Morning: la meditazione sul respiro in un corto d’animazione

L’antico buddhismo prevede tre pratiche di meditazione: una è basata sulla respirazione, una sul cammino e una sull’amore. La meditazione del respiro si chiama ānāpānasati e — come scrive Hervé Clerc in uno dei libri che amo di più e che cito spesso, Le cose come sono — «ci riconduce al più piccolo comun denominatore dell’umanità. Molti uomini e donne non pensano, alcuni non amano o non camminano, ma non c’è nessuno che non respiri».

Sempre Clerc dà la “ricetta”: «Nella sua forma elementare l’esercizio è semplice: stare seduti eretti (ma non rigidi), in un luogo silenzioso, osservando con attenzione, chiarezza e con quanta più continuità possibile il doppio filo dell’inspirazione e dell’espirazione. Si raccomanda di non intervenire volontariamente sul movimento respiratorio ma di restare semplicemente attenti. Dopo un po’ la respirazione, rischiarata dall’attenzione, si calma e si armonizza da sé. […] Il mattino, al risveglio, dopo una tazza di tè, seduto su uno zafu (un cuscino da meditazione), dirigo la mia attenzione, più completa e chiara che posso, sul respiro per un quarto d’ora, venti minuti o mezz’ora. Con il tempo, si è operata una distinzione tra i pensieri che unificano la mente e quelli che la disperdono. Le macchie e le schiarite. La cosa migliore è non aderire né alle une né alle altre. La cosa migliore, di fatto, è non aderire a nulla, né ai pensieri, né ai sentimenti, né alle sensazioni, ma di percepire, insieme a questo caos, l’invarianza luminosa del corpo – e, trovatala, non perderla di vista. Semplicemente vedere. La meditazione è un semplice vedere (altra definizione).
Ma è anche un veder giusto. Perché sullo sfondo del corpo si rivela progressivamente una prospettiva insospettata: per la prima volta nella nostra vita cominciamo a realizzare che i pensieri, sentimenti, sensazioni che ci agitano in permanenza o quasi, che ce ne fanno vedere di tutti i colori, non hanno un nucleo, non hanno resilienza. Sono figurine di sabbia, “tigri di carta”, cancellate senza eccezione dal tempo, come i castelli dei bimbi sulla spiaggia».

Chi abbia mai praticato questa forma di meditazione si riconoscerà perfettamente nelle parole di Clerc, così come ne riconoscerà la rappresentazione per immagini data dal regista d’animazione ceco Vojtěch Domlátil nel suo cortometraggio sperimentale Morning.

Non so se Domlátil abbia mai letto Le cose come sono, ma certamente quei pensieri e quelle sensazioni — paragonate alle figurine di sabbia e ai castelli dei bimbi sulla spiaggia — appaiono nei suoi sfuggenti disegni, che pure popolano le visioni e le sensazioni della meditazione: uno scenario inarrestabile, eternamente dinamico, che si compone e si scompone, si gonfia e si sgonfia in figure e idee a volte familiari e altre completamente astratte, mentre il pensiero tenta di non andare alla deriva focalizzandosi su inspirazione ed espirazione, inspirazione ed espirazione, in quei pochi minuti al mattino — prima del rumore, degli impegni, della sovrastimolazione, della fatica — che tentano di dare un senso all’intera giornata, e alla vita stessa.

Classe 1979, assistente professore nello studio di animazione della Západočeská univerzita v Plzni (l’Università della Boemia Occidentale di Pilsen, in Repubblica Ceca), Domlátil evidentemente pratica la meditazione, altrimenti non sarebbe riuscito a rendere tutto questo in maniera estremamente vivida e significativa, come finora non avevo mai visto fare in un’animazione.

Realizzata nel 2019, Morning ha girato per i principali festival del mondo, vincendo diversi premi. Solo di recente è stato reso visibile in forma integrale su Vimeo, conquistando la selezione negli ambiti Staff Picks.
Buona visione e buona respirazione.

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