Se Greta Thunberg fosse stata un grafico: la tesi di laurea di Luca Matteucci

Quello della sostenibilità ambientale è ormai un tema ineludibile, che coinvolge ogni abitante del pianeta, a tutti i livelli della società. Occorre però fare grande attenzione, perché la tendenza — intrinseca nel pensiero neoliberista — è di addossare le responsabilità sul singolo individuo, in un’operazione di “privatizzazione” delle colpe in tutto e per tutto analoga alla “privatizzazione dello stress” di cui parlava Mark Fisher nei suoi scritti, dicendo: «fa specie che tanti lavoratori siano stati convinti ad accettare questo deterioramento delle condizioni di lavoro come “naturale”, e a cercare dentro di sé, nella chimica del proprio cervello o nella propria storia personale, le fonti dello stress che sperimentano» e «la privatizzazione dello stress è un perfetto sistema di adescamento, elegante nella sua brutale efficacia. Il capitale fa ammalare i lavoratori, poi le multinazionali farmaceutiche vendono loro le sostanze per farli sentire meglio. Nel momento stesso in cui il malcontento è individualizzato e interiorizzato, la causa sociale e politica della sofferenza viene garbatamente elusa».
È il capitale, in tutte le sue forme, ad aver causato la crisi climatica della quale vediamo sempre più evidenti le conseguenze. Chiunque di noi fa parte di un sistema progettato perché sia impossibile uscirne (lo dicono gli stessi “portavoce” del cosiddetto “realismo capitalista”: «non c’è alternativa»), e in cui il singolo è sostanzialmente merce, composta di valore da estrarre da ogni sua attività, materiale e immateriale (il sonno è — per ora — l’unica isola libera, nonostante già soggetta a numerosi tentativi di aggressione: ne parla Davide Mazzocco nell’indispensabile saggio Cronofagia. Celebre, in questo senso, la battuta vagamente inquietante del CEO di Netflix Reed Hastings che nel 2017 disse: «Noi siamo in competizione con il sonno»).

(courtesy: Luca Matteucci)

Al netto di tutto questo, però, esiste un margine, seppur ristretto, di manovra personale. Attraverso le proprie scelte, di vita e di consumo, si può — sebbene in minima parte — provare a ridurre la cosiddetta impronta ecologica, al contempo tentando, attraverso le proprie decisioni, di influenzare quelle di chi progetta, produce, trasporta e vende ciò che consumiamo.
È un ambito, questo, in cui il primo passo consiste, prima che nel cercare risposte, nel porsi (tante) domande. Ed è proprio da un interrogativo che è partito il giovane designer marchigiano Luca Matteucci, che si è laureato in graphic design presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata con una tesi su una progettazione — in ambito grafico — attenta alle istanze ambientali.

«Se Greta Thunberg fosse stata un grafico?» si è chiesto Matteucci, che è nato ad Ancona e cresciuto in una piccola cittadina del maceratese, e che porta avanti la passione per la grafica insieme a quella per il jazz e la fotografia. L’ho conosciuto la scorsa estate al termine di un incontro che ho tenuto al festival Tabula Rasa e, quando mi ha parlato della sua tesi e me ne ha mostrate alcune parti, gli ho chiesto di mandarmela e di raccontarla.

(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)

L’idea della mia tesi nasce dall’incontro di tre ambiti a me molto cari: l’amore per l’editoria (il libro come oggetto fisico e la volontà di creare una piccola pubblicazione come progetto), il tema della sostenibilità — importante e fondamentale come singolo ma anche come parte della generazione che sta vivendo e prendendo atto del cambiamento climatico — e la progettazione grafica in tutti i suoi stadi.

Alla base del mio lavoro c’è questo interrogativo: cosa può fare concretamente un graphic designer per indirizzare i propri lavori verso una progettazione attenta alle tematiche ambientali? Ho cercato quindi di dare una risposta all’esigenza di capire perchè e sopratutto come affrontare la sostenibilità in questa professione.

(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)

La tesi si divide in due parti: la prima, prettamente teorica, è seguita da un progetto pratico.
Per prima cosa ho sviscerato ogni stadio della progettazione grafica, dalla definizione di sostenibilità e green design fino ad arrivare al “cuore pulsante”, ovvero carta, materiali, stampa, packaging e web, trattandoli singolarmente in capitoli separati. Inoltre, per sottolineare questa matrice fortemente materiale, ho dedicato uno spazio speciale (pagine in giallo, formato diverso) ad alcuni casi studio reali.

Ad esempio sul capitolo sul Green Design ho riportato l’esperienza di due riviste straniere, progettate l’una su carta “piantabile” e l’altra su parti scartate di fogli macchina, e nella sezione riguardante la carta ho proposto un elenco di cartiere e famiglie di carte sostenibili e naturali, corredandole di un piccolissimo campionario realizzato a mano.

(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)

Poiché lo scopo principale della mia ricerca era quello di dare strumenti di progettazione concreti per rispondere ai come e perché, nella seconda parte ho messo in pratica le nozioni evidenziate applicandole ad un progetto reale.

Ho quindi contattato un’azienda del settore cosmesi della mia zona e insieme abbiamo ideato un progetto di restyling delle etichette e del packaging dei loro prodotti naturali e sostenibili. Ciò mi ha dato la possibilità di interfacciarmi con esigenze e criticità reali e risolvere determinate problematiche legate sopratutto ai formati e alla presentazione dei prodotti.

(courtesy: Luca Matteucci)

Infine, anche nella realizzazione del volume stampato ho cercato di rispettare gli ideali di sostenibilità. Sono partito dalla scelta delle carte (Favini Alga Carta per gli interni, Gmund Bier Pils per gli inserti dei casi studio e Gmund Bier Ale per la copertina e le aperture dei capitoli), ho ottimizzato il formato per evitare sprechi in fase di stampa e ho rilegato il tutto con una spirale metallica di alluminio.

Per la stampa mi sono affidato a realtà professionali della mia zona: stampa digitale con inchiostri sostenibili e riciclo delle cartucce per la parte testuale e serigrafia con inchiostro ad acqua bianco per copertina e aperture dei capitoli.
Neanche le prove e gli errori di stampa sono andati buttati: li ho riciclati e riutilizzati come copertine di quaderni fatti personalmente a mano, poi donati ad amici e professori.


Crediti
Studente: Luca Matteucci
Relatrice: Prof. Simona Castellani
Correlatrice: Prof. Luigia Giovannangelo
Anno accademico: 2019/20
Diploma accademico di I livello in Graphic Design presso Accademia di Belle Arti di Macerata

Testi composti in: Warnock Pro, Bebas Neue Pro, Founder Grotesk
Carta: Favini Shiro Alga Carta (250 gr/m2), inserti in Gmund Bier Pils (250 gr/m2)
Stampato da La Linotype, nel gennaio 2021
Copertine e aperture capitoli serigrafati su carta Gmund Bier Ale (250 gr/m2).
Stampate da Stranedizioni, nel gennaio 2021

(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)
(courtesy: Luca Matteucci)
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