Tenderly: un’animazione astratta improvvisata su un pezzo jazz di Roland Tempelaar

«Nell’esuberante Swing Landscape del 1938, un murale commissionato dalla Works Progress Administration per un progetto di edilizia abitativa di Brooklyn ma mai installato, vediamo frammenti di Gloucester — navi, boe, trappole per aragoste — ma in fondo siamo in un intero nuovo universo di motivi jazz e colori sfavillanti, un paesaggio definito non da segni ma da sensazioni: suono, ritmo, attrito».
Così scrive sul New York Times il critico d’arte Holland Cotter parlando di una delle più celebri opere del pittore americano Stuart Davis, quel Swing Landscape, appunto, che fin dal titolo rimanda a uno dei sottogeneri di musica jazz più in voga all’epoca: il swing.
«Per me, a quel tempo, il jazz era l’unica cosa che corrispondeva a un’arte autentica in America. Penso che tutti i miei dipinti, almeno in parte, arrivino da questa influenza» spiegava Davis.

Jazz e astrattismo hanno sempre avuto un legame strettissimo, tanto da far pensare a una sorta di grammatica comune, tra ritmo, palette cromatica, forme destrutturate che rimbalzano sinesteticamente dalla dimensione sonora a quella visiva.
Soprattutto tra gli anni ’40 e gli anni ’60 il rapporto jazz-arte astratta ha forse raggiunto il suo apice: con le opere dello stesso Davis, i pochoir di Matisse, il periodo newyorkese di Mondrian, mentre nello stesso periodo il jazz abbracciava il modernismo col bebop di Charlie Parker, il jazz modale di Miles Davis e John Coltrane, il free jazz (che appare come una versione sonora del dripping di Jackson Pollock) di Ornette Coleman e Sun Ra, e le copertine di alcuni degli album-icona dell’epoca a saldare ulteriormente il legame.

È in questa lunga e gloriosa relazione che si inserisce anche l’animazione realizzata recentemente dal regista, animatore e pittore americano Matt Smithson per una versione dello standard jazz Tenderly registrata dal compositore e pianista olandese Roland Tempelaar e raccolta sul suo primo album, intitolato New York Chapter, in uscita il 17 settembre.

Scritto nel 1946 dal compositore Walter Gross, Tenderly è stato interpretato nel corso dei decenni da alcuni dei più grandi nomi del jazz, tra cui Duke Ellington, Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald, Oscar Peterson, Nat King Cole, Eric Dolphy ed Art Tatum. Tempelaar ne ha data la sua versione, resa visivamente da Smithson attraverso un gran lavoro d’improvvisazione.
Tra le linee e le forme astratte appare spesso la città di New York — le luci, le strade, i colori, i muri pieni di graffiti. L’atmosfera è dolce e malinconica. «L’obiettivo era quello di mantenere [il lavoro] astratto e non narrativo. Ci sono sfumature di sentimenti provati nel lasciare un posto che significa molto, in questo caso New York» ha spiegato l’animatore e regista Smithson.

Perché New York? Perché alla città è appunto dedicato l’intero primo album di Tempelaar, che oltre a essere musicista è anche scienziato, e non avendo mai saputo decidersi se proseguire per l’una o l’altra strada, ha deciso di imboccarle entrambe.
Ricercatore in ambito chimico e fisico (attualmente studia il comportamento “quantomeccanico” di molecole e materiali presso la Northwester University dell’Illinois), Tempelaar ha infatti passato diverso tempo nella Grande Mela nell’ambito di una ricerca post-dottorato presso la Columbia University, approfittandone per vivere e animare la scena jazzistica newyorkese e finendo dunque per dedicare il suo disco di debutto alla città che l’ha ospitato e fatto crescere come pianista e compositore.

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