La scomparsa di Patò: la tesi di laurea di Cecilia Porrino trasforma il romanzo di Camilleri in un’esperienza di lettura multimediale

Nei romanzi gialli e polizieschi l’autore o l’autrice coinvolgono le lettrici e i lettori costruendo trame avvincenti e usando tutte le “armi” che la letteratura offre per rendere l’esperienza la più trascinante possibile: dipingendo personaggi complessi, costruendo ansiogeni climax, ribaltando il punto di vista, gestendo magistralmente anticipazioni, indizi cruciali e false piste, fabbricando ipotesi che mettono alla prova l’intelligenza di chi si immerge nella storia, richiamando flashback rivelatori, nascondendo informazioni fondamentali, fino a trasformare la pagina stampata in un labirintico campo d’azione in cui perdersi tra mille strade senza uscita sotto la guida dello sguardo onnisciente dello scrittore o della scrittrice.
Ma che succede se a tutto questo si aggiunge anche la dimensione materiale dell’oggetto libro, fornendo fisicamente a chi fruisce dell’esperienza della lettura gli elementi per portare avanti la propria indagine in una sorta di “realtà aumentata” fatta però non di bit e schermi ma di carta e inchiostro?

«Oggi si sente la necessità di realizzare dei progetti editoriali che facciano i conti con il fruitore e per questo si studiano dei modi per metterlo al centro dell’esperienza di lettura» spiega la giovane designer casertana Cecilia Porrino, che per la sua tesi di laurea ha preso un romanzo di grande successo come La scomparsa di Patò di Andrea Camilleri e l’ha tradotto in un nuovo formato sperimentale, affiancando agli “utensili” narrativi del narratori quelli progettuali di chi fa comunicazione visiva.

Il risultato è Romanzo sperimentale: La scomparsa di Patò, che ha valso a Porrino la selezione per la mostra ABC | Aiap Book Community in occasione dell’evento WE AIAP, tenutosi a Milano nel 2018, e in seguito anche quella per la quarta edizione del festival Oggetto Libro, attualmente in corso presso la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano (fino al 12 gennaio).

(courtesy: Cecilia Porrino)

Con alle spalle una laurea triennale in Design della comunicazione all’Accademia di Belle Arti di Napoli e una magistrale in Graphic Design per la comunicazione pubblica nel medesimo istituto, seppur giovanissima Porrino si è già fatta un nome nell’ambito del design editoriale, figurando pure tra le vincitrici della seconda edizione del concorso I libri-gioco si fanno con le macchine, realizzando poi il libro-gioco Primi libri coi fili (l’abbiamo presentato di recente su Instagram), anch’esso selezionato per la Oggetto Libro ed esposto all’ADI Design Museum di Milano nel settembre scorso.

Oggi la designer — che si è fatta le ossa prima nella squadra di progettazione della segnaletica museale per la Certosa e Museo di San Martino di Napoli e poi in alcune agenzie di comunicazione tra Napoli e Caserta — lavora come freelance principalmente nel campo del cosiddetto “ecodesign” («una scelta fatta in seguito alla crescente consapevolezza delle problematiche ambientali» dice, «unita alla riflessione sul ruolo del design oggi. Da qui la sfida di passare a un design circolare, più responsabile e sostenibile»).

Per saperne di più sulla sua tesi le ho chiesto di raccontarla.

(courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)

Oggi si sente la necessità di realizzare dei progetti editoriali che facciano i conti con il fruitore e per questo si studiano dei modi per metterlo al centro dell’esperienza di lettura.
Per fare ciò, il progettista si assume il compito di ideare del processi che mettano in primo piano l’interazione col lettore, che deve essere stimolato e incuriosito da contenuti di ogni genere e tipologia: il testo, l’illustrazione, la fotografia, la composizione tipografica, la scelta dei materiali e dei formati. In sintesi, si fa ricorso a media diversi per stimolare diversi livelli di sensorialità, realizzando in tutto e per tutto un libro “multimediale”, proprio nel senso che esso attinge da diversi ambiti mediatici per la definizione dei propri contenuti.

Partendo da queste considerazioni, nasce il progetto di tesi Romanzo sperimentale: La scomparsa di Patò, che prende in esame un romanzo già esistente per riproporlo in una forma-libro innovativa e sperimentale.

