1948—1992: la tesi di laurea di Alessandro Latela sulla comunicazione visiva della Prima Repubblica

Ho già avuto modo di raccontare, in passato, che da bambino io e le mie cugine passavamo pomeriggi a “progettare” giornalini che poi facevamo rilegare all’ago e filo da nostra nonna. In quelle precarie pseudo-riviste non mancavano mai le pagine con gli annunci elettorali. Avendo genitori da sempre molto attivi nella vita politica locale e attenti a quella nazionale, in mezzo ai manifesti c’eravamo cresciutз. Eravamo già ben coscienti che una falce e martello e uno scudo crociato evocavano idee di mondo assai differenti, come completamente diverse erano le persone che conoscevamo e associavamo ai differenti simboli («quello è un socialista», diceva mio padre con un certo disdegno — si era nell’era craxiana — quando gli chiedevo chi fosse colui o colei con cui si era appena fermato a chiacchierare. O «quello è un fascista», mia nonna, sottovoce, nemmeno si trattasse di Voldemort).

Visto il contesto, a noi bambini Sbarbati i simboli, gli slogan e le grafiche dei manifesti dei partiti piacevano da matti. Geometrie, colori, lettering deciso, pochi elementi ma potenti. Imparammo — tanto inconsapevolmente quanto con naturalezza — a leggerne i segni e a destreggiarci nella comprensione dei messaggi, perlomeno a livello basico. PCI, PSI, PSDI, DC, PRI, PLI, MSI, Verdi (il sole che ride era il nostro preferito).
Mentre la Prima Repubblica viveva la sua fase finale, noi, che ancora non lo sapevamo, eravamo lì a disegnarne le tracce che lasciava nei nostri immaginari infantili.
Poi siamo cresciuti, è arrivata Tangentopoli, è arrivato Silvio, e anche il nostro (perlomeno il mio) interesse per l’aspetto visivo della comunicazione politica è sceso a livello rasoterra. Crollato un mondo, quello che lo sostituì incominciò a farmi semplicemente schifo, senza trovarvi alcunché di interessante, nelle immagini come nei messaggi.

(courtesy: Alessandro Latela)

A ridare una bella spolverata ai ricordi, a risollevare l’attenzione e soprattutto a farmi venir voglia di approfondire, è ora arrivato questo mastodontico progetto del giovane designer Alessandro Latela.
Napoletano, con alle spalle una laurea triennale all’Accademia di Belle Arti e una magistrale in Comunicazione e Design per l’Editoria all’ISIA di Urbino, proprio all’ISIA Latela ha discusso la sua tesi (come relatrice ha avuto Silvia Sfligiotti) portando una lunga e complessa ricerca raccolta nel volume 1948—1992. La comunicazione visiva della Prima Repubblica.

Si tratta di un volume di oltre 600 pagine che esamina, mostra esempi e storicizza l’evoluzione della comunicazione visiva nella politica italiana dal dopoguerra al crollo della Prima Repubblica.
Per saperne di più, ho chiesto a Latela — che da pochi mesi fa il progettista grafico presso Landor Milano — di raccontare la sua tesi.

(courtesy: Alessandro Latela)
(courtesy: Alessandro Latela)

INTRODUZIONE

Affissi praticamente ovunque i manifesti parlavano indistintamente a tutti coloro che si trovavano a transitare davanti a essi. A differenza dei comizi, della stampa di partito, e di tutti gli altri strumenti propagandistici che riscuotevano grande successo nei militanti, i manifesti rappresentavano l’unico mezzo con la capacità di travalicare le barriere imposte dall’ideologia e mettere in contatto i partiti con l’intera popolazione.

La ricerca prende avvio da una riflessione sullo stato di salute del manifesto politico in Italia. I miei interessi mi hanno più volte spinto a soffermarmi sulla composizione delle affissioni politiche e sull’elaborazione del messaggio. Una curiosità che mi ha più volte portato a domandarmi quali fossero i flussi dietro la realizzazione di una campagna politica. A ciò si aggiunge anche una questione di scarso appeal verso questa tematica, di un diffuso disinteresse al dualismo grafica/politica di matrice italiana. Così il mio percorso nasce dalla volontà di approfondire una tematica poco trattata a livello accademico, e che in generale riscuote poco successo tra studenti e professionisti.

