Le Due Torri: a Bologna c’è il “tempio” italiano degli scacchi

È cominciato tutto con un mail. E una serie tv. La serie è ovviamente La regina degli scacchi, fenomeno televisivo e culturale dello scorso autunno, e la mail è quella che mi ha inviato Claudio Selleri, fondatore de Le Due Torri, una realtà dalle molte anime, tutte dedicate al complesso e affascinante mondo degli scacchi:

«Oltre ad essere iscritti con piacere, da tempo, alla vostra newsletter, vi contattiamo poiché in questo momento, come forse vi sarete accorti, gli scacchi stanno avendo una sorta di boom in seguito alla serie Netflix ispirata al libro di Walter Tevis. La seconda ragione è che siamo a Bologna, a due passi da voi, in via Gobetti 52/3, abbiamo l’unica libreria in Italia specializzata negli scacchi (siamo solo quattro in tutta Europa). Se pensate che tutto ciò possa interessarvi, restiamo a vostra disposizione».

Se solitamente non ci vuole poi molto per incuriosirmi, a Selleri sono bastate poche righe per fare (chiedo perdono per la facile battuta) scacco matto.
So giocare a scacchi ma non sono di certo un campione — conosco le regole e poco più — ma se in tutto il continente ci sono appena quattro librerie specializzate e una è davvero a due passi da casa mia, non posso far altro che infilare lo zaino, prendere registratore e macchina fotografica e mettermi in cammino. Tanto più che chiunque arrivi a specializzarsi in maniera così profonda in una particolare disciplina, tanto da costruirvi attorno una sorta di tempio e di faro per chi è bruciato dalla stessa passione, dev’essere per forza un personaggio interessante. La visita a Le Due Torri, come sto per raccontare, ha pienamente confermato le aspettative.

(foto: Frizzifrizzi)

Le Due Torri di Bologna

Per via della Garisenda e degli Asinelli, le due torri medievali che svettano sul panorama cittadino, qui a Bologna ci sono tantissime attività che si chiamano, appunto, “le due torri”. C’è una rosticceria, c’è un hotel, ci sono diversi b&b, una farmacia, due lavasecco, una pescheria, un materassificio, svariati bar, ristoranti e pizzerie, un’impresa di pulizie, un negozio di casalinghi, un veterinario, un fabbro, una litografia, una carrozzeria, un paio di negozi di mobili, una palestra, un centro culturale, un colorificio, una palestra, un centro per giocare a paintball e un negozio di francobolli.
Nessuno di questi può tuttavia competere, in quanto a corrispondenza tra nome e offerta, con un negozio specializzato in scacchi, che da quando è nato — nel 1986 — ha cambiato diversi indirizzi, spostandosi pian piano dal centro alla periferia (ora, per la cronaca, sta proprio sotto un’alta ciminiera, che ovviamente assomiglia a una torre).

«Siamo nati in via Frassinago» mi racconta Selleri, «in una realtà particolarmente stramba. Si tratta di una via di appena 100 metri e all’epoca c’eravamo noi, specializzati in scacchi, e poi c’erano un negozio specializzato in canoe e uno specializzato in preservativi. Quando passavano, gli anziani scuotevano la testa e dicevano “questi tra due mesi sono già tutti chiusi”. E invece…».
E invece il successo — perlomeno per gli scacchi, su canoe e preservativi non ho elementi sufficienti per testimoniare — è stato quasi immediato. Ma dopotutto Selleri l’aveva previsto.
Grande appassionato di scacchi, ebbe l’idea grazie alla sua ragazza dell’epoca, che voleva regalargli una scacchiera regolamentare (su quel regolamentare torno più avanti) ma non riusciva a trovarla. All’epoca Selleri lavorava come responsabile in un’azienda di registratori di cassa e, ricorda, «un giorno andai a fare un intervento in un negozio a Firenze che vendeva materiale per cavalli. Briglie, selle, cose del genere. Controllando gli scontrini vidi che si trattava di un negozio che riusciva a stare in piedi, pur essendo così specializzato. Tornato a casa, cominciai a pensare a quanti appassionati di scacchi potessero esserci in Italia. Gli iscritti alla Federazione a quel tempo erano circa 10-12mila. Ho pensato che se fossi riuscito a intercettarne anche solo il 10% avrei potuto farcela. Grazie al mio lavoro sapevo bene come funzionano i negozi: un tipico alimentari di pane e pasta fa 500 clienti che vanno tutti i giorni, un ferramenta ne fa 2000 che vanno una volta ogni tanto. Io potevo pensare di prendere 1000 clienti. Ne ho parlato con un maestro di scacchi e ci siamo messi in società. In pochissimo tempo eravamo già ben avviati».

