Farm: un parco culturale a Favara

Dal 2010, a Favara, in provincia di Agrigento, un parco culturale anima la Sicilia intera con mostre, eventi e residenze d’artista: è il Farm Cultural Park.
Sono stata loro ospite tra fine aprile e inizio maggio e questo è il mio reportage, da leggere prima o dopo l’intervista ad Andrea Bartoli, uno dei fondatori del progetto.

Non ero mai stata in Sicilia prima d’ora ma ne avevo sentito parlare da amici e parenti. 
«Si mangia benissimo» è forse la prima cosa che ti racconta chiunque sia tornato da una vacanza in Sicilia. Ma c’è molto di più.
Io in Sicilia ho trovato Farm, anzi, a dire la verità Farm ha trovato me. Ci siamo prima incontrati online — del resto molte storie d’amore al giorno d’oggi iniziano sul web, e il paragone mi sembra calzante dato che mi sono innamorata di questa realtà e, come spesso succede nelle storie d’amore, c’è stato lo zampino di Cupido.
Il nostro Cupido è Cose Belle Festival, un concorso annuale per illustratori che nasce in Calabria e si apre a tutto il mondo. Ho partecipato senza particolari aspettative, il tema mi aveva appassionato e mi sono trovata naturalmente a creare l’illustrazione che poi avrebbe vinto il premio in collaborazione con Farm Cultural Park. Così ho avuto due grandi sorprese: la vincita del premio e l’esperienza in Sicilia.

“Cliffhanger”, l’illustrazione con cui ho vinto uno dei premi del contest d’illustrazione di Cose Belle Festival

Atterro a Catania, è da un po’ che non viaggio e mi sento subito più leggera ora che sono tornata a muovermi. L’inverno e la sedentarietà mi avevano appesantita, il periodo storico che viviamo non è dei migliori ma adesso non è il momento di pensarci dato che sto per raggiungere un luogo che vive lontano dalle influenze e dai rapidi mutamenti del mondo contemporaneo.
Favara ha una sua personalissima dimensione in cui passato e futuro convivono senza scontrarsi dando vita a un’atmosfera unica.
Nel mio B&B (accuratamente scelto da Andrea e Florinda, che sono tra i fondatori di Farm) ho trovato un angolo di pace e ho scoperto la tradizione, il passato.

Prima lezione: non esistono orari. Il tempo è un concetto astratto, si sa, e soprattutto è totalmente arbitrario. Ciò nonostante la cittadina ha i suoi ritmi e con grande fascino li imparo presto. Le voci dei venditori ambulanti mi avvisano del fatto che il sole si è levato e io faccio lo stesso. Il mio balconcino si affaccia su Piazza Garibaldi, sotto di me vedo passare dei camioncini riforniti di verdure e uova freschissime, davanti a me, la facciata di una chiesa in pietra calcarea che sembra essere lì da sempre, a osservare i movimenti dei favaresi. Mi mescolo subito tra loro, curiosa, ma prima di tutto non vedo l’ora di conoscere a fondo Farm, il futuro.
Ed eccola lì, un’oasi di arte e cultura che ti accoglie con il tipico calore della gente del posto.

Il museo si trova immerso nei Sette Cortili, un universo composto da un’esplosione di colore e dallo spirito innovativo dei suoi ideatori. All’interno ci si può perdere tra le installazioni di numerosi artisti che danno vita a un percorso sensoriale che stimola la vista, l’udito, l’olfatto e soprattutto la mente.
Tutti questi stimoli mi svegliano l’appetito così riprendo il mio tour tra i vicoli di Favara. Ancora una volta sono colpita dal forte contrasto tra l’aria che si respira all’interno del centro culturale e tutto ciò che vi gravita attorno.

Camminando incontro un’anziana signora che mi presenta i suoi mille gattini, mi parla in dialetto e a dire la verità capisco poco ma non sono necessarie le parole per cogliere la dolcezza del suo sorriso. Perdo svariati minuti ad accarezzare tutti i gatti dopodiché posso continuare il mio tragitto verso Piazza Cavour, il cuore della città, dove mi aspetta un pranzetto coi fiocchi. Vengo subito travolta dall’incredibile ospitalità del ristoratore che mi suggerisce alcuni tra i piatti più prelibati. Non mangiando carne il primo pensiero che mi attraversa la mente quando visito una città piccola è “riempirò gli occhi ma non la pancia” e invece… a fine pasto mi alzo da tavola a fatica ma più che soddisfatta.
La stessa scena si ripete innumerevoli altre volte nei giorni successivi che ovviamente passo non solo a mangiare ma anche alla costante ricerca di ispirazione per nuovi progetti.

