Il 1º settembre del 1923 in Giappone ci fu l’apocalisse. Un paio di minuti prima di mezzogiorno, un devastante terremoto di magnitudo 7.9 colpì la regione del Kantō, quella in cui dove sorgono Tokyo e Yokohama.
Fu uno dei sismi più distruttivi di sempre, non solo per la scossa in sé (che — così raccontano le testimonianze — si protrasse per diversi minuti e causò pure un imponente tsunami) ma anche per i molteplici incendi che si innescarono subito dopo il sisma per via dei fuochi accesi per cucinare, e che divamparono rapidamente tra i tanti edifici in legno, ulteriormente alimentati dal forte vento prodotto da un tifone in arrivo. Praticamente un inferno: terra che trema, fiamme, maremoto e tifone — tutto assieme, tutti gli elementi a scatenarsi quasi in contemporanea, portando il bilancio delle vittime di quello che da allora venne chiamato Grande terremoto del Kantō a oltre 140.000.
Un aspetto secondario della tragedia, certamente non paragonabile alla morte ma non per questo trascurabile, fu la perdita di parte del patrimonio artistico e culturale.
Tra i molteplici e incalcolabili danni ci fu anche la distruzione degli edifici e del materiale dell’editore Shōzaburō Watanabe, uno dei più importanti dell’epoca e principale punto di riferimento per il movimento artistico shin-hanga (letteralmente “nuove stampe”: fu una sorta di revival e prosecuzione della tradizionale stampa xilografica ukiyo-e).

Originale dal Los Angeles County Museum of Art
(fonte: rawpixel.com)
Tra gli autori di stampe shin-hanga, prodotte principalmente per il mercato occidentale, c’era Hiroaki Takahashi, detto Shōtei.
Classe 1871 e originario di Tokyo, Takahashi studiò fin da bambino la pittura giapponese con suo zio, Matsumoto Fuko, che fu anche colui che coniò il nome d’arte del nipote.
Appena adolescente, Shōtei cominciò a lavorare prima come impiegato del Ministero della casa imperiale e poi come illustratore per giornali, riviste e testi scientifici, partecipando, nel frattempo, a concorsi d’arte ed esposizioni.
Dopo un periodo di gavetta all’interno di una casa editrice di stampe xilografiche, Shōtei conobbe Shōzaburō Watanabe, che nel 1907 lo assunse come artista per la produzione di opere shin-hanga.
Dal 1907 al 1923 realizzò ben 500 opere per il suo editore. Tutte quante andarono distrutte da un incendio — matrici comprese — in quel terribile 1º settembre.

Originale dal Los Angeles County Museum of Art
(fonte: rawpixel.com)
La sua carriera, però, non si interruppe lì. Sopravvissuto alla catastrofe, negli anni successivi Shōtei continuò a lavorare per Watanabe, producendo altre centinaia di xilografie, per poi offrire il suo talento anche ad altri editori.
Morì nel 1945, secondo alcune cronache nel corso di un’altra apocalisse, la bomba atomica sganciata dagli americani su Hiroshima, dove l’artista si sarebbe recato a trovare sua figlia. In realtà pare che la morte avvenne sì nel ’45, a 74 anni di età, ma qualche mese prima della bomba, a causa della polmonite.
Oggi non rimangono molte sue opere. Alcune di esse sono conservate presso il Los Angeles County Museum of Art, che le ha anche digitalizzate e messe online.
Sono state restaurate in digitale dalla piattaforma Rawpixel, che le fa scaricare gratuitamente.
Purtroppo la qualità non è altissima, ma si può comunque apprezzare l’incredibile maestria di Shōtei nel rappresentare nel realistico stile shin-hanga i temi tipici del movimento, e cioè un “antico Giappone” che ormai non esisteva più ma di cui c’era moltissima domanda nei mercati esteri.

Originale dal Los Angeles County Museum of Art
(fonte: rawpixel.com)