(foto: Frizzifrizzi)

Dalla via delle canoe e dei preservativi, Le Due Torri ha poi cambiato casa diverse volte e oggi sta appunto in via Gobetti 52/3, in uno spazio a forma di L, come il movimento del cavallo sulla scacchiera.
In realtà, prima della mia visita ufficiale, ero già passato diverse volte davanti a quella vetrina durante le mie passeggiate, restando assai colpito dalla quantità e varietà di scacchiere, pezzi di scacchi nonché mazzi di carte di ogni tipo.
«Le carte» dice Selleri «sono un retaggio del vecchio negozio. Quando stavamo in centro la gente che passava ed entrava vedeva gli scacchi e chiedeva sempre se avessimo carte da gioco. Quindi abbiamo cominciato a tenere anche quelle, di tanti tipi, oltre ad altri giochi di riflessione tipo backgammon, go, mah jong».

Pur essendo più fuori mano, in periferia, l’attuale sede è assai più comoda per chi ha una platea di clienti che va ben oltre il territorio di Bologna: giovani, studenti, persone anziane, uomini, donne, bambine e bambini — qui la clientela è trasversale e viene da ogni parte d’Italia, e non solo.
«Anche quelli che comprano online almeno una visita in negozio prima o poi la fanno» afferma orgoglioso Selleri.
A proposito dell’online, Le Due Torri è stata una delle primissime realtà ad aprire un e-commerce. Vendono in rete addirittura dal 1996 e oggi i clienti “elettronici” acquistano da tutto il mondo: scacchiere, set di pezzi, pezzi singoli e libri, tanti libri, in tutte le lingue.

La casa editrice

Oltre a essere negozio e libreria — l’unica italiana specializzata in scacchi, è il caso di ribadirlo — a un certo punto Le Due Torri è diventata pure editore. Altro ambito, quello dell’editoria specializzata in scacchi, in cui la società ha pochi rivali in Italia.
Selleri mi spiega che fare un libro di scacchi ha una complessità molto alta, per via di tutti gli schemi con le mosse, e delle coordinate da controllare e ricontrollare e ricontrollare ancora.
Quando gli chiedo se di case editrici ce ne sono solo di specializzate, mi racconta che negli anni ’70 Mursia fu il prima grande editore italiano ad aprire una collana sugli scacchi. Lo fece dopo il celebre match Fischer vs. Spasskij, la “sfida del secolo”, durante la guerra fredda, che diede inizio a un vero e proprio periodo di boom per questa disciplina.

(foto: Frizzifrizzi)

Oggi, invece, il mercato è quasi interamente in mano agli editori specializzati. In Italia, attualmente, sono quattro, ma Le Due Torri si differenzia dalle altre per il fatto di non pubblicare solo traduzioni preferendo lanciare anche autori e autrici del nostro paese.
«Proprio quest’anno» annuncia Selleri «siamo riusciti a “vendere il ghiaccio agli eschimesi”, come si suol dire. Abbiamo pubblicato un libro — 1001 esercizi per principianti — che è piaciuto talmente tanto da essere poi tradotto in olandese e in inglese. Ha venduto tantissimo negli Stati Uniti e persino in Russia hanno acquistato i diritti».

