valeria Cavallone, Martina Garzia, Paolo Ipsa, Pietro Giovanni Macciotta, Manuela Paltrinieri, Anna Parmeggiani, Anna Pascucci, Mariagiulia Pedrotti, Sofia Pellicciotti, Rachele Robotti, Martina Sarritzu, Roberta Scomparsa e Dario Sostegni — che in principio avrebbero dovuto essere pubblicate in un numero speciale della rivista Piazza Grande, ma che poi hanno giustamente meritato una modalità di diffusione più articolata, con un libro e una mostra. Quest’ultima inaugurerà stasera alle 18,30 presso le Scuderie della Biblioteca Salaborsa e andrà avanti fino al 30 gennaio, mentre il libro (96 pagine, curato da Miguel Angel Valdivia, già autore de Il divino inciampare per Coconino Press – Fandango, oltre che editore e curatore di diverse riviste di disegno e insegnante al Royal Art College di Londra) si potrà acquistare presso il Mercato di Piazza Grande (via Stalingrado 97/2) e il negozio La Leonarda (via S. Leonardo 2/a). L’acquisto è offerta libera, a partire da 5 euro, e il ricavato andrà a Piazza Grande.

Tavola di Paolo Ipsa, tratta dal progetto “A propria misura”
(courtesy: Hamelin)
Tavola di Dario Sostegni, tratta dal progetto “A propria misura”
(courtesy: Hamelin)

Il progetto è curato da Hamelin e Piazza Grande, in collaborazione con Accademia di Belle Arti di Bologna e Settore Biblioteche e Welfare Culturale, realizzato con il contributo del Comune di Bologna, nell’ambito di Fondazione Rusconi – Arte negli spazi temporanei.
E a chi si chiede se ci sia davvero bisogno di iniziative come questa; se non sia meglio affrontare e risolvere i bisogni essenziali prima di mettersi a disegnare e scrivere fumetti, la risposta la danno le stesse operatrici e gli stessi operatori di Piazza Grande: «Ci si interroga su quali progetti stiamo sprecando energia che invece dovremmo mettere in altro. Ci si chiede se le tante attività che non interessano i bisogni fondamentali primari delle persone dovrebbero essere messe da parte. È una domanda non scontata che ci interroga profondamente. Poi però quando si pensa a progetti come A propria misura e alla collaborazione con realtà come Hamelin la risposta è no: per costruire una società differente occorre agire anche su altro che non siano i bisogni primari. O ancora più precisamente si arriva alla conclusione che anche la cultura, le arti, la socialità sono bisogni primari delle persone, senza i quali la condizione di emarginazione e di non capacitazione nell’affrontare una vita in autonomia diventa strutturale e conduce a un isolamento che aumenta esponenzialmente i rischi di diventare persone senza dimora, in caso di problemi economici».

Tavola di Roberta Scomparsa, tratta dal progetto “A propria misura”
(courtesy: Hamelin)
Tavola di Pietro Macciotta, tratta dal progetto “A propria misura”
(courtesy: Hamelin)
Tavola di Mariagiulia Pedrotti, tratta dal progetto “A propria misura”
(courtesy: Hamelin)
Un messaggio

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