Sempre nella piazza principale scopro l’incantevole Biblioteca Comunale Barone Antonio Mendola che conserva una collezione di tesori di carta (tra cui alcuni volumi risalenti al 1500), non vorrei essere ripetitiva ma mi sembra doveroso sottolineare che anche in questo caso vengo ricevuta dal personale che, con estrema cordialità, mi accompagna durante la visita rispondendo a tutte le mie curiosità.
Esplorando ritrovo anche una sensazione che mi è sempre molto cara, sa di libertà e di solitudine, ma solo in apparenza. Scendendo più in profondità capisco che si tratta dell’esatto opposto, è quel sottile equilibrio che collega gli elementi tra di loro: le persone, la natura, persino gli oggetti. E così, fermando un attimo il tempo, mi sembra di sentirmi parte di questa armonia incomprensibile.

Ne ho colto l’essenza visitando Palazzo Miccichè.
Si trova a pochi passi dalla sede di Farm, nasce come palazzo nobiliare a fine ‘800 e rinasce nel 2019 come dimora per arte e natura. Mi avventuro per l’immenso edificio da sola, attraverso le sue ampie stanze colme di… alberi! Ma proprio alberi veri, alti, folti e forti, che dominano il cemento attraversando tutta la struttura, riempendo lo scheletro di quelle che sarebbero altrimenti rimaste soltanto delle vecchie rovine. 
Tra tutti i possibili destini dei palazzi, chissà se questo si sarebbe mai aspettato di diventare una foresta. Uno spazio vivo, un edificio che respira e uno spazio espositivo unico. E così, con immenso piacere, scopro che una parete potrà essere dedicata a una mia opera. Le mie sinapsi si erano già attivate, è il turno della mano.

Durante la residenza ho realizzato diverse illustrazioni in collaborazione con Farm Cultural Park: queste sei tavole/poster le ho pensate per Palazzo Miccichè.
È una storia che parla di ritorno alla natura ma anche di speranza, di sogni, di crescita e dell’immenso potere della mente.

Le sorprese non finiscono, così come Farm non finisce a Favara: gli ultimi due giorni li passo a Mazzarino.
Prima di raggiungere la seconda tappa della mia residenza ho l’occasione di passare un po’ di tempo in compagnia di Andrea e Florinda, le persone grazie alle quali ho vissuto questa intera esperienza e che possono vantare il merito di aver dato origine a Farm e a tutto ciò che questo progetto significa per Favara e per le persone che hanno la fortuna di visitarla.
Una sera mi invitano a cena a casa loro così conosco anche le loro due meravigliose figlie. Vengo accolta da queste ultime, la più grande ha 16 anni e ci mettiamo a parlare di tatuaggi, dato che lei ne aveva fatto uno da poco e io lavoro anche come tatuatrice. Quando ci troviamo tutti a tavola i discorsi si animano e toccano gli argomenti più disparati. Parliamo di attualità, arte, ambiente. Condividiamo idee, esperienze, speranze.
Ritrovo un po’ di fiducia, cosa che ogni tanto il mio lato pessimistico tende a celare, ma lì, in compagnia di due giovanissime ragazze con ideali forti e ben precisi, e dei loro genitori che progettano e realizzano giorno per giorno un futuro migliore per loro e per la comunità, si riaccende anche in me una fiamma, il desiderio di cambiare le cose. C’è sempre — a ventiquattro anni sarebbe un delitto lasciarla spegnere — ma di questi tempi capita che si indebolisca lasciando spazio a sconforto e timori. Insieme, però, siamo più forti e solo insieme possiamo disegnare un futuro migliore.