(courtesy: Cecilia Porrino)

La scelta è ricaduta sul romanzo di Andrea Camilleri, presentato al lettore in forma di dossier: la storia infatti è raccontata attraverso una raccolta di documenti — rapporti, lettere, manifesti, scritte murali. Per la forma in cui è stato scritto, il romanzo ben si presta a una reinterpretazione grafica dei contenuti.
Durante lo sviluppo del concept, uno studio approfondito sul supporto è stato decisivo per la scelta tra differenti tipologie di carta, con lo scopo di comunicare dei messaggi precisi al lettore attraverso sensazioni tattili e visive proprie del mezzo cartaceo.

Il progetto è stato interamente realizzato con carte Fedrigoni.

(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)

Ambientato nella Sicilia del 1890, il romanzo racconta le vicende di alcuni agenti dell’Arma dei Carabinieri e della Questura, incaricati di indagare sulla scomparsa del rispettabile ragioniere Antonio Patò. Le indagini vengono però presto ostacolate e la verità sul caso non verrà mai (pubblicamente) a galla.
Importante nella narrazione del libro è la rappresentazione teatrale del «Mortorio», alla quale partecipa anche il ragioniere Patò in veste di Giuda.

L’essenza e il significato del libro di Camilleri sono stati sintetizzati in tre parole chiave: “indagini”, “messa in scena” e “verità oscurata”. Due di queste keywords sono risultate fondamentali per lo sviluppo del concept.
L’idea alla base del progetto parte infatti dal concetto delle “indagini”: ossia, il lettore diventa investigatore. Si sviluppa l’ipotesi di stravolgere l’ordine narrativo dei documenti, attuata però solo verso l’ultima parte del libro.

(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)

I primi due capitoli sono sviluppati in vere e proprie cartelle, con i documenti in ordine cronologico così come li ha strutturati l’autore del libro. Questa prima parte del progetto — dove i documenti vengono subito messi a disposizione del fruitore — serve a introdurre il lettore alle dinamiche della storia, per fargli prendere confidenza con i nomi dei personaggi e per incuriosirlo.

Gli elaborati sono rilegati da dei pressini fermafogli in metallo per essere tenuti “fermi” tra loro, ma potranno essere sciolti dal lettore in qualsiasi momento. Tutti i documenti che compongono la cartella sono infatti resi autonomi l’uno dall’altro, poiché realizzati in pagine singole. Il lettore avrà, in questo modo, la possibilità di prendere il singolo foglio stampato — separandolo dal resto — e analizzarlo nella sua forma e contenuto.

(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)

Ogni tipologia di documento si differenzia per la sua fattezza: carta, colore e formato sono stati quindi personalizzati in base al tipo di contenuto da impaginare e al messaggio emozionale che si vuole trasmettere al lettore. Anche il carattere tipografico cambia a seconda del mittente: questo contribuisce a una personalizzazione visiva dei documenti, che si può scorgere già a un primo impatto col progetto.

Le carte colorate sono tipiche della tipologia degli indizi, i quali servono a condurre il lettore verso riflessioni e considerazioni sullo svolgimento dell’indagine. I rapporti riservati e le lettere private sono presentati chiusi e inaccessibili alla lettura: sarà il fruitore stesso a dover intervenire su di essi, strappandoli e aprendoli, per scoprire le informazioni celate. Altri documenti, invece, sono composti da più allegati — tutti di tipo cartaceo — i quali, il più delle volte, sono tenuti insieme da delle graffette o contenuti in delle buste da lettera.

(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)

La terza parte del progetto si presenta in una scatola contenente gli ultimi documenti del romanzo. Questi, stavolta, non sono rilegati ma si presentano in un ordine sparso: è qui che il lettore è chiamato a ricostruire i fatti.
Ad aiutare il lettore a ricomporre l’ordine degli accadimenti è la data, stampata su ciascun elaborato. Su ogni foglio sono visibili due fori posti lateralmente al testo: questi serviranno al lettore per rilegarli uno ad uno con uno spago, messo a sua disposizione e contenuto all’interno della scatola. Così facendo, il lettore avrà realizzato una sorta di libretto artigianale.
La ricostruzione dei fatti, tuttavia, non sarà ancora quella definitiva, poiché mancano all’appello i documenti che rivelano informazioni scottanti, e di conseguenza anche la verità dell’indagine. Questi, opportunamente nascosti, verranno fuori per ultimi, rivelando la verità sul caso Patò.


Crediti
Studentessa: Cecilia Porrino
Accademia di Belle Arti di Napoli
Relatrice: Prof. Gabriella Grizzuti
Foto: Sara Petrachi

(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
(foto: Sara Petrachi | courtesy: Cecilia Porrino)
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