Scarti d’Italia: un viaggio in cerca di frattaglie nell’Italia dei saperi e dei sapori

Era la primavera del 2019 quando Luca Boscardin e Valentina Raffaelli si sono messi a bordo di un furgone camperizzato, battezzato BigBlue per via delle dimensioni e del colore. Da Amsterdam, dove entrambi vivono ormai da tempo, hanno puntato verso sud, con l’intento di fare un viaggio nell’Italia delle interiora, nel senso delle frattaglie — viaggio che però, per due expat come loro, è diventato anche un itinerario nell’Italia interiore, quella che si sono portati dietro da quando hanno piantato le proverbiali tende in un altro paese.

Entrambi designer, Boscardin e Raffaelli si sono conosciuti a Venezia e vivono in Olanda da circa dieci anni: lui progettando giocattoli per bambini (del suo marchio, Bluc, scrissi tempo fa), illustrando libri e disegnando icone per Philips, mentre lei, dopo una carriera da progettista e stylist nell’ambito del design, è dal 2016 che si occupa di cucina, prima nel ristorante Toscanini di Amsterdam e ora organizzando collaborazioni con diversi ristoranti italiani.

Il viaggio


La molla che ha spinto due professionisti già affermati ad affrontare un lungo vagabondaggio di ben dieci mesi, sopra a un accessoriatissimo ma pur sempre scomodo van, è stata una riflessione attorno alla sostenibilità alimentare, all’importanza di utilizzare tutta quella materia prima che purtroppo spesso va sprecata e alle tante tradizioni culinarie povere che ci sono nel nostro paese. L’idea era quella di indagare, documentarsi, registrare e poi raccogliere tutto in un libro.

Valentina Raffelli e Luca Boscardin, “Scarti d’Italia / Italian Scraps”, Corraini Edizioni, 2020
(courtesy: Luca Boscardin e Valentina Raffaelli)

«Arrivavamo nei paesi col furgone, parcheggiavamo nella piazza principale del paese, andavamo a bere un caffè nel bar Sport o nel caffè centrale, e parlavamo della nostra ricerca. […] Tutte le persone sono aperte a parlare di cibo, a parlare di tradizione, a parlare di frattaglie, e lì eravamo indirizzati alle persone di riferimento. Quindi abbiamo incontrato macellai, allevatori, nonni e nonne, che ci hanno raccontato delle tradizioni e dei sapori di un tempo», ha spiegato Boscardin al podcast Pagine d’Italia.

Quel libro alla fine è uscito, si intitola Scarti d’Italia / Italian Scraps e l’ha pubblicato, in doppia lingua italiano/inglese, Corraini Editore.
In quasi 300 pagine il volume si sviluppa contemporaneamente come reportage di viaggio, come ricettario e come raccolta di storie e tradizioni.

Il libro

Arricchito da foto e da illustrazioni (tutte opera di Boscardin, che con i disegni vettoriali è andato a far luce sull’anatomia, mentre coi più espressivi pastelli ha schizzato i luoghi, i momenti, le persone, e le piccole perle di saggezza ascoltate durante il cammino), Scarti d’Italia passa in rassegna bovini e suini, asini e animali da cortile, selvaggina e pesci, e tratta di cervella e fegati, di rognoni e polmoni, di cuori e di rognoni, di animelle, di lingue e di trippe, ma anche delle cosiddette “quasi frattaglie”, cioè zampe, piedini, code, teste e cotenne. Quello che comunemente veniva e viene ancora chiamato il “quinto quarto”, cioè le parti meno nobili che restavano dopo aver ricavato, per chi poteva permetterseli, i quarti più o meno pregiati dell’animale.

Le frattaglie

«Ci siamo resi conto di come l’Italia dei sapori sia anche l’Italia dei saperi e in un momento in cui l’unica risposta alle problematiche di sostenibilità ambientale e di salute sembra essere la totale privazione, la tradizione alimentare del nostro paese ha la risposta. Il cibarsi di parti che qualcuno potrebbe definire di scarto rappresenta un grande rispetto per l’animale che viene sfruttato appieno. È più immorale ammazzare un manzo per mangiare solo il filetto, che esaltarne ogni singolo pezzo. E forse in quest’ottica, una risposta possibile non è la rinuncia totale, ma il ritorno alla tradizione e il recupero degli scarti d’Italia», scrivono Raffaelli e Boscardin sul sito scartiditalia.com, che hanno messo online quando il progetto era appena agli inizi.

Ora, dopo più di dieci mesi e tanti chilometri macinati, quella stessa Italia dei saperi e dei sapori è al centro di un libro che — sebbene sicuramente non conquisterà chi ha sposato la filosofia dell’antispecismo — ha il merito di spingere potenziali lettori e lettrici a riflettere su ciò che consumiamo e come lo consumiamo, oltre che ad assaggiare qualche saporita prelibatezza.

Le illustrazioni

Un messaggio

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