Si era attorno al 1475 quando — in un Italia suddivisa tra signorie, ducati, repubbliche e regni — il copista Matteo Contugi arrivò a Urbino per lavorare alla corte di Federico da Montefeltro. Originario di Volterra, Contugi aveva già prestato la sua rinomata “penna” al servizio dei Gonzaga, a Mantova, e degli Este, a Ferrara.
Il duca urbinate, che all’epoca era già stato immortalato da Piero della Francesca nel celebre Doppio ritratto, aveva una delle più ricche e importanti biblioteche che si fossero mai viste. Per elevarne ancora di più il prestigio, decise che tra i suoi manoscritti avrebbe dovuto esserci un’edizione della Comedìa di Dante, la più straordinaria che si fosse mai vista.
Federico la commissionò al suo scriba migliore, che era appunto Contugi. Non mise limiti di spesa, e per le miniature e le decorazioni venne coinvolto il ferrarese Guglielmo Girardi, pittore e miniatore tra i più conosciuti.
Il manoscritto arrivò a Ferrara, nella bottega di Girardi, nel 1478. Ci lavorarono anche i suoi aiutanti, completando l’Inferno e iniziando il Purgatorio. Più tardi la “squadra” si trasferì a Urbino, dove la guida passò a un altro grande miniatore e pittore, Franco dei Russi, che continuò a lavorare al Purgatorio, senza però completarlo del tutto, perché nel 1482 il committente, Federico da Montefeltro, morì.
Già meraviglioso ma incompleto, il manoscritto venne ripreso molti anni dopo, agli inizi del ‘600, dall’ultimo duca di Urbino, Francesco Maria II della Rovere, che affidò il compito di miniare il Paradiso e finire il lavoro a Valerio Mariani da Pesaro. Nel 1616 il codice venne finalmente ultimato e rilegato.
Quando nel 1657 il papa Alessandro VII acquistò l’intera biblioteca del duca, il manoscritto fu trasferito nella Biblioteca Vaticana, dove venne fatto nuovamente rilegare in un’edizione in velluto rosso con decori barocchi in metallo dorato. Si trova lì ancora oggi, conosciuto col nome di Urbinate latino 365, ed è considerato come il più notevole esempio di manoscritto del capolavoro dantesco, capace di racchiudere in un unico volume il volgare trecentesco, l’arte rinascimentale e quella del ‘600.

(courtesy: Franco Cosimo Panini)
Già ripubblicato in edizione fac-simile nel 1965, in occasione dei 700 anni dalla nascita di Dante, il libro è oggi al centro di un nuovo progetto editoriale, nato dalla collaborazione tra l’editore Franco Cosimo Panini, la Biblioteca Apostolica Vaticana e Treccani.
Si tratta di un libro in edizione limitata (ne sono state prodotte solo 590 copie), che riproduce fedelmente l’originale in ogni minimo aspetto, dagli ori — «stesi in lamina e in polvere a seconda delle diverse dorature presenti nel libro» recita il comunicato — alla rilegatura, affidata a botteghe artigiane che hanno utilizzato le stesse tecniche e gli stessi procedimenti diffusi nel ‘400.
Edito in formato 41 x 26 cm il volume è composto da 594 pagine, che contengono 117 miniature e 100 iniziali maggiori.
Il libro fa parte della collana La Biblioteca Impossibile di Franco Cosimo Panini ed è uscito accompagnato da un volume di commentario. Quest’ultimo — a cura dell’esperto Ambrogio M. Piazzoni — presenta una descrizione di tutte le miniature, oltre a saggi sul manoscritto, sulla Divina Commedia e sul contesto storico e artistico. Pieno di illustrazioni, il commentario si può acquistare online.
Di seguito alcune delle splendide miniature.