Il perché del senso del “vendere il ghiaccio agli eschimesi” è presto detto. Quello italiano è un mercato relativamente piccolo. Il più grande, a livello mondiale, è quello americano. In Europa i più importanti sono quello tedesco e quello francese.
«Considera che in Germania, che è il paese europeo in cui si gioca di più, ci sono un milione di iscritti alla Federazione» mi fa notare Selleri. Praticamente una persona su ottanta.
E in Italia?
Qui appassionati e appassionate si aggirano attorno alle 100mila unità, anche se coloro che conoscono le regole e fanno almeno una partita all’anno arrivano al milione, milione e mezzo. Ci sono dentro pure io, per il rotto della cuffia visto che raramente faccio più di una partita all’anno.

(foto: Frizzifrizzi)

Nel negozio noto tanti titoli in lingue straniere. Inglese ma anche tedesco, francese, russo. Chiedo a Selleri il motivo. È per via della clientela internazionale?
«No, il fatto è che la scaccografia, come le note musicali, non ha lingua. Anche se prendi un volume in ceco le mosse e le partite puoi “vederle” e capirle lo stesso. È po’ come sentire delle suonate guardando lo spartito».

Sia sul sito che nel negozio, però, non ci sono solo libri a tema scacchistico, ma anche su argomenti come filosofia e spiritualità. Anche in questo caso, come per l’origine del negozio, tutto è nato per passione, quella di una piccola comunità di filosofi scacchisti.
«Abbiamo cominciato con il libro Un Mistero in Bianco e Nero – La Filosofia degli Scacchi e poi abbiamo pensato di lanciare una collana dedicata alla filosofia» dice Selleri, che non nasconde come il mondo scacchistico si porti dietro, per via della sua lunga storia, tante affinità con l’universo della spiritualità e del simbolismo.

(foto: Frizzifrizzi)

Chi domina gli scacchi domina il mondo?

Nati in India attorno al VI secolo dopo Cristo, gli scacchi hanno fatto il “percorso del Sole”, passando per la Persia e poi arrivando in Europa, assorbendo influenze e mutando nel corso del tempo.
L’espressione “Scacco Matto” — imparo da Selleri — deriva dal persiano “Shāh Māt”, cioè “il re è morto”.

Nei secoli, tradizionalmente, i più grandi scacchisti li hanno avuti i paesi dominanti a livello politico, economico e culturale. Durante la guerra fredda c’erano le grandi sfide tra Stati Uniti e Urss, prima ancora dominavano gli inglesi e i tedeschi, mentre nel Rinascimento l’Italia era il centro assoluto. Ora invece siamo dentro a una sorta di “anomalia”, perché il campione del mondo è un norvegese, Sven Magnus Øen Carlsen, che ha battuto un indiano. Ma in Cina sono ovviamente molto forti.

Qui in Italia, come già detto, il gioco non è molto diffuso. A differenza di altri paesi, non abbiamo l’ora di scacchi obbligatoria nelle scuole — «ma sarebbe il caso di introdurla» esclama Selleri, «perché ci sono studi precisi che dicono che dopo appena 30 ore di scacchi i ragazzi e le ragazze sviluppano delle sinapsi che aiutano nell’apprendimento delle lingue, della matematica, dei concetti spaziali… Noi, tuttavia, siamo un popolo più orientato verso il gioco delle carte. Fin dall’infanzia cresciamo con quelle. Abbiamo una varietà di carte regionali che nessun altro può vantare».

(foto: Frizzifrizzi)

A proposito del crescere con gli scacchi, Selleri mi racconta un aneddoto particolare.
Quando Le Due Torri era appena agli inizi, nello spazio di via Frassinago, uno studente di lettere andò da loro a prendere un libro. Era un grande appassionato di scacchi e come tesi voleva fare proprio la traduzione di quel volume.
Quel ragazzo, che da allora è sempre rimasto in contatto con loro, era Neri Marcorè, che molti anni dopo ha firmato la prefazione di un’opera sulla storia degli scacchi pubblicata dalla casa editrice bolognese.