Questo futuro me lo mostrano, ancora una volta, Andrea e Florinda.
Arriviamo a Mazzarino, dove scopro la magnifica Embassy of Farm, un luogo dal design curato nel più piccolo dettaglio, dove l’arredamento perde la sua funzione principale e diventa piacere per gli occhi. Anche questo palazzo è stato salvato e rigenerato, così come accadrà al suo vicino che prenderà il nome di Plurals – broaden horizons. Lo vedo ancora vuoto ma la mia immaginazione riempie gli spazi grazie alla spiegazione di quelle che saranno le sue nuove funzioni. Un ruolo nobile e fondamentale: un edificio destinato ai giovani, un punto di incontro di idee e persone, un posto che al giorno d’oggi sembra essere una perla rara.

Siamo abituati a vederci in luoghi/non-luoghi come i social network, per poi ritrovarci in spazi commerciali, specchio della società fortemente consumistica in cui viviamo, dove prima ancora di comunicare bisogna appunto “consumare”.
Dovevo fare un viaggio nel cuore della Sicilia per vedere concretizzarsi una possibilità alternativa. Una preziosa alternativa che ha origine nell’animo di due altrettanto preziose persone.

Il mio viaggio purtroppo è quasi giunto al termine ma non è ancora il momento per finire di stupirsi. Andrea e Florinda mi devono salutare e io non voglio rubare loro altro tempo, sono richiesti altrove per occuparsi dei loro infiniti e splendidi progetti. 
Passo l’ultimo giorno in compagnia di un loro gentile amico che si offre di guidarmi nella scoperta di Mazzarino e dintorni. Prima tappa: il paninaro del paese. Il mio stomaco gioisce incredulo nel vedere la quantità di formaggio e olive che riesce a stare tra due soli pezzi di pane. Deve avere pazienza, però, perché i panini vengono incartati e messi nello zaino per essere gustati in un luogo più adatto. E non esiste luogo più adatto della valle incantata in cui vengo accompagnata. Il mio sguardo si perde all’orizzonte, non ci sono case, persone, palazzi. Solo vegetazione, pale eoliche e cavalli. Quando i cavalli mi passano di fianco trottando e scuotendo le loro fluenti criniere devo pizzicarmi il braccio per assicurarmi di non star sognando. Addento il mio panino e le mie papille gustative vanno in estasi. Condisco il tutto con un po’ di erbe aromatiche che colgo di fianco al masso su cui sono seduta. Finocchietto, timo… c’è l’imbarazzo della scelta.
Il vento mi culla e sento di non avere bisogno di altro.

Passeggiamo un po’ e ci trasferiamo in un altro pezzetto di paradiso.
Questo qui ricorda proprio quello dell’Eden, se Adamo ed Eva esistessero, nel 2022, sicuramente vivrebbero nel Giardino delle Belle.
La mia guida (e mio nuovo amico) mi spiega come funziona la permacultura, pratica sostenibile grazie alla quale è possibile creare un’oasi ricca e verde come quella in un posto in cui non piove da mesi. Il profumo dei fiori permea tutta l’area, assaggio le prime nespole e mi perdo tra i colori accesi della natura. Mi sento ricaricata, sembra quasi di percepire l’energia scaturita dalle piante che vivono in totale armonia tra loro e in modo totalmente autonomo, senza l’aiuto dell’uomo o di sostanze chimiche. Assaggio le prime nespole, squisite. Non sono un’esperta di vegetazione ma il dubbio sorge spontaneo: perché non esistono posti del genere ovunque?

Con il calare della sera e con gli occhi pieni di meraviglia ci spostiamo verso la spiaggia che dista soli 30 minuti di macchina.
Vedo il sole sciogliersi sul mare lasciandosi dietro una scia arancione e rosa. Ascolto i miti e le leggende nate in quella terra piena di storia e di contaminazioni che l’hanno resa unica. Il pensiero del mio imminente ritorno per un attimo mi rattrista ma non vedo l’ora di raccontare tutto quello che ho visto e sentito, con ogni mezzo a mia disposizione.

Un grazie speciale per Andrea, Florinda, Deborah, Carla, Viola, Marco, Rosario, Mariacristina e per tutte le persone che hanno trasformato una settimana della mia vita in un’esperienza da ricordare ma anche in uno spunto di riflessione e ispirazione costante.

Un messaggio

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