(courtesy: Alessandro Latela)

MOTIVAZIONI

I primi mesi di ricerca li ho spesi su quello che stava avvenendo negli ultimi anni, ovvero una nuova mutazione della comunicazione politica, di nuovi paradigmi dell’apparire e del presenziare dei leader politici nella vita quotidiana di tutti gli italiani. Ma continuava a mancarmi ciò che era avvenuto prima, mi ritrovavo quindi costantemente ad andare a ritroso per capire le motivazioni di determinate scelte politiche, dei vari cambi di simbolo, della fine e dell’inizio di alcuni partiti, ecc.

(courtesy: Alessandro Latela)

Non avevo una base sufficiente su cui costruire una analisi coscienziosa. Avevo una conoscenza piuttosto frammentata degli eventi politici della Prima Repubblica, ed è per questo che ho deciso di analizzare l’arco temporale che va dal 1948 al 1992, per colmare quelle lacune che non mi consentivano una padronanza della tematica. Per un’analisi della comunicazione politica odierna è inevitabile conoscere a fondo i passaggi fondamentali della storia, di ciò che è venuto prima e che ha influenzato e plasmato il dopo.

(courtesy: Alessandro Latela)
(courtesy: Alessandro Latela)

Se tra gli anni ’70 e gli anni ’80 sono state pubblicate diverse raccolte — alcune realizzate direttamente dai partiti sotto forma di almanacchi — di manifesti politici in cui venivano articolate riflessioni piuttosto interessanti, negli ultimi anni questa tipologia di pubblicazioni è totalmente scomparsa.

I manifesti politici italiani sono bistrattati dagli addetti ai lavori, nonostante in alcuni anni abbiamo raggiunto anche un ottimo livello formale. Veniamo più facilmente a conoscenza di manifesti politici — pure interessantissimi — distanti dalla storia del nostro paese, come ad esempio tutta l’inflazionata produzione del Maggio francese, della rivoluzione cubana, o anche quelli della propaganda di prima e seconda guerra mondiale. Il manifesto politico italiano invece è fuori dalla portata dei radar. Trattato e raccontato più da sociologi, giornalisti, critici d’arte o semplici amatori, che dagli esperti di comunicazione visiva. Probabilmente perché i manifesti — e in generale tutta la comunicazione politica — sono prima di tutto un racconto dei cambiamenti socio-culturali che l’Italia ha attraversato, portato in secondo piano l’aspetto prettamente grafico.

(courtesy: Alessandro Latela)

Il rischio, quindi, è quello di perdere delle tracce importanti sia a livello storico, dato che i manifesti rappresentano documenti, testimonianze di epoche precise, sia a livello visivo dato che la produzione che si è avuta in Italia, durante la Prima Repubblica, è notevole tanto dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
«I manifesti politici sono sicuramente una categoria importante di documenti storici che aiutano a conferire ad un certo periodo quell’intensità emotiva che rimane altrimenti tagliata fuori dai documenti ufficiali»1.

(courtesy: Alessandro Latela)

RICERCA

Il primo passaggio è stato quello di scandire tramite un’infografica gli anni della Prima Repubblica, includendo tutte le legislature e i vari governi che si sono succeduti, segnalando inoltre la nascita e la fine dei principali partiti che sono stati protagonisti nelle vicende politiche italiane.

Ho perso nota degli avvenimenti socio-politici più importanti che hanno avuto ripercussioni sui partiti e sulla politica e, di conseguenza, sulla comunicazione realizzata, differenziando gli anni in cui ci sono state le elezioni nazionali. Questa infografica riassuntiva mi ha permesso di avere costantemente un punto di vista dall’alto, una visione generale dei passaggi fondamentali che si sono succeduti durante la Prima Repubblica.

(courtesy: Alessandro Latela)

Una delle prime problematiche che mi si è presentata è stata quindi la quantità di informazioni a un lasso di tempo molto ampio, che necessitava di una scrematura per poter essere affrontata.
Alcuni filtri erano già chiari: analizzare esclusivamente il linguaggio visivo della politica italiana, trattare solo le elezioni nazionali, concentrare il discorso sui partiti maggiori che inevitabilmente erano anche quelli ad aver prodotto più documentazione. Infine, lo studio della storia e delle maggiori vicende politiche mi ha aiutato affinché segnalassi le elezioni principali su cui soffermarmi.

(courtesy: Alessandro Latela)

Ho così scadenzato la timeline in sei date per me principali: 1948, 1953, 1963, 1976, 1983, 1992. Queste elezioni, per diversi motivi, sono state decisive per la storia politica italiana ed ognuna di esse ha portato con sé tematiche differenti e peculiari. Ma soprattutto questi salti temporali mi hanno permesso di evidenziare meglio i cambiamenti e le mutazioni che sono avvenute nella comunicazione politica, accentuandone gli avanzamenti grafici che altrimenti — attraverso una narrazione più fitta e regolarmente cadenzata — sarebbero risultati eccessivamente diluiti e più difficilmente identificabili.

