Home: un’animazione racconta storie di immigrazione attraverso la storia di un singolo edificio

Al numero 19 di Princelet Street, nella zona orientale di Londra, sorge un edificio che per tre secoli è stato la casa e il rifugio di generazioni di immigrate e immigrati.
Costruito nel 1719, dapprima ha ospitato gli Ogier, una famiglia di ugonotti francesi in fuga dalle persecuzioni in madrepatria. Dopo essersi arricchiti con la tessitura della seta, gli Ogier se ne andarono e il palazzo venne suddiviso in laboratori e piccoli appartamenti, che nel corso dei secoli successivi hanno ospitato immigrati irlandesi e in seguito rifugiati ebrei provenienti dall’Europa orientale, che costruirono una sinagoga nel cortile dell’edificio.

Come annotò qualche anno fa la giornalista Rachel Shabi sul New York Times, «Il 19 di Princelet Street ha scritto “migrazione” sulla sua malta e sui suoi mattoni». E infatti oggi quell’edificio è un museo, più precisamente il primo museo europeo dedicato a immigrazione e diversità.
A raccontarne la lunga e interessante storia è un cortometraggio firmato da Anita Bruvere, animatrice e artigiana di base a Londra.

Fotogramma tratto da “Home”, di Anita Bruvere, 2019
Fotogramma tratto da “Home”, di Anita Bruvere, 2019

Realizzato con la tecnica della stop-motion, il filmato, intitolato Home, è stato realizzato con modellini e utilizzando il tessuto come fil rouge (appunto) tra le varie epoche, a partire dai telai installati dagli ugonotti.
«Mi interessava capire come persone di epoche e generazioni diverse, provenienti da culture e contesti differenti, siano connesse attraverso i luoghi che occupano e le esperienze che condividono. Volevo che il film fosse piuttosto poetico, raccontando la storia dal punto di vista della casa utilizzando il tessuto: il mestiere comune condiviso dalle molte comunità di immigrati della zona. I personaggi del film sono ritagli 2D su acetato e appaiono come semplici ombre che vanno e vengono mentre la casa rimane» ha spiegato l’autrice — anche lei immigrata, originaria della Lettonia — in un’intervista uscita su Directors Notes.

Realizzato nel 2019, il corto ha dapprima girato il circuito internazionale dei festival — accumulando selezioni e premi — per poi arrivare in versione integrale su Vimeo pochi giorni fa.

Piccola curiosità (che tuttavia non viene raccontata nel corto): nel medesimo palazzo avvenne, negli anni ’80, un curioso e misterioso ritrovamento. Una stanza, abbandonata nel 1969 e fino ad allora rimasta chiusa dall’interno, venne ritrovata e aperta. Dentro era rimasto tutto “congelato” nel passato. Quella stanza apparteneva a un certo David Rodinsky, uno studioso ebreo ortodosso di origine est-europea. Di lui non c’erano più tracce e non si ebbero più notizie. La storia di Rodinsky è stata raccontata in un libro, Rodinsky’s Room.

Fotogramma tratto da “Home”, di Anita Bruvere, 2019
Fotogramma tratto da “Home”, di Anita Bruvere, 2019
Fotogramma tratto da “Home”, di Anita Bruvere, 2019
Fotogramma tratto da “Home”, di Anita Bruvere, 2019
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