Cos’è che abbiamo davvero bisogno di sapere? Ce lo spiega un corto d’animazione

L’estrema polarizzazione del dibattito pubblico alla quale stiamo assistendo in questi anni si è portata dietro anche l’estremizzazione di due veri e propri “culti”. Da una parte quello della conoscenza (che spesso, ma non sempre, fa rima con competenza), vessillo dietro al quale marciano “i migliori”, con le lauree e i cv appuntati al petto come medaglie e il segreto (ma non troppo) desiderio di abolire il suffragio universale e dare il diritto di voto solo a chi supera opportuni test di QI. Sul versante diametralmente opposto c’è invece l’orgogliosa rivendicazione dell’ignoranza, bandiera dei populisti e di coloro che ignoranti non sono ma sugli istinti beceri costruiscono il proprio potere e la propria rilevanza politica.

In realtà la conoscenza è sì importante, ma non è il caso di pavoneggiarsi troppo, visto che ci rimane da conoscere la stragrande maggioranza di quel che c’è in cielo e in terra.
Assai più importante del conoscere in sé e per sé è saper fare le domande. Perché, come spiega John Lloyd nel cortometraggio What Do We Need To Know?, «è l’ignoranza a guidare la scienza» e «ogni scemo è capace di trovare risposte», mentre «la gente che pone nuove domande, quelli sono i geni».

Lloyd è uno dei più grandi umoristi britannici, fin dagli anni ’70 produttore e conduttore radiofonico e televisivo, oltre che scrittore e amico e collaboratore di Douglas Adams (che, per chi non lo conoscesse, è stato l’autore di quel capolavoro che è la serie della Guida galattica per autostoppisti). Il video, animato dallo studio canadese TOGETHER, è tratto da un serie intitolata RSA Shorts, prodotta dalla storica Royal Society for Arts britannica, che ha affidato a personaggi dell’arte e della cultura delle mini-lezioni tradotte poi in animazione da artiste, artisti e studi di tutto il mondo.
What Do We Need To Know è del 2014 ma è stato recentemente “rispolverato” dalla bella piattaforma Aeon

Tornando al breve monologo di Lloyd, puntando il dito contro il continuo litigare su cose che non possiamo davvero capire né provare — tipo l’esistenza di dio o l’origine dell’universo — mentre lasciamo da parte cose davvero importanti tipo come andare d’accordo con i propri figli, egli conclude che non è tanto l’intelligenza in sé ad essere importante ma come la si usa. E che c’è qualcosa di persino più importante, cioè la gentilezza.
«La gentilezza è un assoluto. Essere gentili è bene. Punto. Sempre, in ogni circostanza, la gentilezza è meglio di quasi ogni altra cosa».

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