Da quando molti programmi di intelligenza artificiale sono stati aperti al pubblico, non si contano gli esperimenti che, tra il serio e il faceto, puntano a saggiare limiti e possibilità di sistemi in continua evoluzione. Ricercatrici e designer, appassionati e artiste: una moltitudine di persone, in molteplici ambiti — dalla scrittura al fumetto, dal cinema all’architettura —, sta esplorando questo “mondo nuovo”, aprendo scorci interessanti e innescando stimolanti dibattiti su quello che potrebbe essere il prossimo futuro in fatto di produzione di contenuti, industria creativa e progettazione.
Anche in campo tipografico c’è chi sta mettendo alla prova i “cervelloni sintetici”, come Andrea Trabucco-Campos e Martín Azambuja, che hanno da poco fondato un nuovo progetto editoriale — Vernacular, che definiscono come «una casa editrice indipendente di piccole edizioni con un’attenzione particolare all’intersezione tra forma, tipografia e cultura» — il cui primo volume uscito è appunto stato realizzato interamente con l’uso dell’intelligenza artificiale.
Trabucco-Campos è un grafico e type designer italo-colombiano. Nato a Bogotà, cresciuto a Lucca e trasferitosi negli Stati Uniti da adolescente, ha studiato a New York e Milano, per poi lavorare in Italia e negli USA, diventando anche Associate Partner della prestigiosa agenzia Pentagram. Oggi è direttore creativo nello studio di design Gretel, di base a Brooklyn.
Azambuja è invece un illustratore e designer, anche lui passato per Pentagram e attualmente disegnatore grafico presso lo studio PORTO-ROCHA di New York, oltre che archivista digitale per il bel progetto Gráfica Ilustrada del Uruguay, che raccoglie il meglio della produzione grafica uruguagia.
Entrambi intrigati dalle potenzialità delle cosiddette piattaforme AI text to image — che permettono cioè di ottenere immagini create dall’intelligenza artificiale a partire da prompt (cioè richieste) testuali — hanno cominciato a chiedersi cose come «E se Noguchi avesse scolpito la lettera N? O se Hilma af Klint avesse dipinto la propria iniziale? Come sarebbe una B dipinta da Basquiat? E una M di Matisse? O di Magritte?» e alla fine hanno deciso di cercare le risposte a tali quesiti con Midjourney, che è uno dei programmi di intelligenza artificiale più interessanti, sviluppato dall’omonimo laboratorio di ricerca.
Andando a interrogare Midjourney con richieste piuttosto precise — ad esempio «lettera A scolpita da Jean Arp», o «lettera O realizzata da Claes Oldenburg, scultura, esterno», o ancora «lettera R nella giungla, dipinta da Henri Rousseau» — Azambuja e Trabucco-Campos hanno infine ottenuto un intero alfabeto, che l’intelligenza artificiale, “nutrita” da milioni di input, ha disegnato usando proprio gli stili delle artiste e degli artisti richiesti. È un alfabeto di possibilità: artificiale ma verosimile, che va dalla A della pittrice astrattista svedese Hilma af Klint alla Z di Francisco de Zurbarán, pittore spagnolo del ‘600, passando per Basquiat e Calder, Duchamp e Giacometti, Keith Haring e Roy Lichtenstein, Pollock e Picasso, Paolo Uccello e Diego Velázquez.
Il risultato è Artificial Typography, un volume di 60 pagine che raccoglie le 26 lettere che sono l’interpretazione dell’interpretazione che avrebbero potuto darne 52 tra artiste e artisti del passato (l’abbinamento tra nome e lettere è in base all’iniziale del cognome, quindi Freud ha la F e Picasso ha la P).
Il volume stesso è stato progettato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, che ha proposto una lunga serie di copertine, arrivando infine a quella definitiva, ispirata alla Stele di Rosetta.
Andrea Trabucco-Campos, Martín Azambuja, Midjourney
Artificial Typography
Vernacular, 2022
60 pagine
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