(courtesy: Alessandro Latela)

Da un punto di vista prettamente metodologico, ho cercato di bilanciare gli avvenimenti politici e sociali con il discorso grafico. Questo per evidenziare la relazione tra le due parti e come i manifesti raccontino non solo l’evoluzione della comunicazione visiva dei partiti, ma anche l’andamento politico. In definitiva parlare solo dell’aspetto grafico avrebbe portato ad un risultato monco, una semplice carrellata di manifesti su cui discutere senza una forte conoscenza del background su cui sono stati realizzati. È anche per questo che sarà più volte evidenziata la strategia adottata dai partiti, che ha sempre più influito sulle scelte estetiche della comunicazione politica. Ogni manifesto è stato realizzato con un fine ben preciso, come un piccolo tassello all’interno di un grande piano che ogni partito, anno dopo anno, elezione dopo elezione, ha strutturato.

(courtesy: Alessandro Latela)

L’inizio della ricerca quindi coincide con le prime elezioni repubblicane, quelle che si svolsero tra il 18 e 19 aprile 1948, una delle più dure e combattute tornate elettorali.
Nel succedersi dei capitoli ho cercato di mantenere una struttura ricorrente in modo da bilanciare gli avvenimenti politici e sociali con l’aspetto grafico e sottolineando come i manifesti raccontino non solo l’evoluzione della comunicazione visiva, ma anche l’andamento politico. Inoltre per ogni capitolo ho individuato dei temi caldi su cui i partiti si concentravano e che venivano dibattuti anche sui muri delle città.

Il panorama legato alle modalità di affissione è uno dei vari approfondimenti che ho creato. C’è infatti parecchio materiale visivo e testuale che documenta le pratiche portate avanti dai militanti per sommergere le città durante la notte, non a caso si parla di ondate. 

(courtesy: Alessandro Latela)
(courtesy: Alessandro Latela)

Questo tipo di approfondimenti tornano spesso lungo i sei capitoli su cui è strutturata la tesi. Ad esempio, è trattato in maniera dettagliata il coraggioso cambio comunicativo del PRI che grazie a Michele Spera rivoluzionerà la grafica politica creando un immagine di partito molto più vicina all’identità delle grandi aziende.

Lavorandoci già dal 1962 la nuova comunicazione rispecchierà la natura elitaria del partito repubblicano italiano che da sempre ha condotto una comunicazione molto mirata, con un immagine intellettuale, non populista e quindi non alla portata di tutti. Spera riuscirà a creare un brand, i manifesti — attraverso una serie di elementi ricorrenti — andranno a definire inequivocabilmente che è il PRI a parlare, staccandosi nettamente da tutti gli altri partiti.

(courtesy: Alessandro Latela)

La ricerca prosegue fino al 1992 e a quelle che sono considerate le ultime elezioni politiche della Prima Repubblica. La comunicazione politica ha ormai tutto un altro sapore, un altro linguaggio. È il linguaggio della pubblicità, che deriva dall’intenso e meticoloso lavoro svolto prima di giungere alla formulazione dell’ormai superato manifesto politico. La campagna elettorale è studiata a tavolino, e questo lavoro è affidato alle agenzie di comunicazione che, dati alla mano, elaborano soluzioni che sono particolarmente vicine — in alcuni casi sovrapponibili — alle pubblicità commerciali che sponsorizzano prodotti di uso quotidiano. Viene meno il botta e risposta, lo scontro tramite immagini e messaggi a cui fino a qualche anno prima i manifesti politici avevano abituato la popolazione italiana. Ma è prima di tutto la società ad essere cambiata e, con essa, i mezzi di comunicazione. La televisione prende il sopravvento e i partiti sembrano non poter far altro che seguire un trend imposto da oltreoceano, annichilendo il discorso politico.

In definitiva, uno dei maggiori intenti del lavoro è stato quello di mettere insieme un vasto archivio di manifesti, che possa tener traccia di un patrimonio visivo, di una produzione enorme, ricca di spunti e fondamentale alla ricostruzione di uno dei periodi storici più importanti per il nostro paese.

(courtesy: Alessandro Latela)
(courtesy: Alessandro Latela)
(courtesy: Alessandro Latela)
(courtesy: Alessandro Latela)
(courtesy: Alessandro Latela)
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