Una “massoneria buona”

Così Selleri definisce il vasto e variopinto mondo delle appassionate e degli appassionati.
«Hai persone di tutti i livelli» dice. «Mario Draghi, per dirne uno, è uno scacchista. Così come lo era Ennio Morricone. Lo è Sting, che ha una casa a Figline Valdarno e il 10 settembre del 2001 mi chiamò perché aveva bisogno di alcuni pezzi per un video che doveva realizzare. Poi il giorno dopo ci fu l’attentato alle due torri [eh sì, qua i complottisti potranno sguazzarci, ndr] e non se ne fece più nulla. Ma nel mondo scacchistico ti relazioni alla pari anche con persone così. Si parla un linguaggio comune».

Questa cosa del linguaggio comune, già uscita anche quando si parlava di libri in altre lingue, è ancora più evidente durante le Olimpiadi degli scacchi, un torneo internazionale che si tiene ogni due anni.
«Lì vedi davvero questo concetto applicato al suo massimo. Ci sono centinaia di nazioni, tutte alla pari davanti a una scacchiera. Donne, uomini, di ogni età, di ogni ceto sociale, con mille background differenti. Gente che probabilmente non riuscirebbe nemmeno a capire ciò che l’altro o l’altra dice, che giocano, nella completa e totale uguaglianza, e parlano la lingua degli scacchi».

(foto: Frizzifrizzi)

Durante i tornei si gioca con la scacchiera regolamentare. Che non è come quella che ci comperavano le nonne e gli zii, coi cavalli, gli alfieri e i pedoni di plastica, magari portatili.
Quella regolamentare è di legno, così come i pezzi. E ha misure precise. «Tutto il resto è da esposizione, o da viaggio» avverte Selleri mentre mi mostra le proporzioni, che devono essere armoniche: una torre sta esattamente dentro alla casella, quattro pedoni stanno esattamente dentro alla casella, e la casella della scacchiera da torneo va dai 5 ai 6 centimetri, la dimensione ideale perché la tavola da gioco non sia dispersiva né troppo stretta e scomoda.
Il modello attuale, seguito a livello internazionale, esiste dal 1851 e si chiama “modello Staunton”, dall’inglese Howard Staunton, che per il primo torneo mondiale definì pezzi e regolamento.

Gli scacchi vengono fatti tutti al tornio, e le lavorazioni possono essere più o meno complesse e dettagliate. Ovviamente i prezzi cambiano in base a lavorazioni e materiali. Si possono usare legni pregiati, come il palissandro o l’ebano, che necessitano di artigiani molto abili, e per fare un singolo cavallo può essere necessaria più di un’ora.
E poi ci sono le mode, le tendenze estetiche. Grandi architetti e grandi artisti si sono misurati, nel tempo, con torri, regine e alfieri.
Selleri è un pozzo di informazioni su molteplici ambiti. Glielo faccio notare, dicendo che conoscendo bene gli scacchi si diventa praticamente esperti di tutto: tattica, strategia, matematica, design, tipi di legno e lavorazioni…
Lui, ironicamente, mi risponde con una citazione di Byron, che diceva «la vita è troppo breve per gli scacchi».

Visto che sono arrivato lì per merito o per colpa di una serie tv, che tra l’altro non ho ancora visto, gli chiedo se effettivamente La regina degli scacchi abbia davvero creato interesse e fatto aumentare le vendite.
Dopo avermi parlato del suo apprezzamento per la miniserie creata da Scott Frank e Allan Scott — «finalmente un’opera che si distanzia un po’ dal solito cliché televisivo e cinematografico del “genio e sregolatezza”» — Claudio Selleri mi cita un caso emblematico: «avevamo un manuale, pubblicato nel 2008, che viaggiava nelle classifiche di Amazon attorno alla posizione 40mila. Durante la serie ha cominciato a salire: 34mila, 12 mila. Alla fine è arrivato 56° nella classifica assoluta dei libri. Avere un libro di scacchi tra i primi 100 è una cosa incredibile. Merito della serie e anche del lockdown. Per noi, un’accoppiata vincente».

(foto: Frizzifrizzi)
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