«Campionare, la tecnica di prelevare un frammento da un suono preregistrato e inserirlo in una composizione “originale”, è un nuovo modo per fare qualcosa che si è sempre fatto: creare con quello che trovi. La rotazione diventa inarrestabile. I vincoli si assottigliano. Il mix si scrolla di dosso le vecchie associazioni. Dai vecchi contesti se ne formano di nuovi. La scaletta impazzisce».
Così Paul D. Miller, meglio conosciuto come DJ Spooky — nome di punta, dagli anni ’90, della scena rap sperimentale americana e del cosiddetto genere illbient — in una citazione raccolta, insieme ad altre centinaia, dallo scrittore David Shields nel suo seminale saggio Fame di realtà: Un manifesto, a sua volta composto con la tecnica del campionamento.
Subito dopo le parole di DJ Spooky, infatti, nel saggio di Shields appaiono quelle del giornalista musicale britannico Lloyd Bradley, che nel suo libro Bass Culture: La Musica dalla Giamaica: ska, rocksteady, roots reggae, dub & dancehall scrive come si è arrivati alla tecnica che sta alla base di tutto il rap fin dalle origini, che è appunto il campionamento: «Negli anni Sessanta il dub reggae — ovvero artisti che registravano ulteriori parti su una musica preesistente, aggiungendo spesso nuove tracce vocali e una pesante eco a nastro — nacque dritto dritto dal movimento dei DJ legati ai sound-system, che non vedevano l’ora di fare propria qualsiasi conquista tecnologica. Una decina d’anni dopo, King Tubby e Lee “Scratch” Perry cominciarono a decostruire la musica registrata. Sfruttando un’attrezzatura antiquata, ancora analogica, crearono quelle che loro chiamavano delle “versioni”. Nel 1962 la Giamaca ottenne la totale indipendenza dalla Gran Bretagna e molti giamaicani cominciarono a emigrare negli Stati Uniti. Era inevitabile che questi immigrati finissero a gravitare intorno alle comunità nere americane già formate, soprattutto quelle di New York. I nuovi arrivati importarono così l’idea del sound-system: filtrata dalla prospettiva afroamericana, la musica prese una direzione nuova rispetto alla Giamaica. Per molti versi l’hip-hop è nato dall’idea giamaicana di trasformare il lavoro del DJ in una forma d’arte».
I suoi primi passi il rap li mosse proprio nei cosiddetti house party e nei block party organizzati nelle case popolari di Harlem e del Bronx, grazie anche ad artisti di origine caraibica come DJ Kool Herc e Grandmaster Flash. Da lì il resto — come si suol dire — è storia. Una storia che consigliamo di approfondire con un libro insolito come Il rap spiegato ai bianchi di Mark Costello e David Foster Wallace, e con la bella serie documentaria Hip-Hop Evolution, ma soprattutto andando ad ascoltare i dischi, o perlomeno quelle che sono considerate le pietre miliari del genere.
A raccoglierle — o meglio, a raccoglierne alcune — è il poster 100 Essential Rap Albums Scratch-Off Chart, progettato e prodotto dallo studio Pop Chart, che presenta 100 album in una stampa da grattare (scratch-off, in questo caso è un termine più che mai appropriato visto che lo scratching dei vinili sta proprio alla base del genere), così da scoprire le copertine dei dischi.
La cronologia parte dal 1984 — da Run D.M.C., primo album dell’omonimo trio, nonché prima opera rap a diventare disco d’oro — e arriva a Good News di Megan Thee Stallion, uscito nel 2020.
In mezzo ci sono (quasi) tutti i nomi fondamentali del genere, per lo meno quelli della scena americana (più Dizzee Rascal in rappresentanza di quella britannica): N.W.A, Beastie Boys, Public Enemy, De La Soul, A Tribe Called Quest, Wu-Tang Clan, Notorious B.I.G., 2Pac, Nas, Outkast, Eminem, Jay-Z, Lil Wayne, Kanye West, Kendrick Lamar.
Poche le donne: a parte Megan Thee Stallion ci sono solo Queen Latifah, Missy Elliott, Lauryn Hill — presente anche coi Fugees — e Cardi B).
Il più presente in assoluto è Jay-Z, con tre dischi a suo nome (Reasonable Doubt, The Blueprint, The Black Album) e uno prodotto a quattro mani con Kanye West (Watch the Throne), che ne ha a sua volta altri due tra i 100. Tre album pure per Outkast, Nas, A Tribe Called Quest, Dr.Dre (due a suo nome e uno con gli N.W.A.).
Per il Wu-Tang Clan un solo disco ma poi ci sono Ghostface Killah con due dischi, GZA con uno e Raekwon con uno.
L’anno con più uscite in assoluto (7) in questa (ovviamente discutibile) classifica è il 1988.
100 Essential Rap Albums Scratch-Off Chart sarà disponibile da metà luglio. Nel frattempo si può pre-acquistare online.