Arriva l’Atlante dei misteri dell’antichità: intervista all’autore, Francesco Bongiorni

Due anni fa, più o meno in questo periodo, usciva per i tipi di Bompiani l’Atlante dei luoghi misteriosi d’Italia. Ne scrissi qui, colpito innanzitutto dall’illustrazione di copertina, che rappresentava un luogo che conosco bene, essendo nato da quelle parti.
Autore di quell’immagine era Francesco Bongiorni, illustratore milanese ormai conosciuto in tutto il mondo, richiesto dagli art director di alcune tra le testate più prestigiose — New York Times, Guardian, Washington Post, Wall Street Journal, Le Monde — e vincitore, ad appena 36 anni, di così tanti premi che ci si potrebbero già riempire un paio di bacheche.

Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, Bompiani Editore, 2020

Quell’atlante — realizzato a quattro mani (due scriventi e due disegnanti) insieme al giornalista, scrittore, divulgatore scientifico ed “esploratore dell’insolito” Massimo Polidoro — si è rivelato essere solo il primo di una collaborazione che ora prosegue con un altro libro, appena uscito col medesimo editore: l’Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità.

Dalla magica Petra, ai misteriosi monoliti di Stonehenge; dai giardini pensili di Babilonia ai disegni giganti sulle Ande; dalle monumentali grotte di Maijishan agli inquietanti cancelli di Plutone; dall’Isola di Pasqua alla Biblioteca di Alessandria: Bongiorni e Polidoro ci portano in un viaggio nello spazio, attraverso i continenti, e nel tempo, fino alla preistoria, raccontando alcune delle vicende che hanno reso e che rendono ancora un po’ magico quel breve tragitto — per lo meno se paragonato all’intero orologio geologico del nostro pianeta — che è la storia dell’uomo.

Per saperne di più, qualche giorno fa ho raggiunto al telefono Bongiorni, che ormai da anni vive in Spagna, e in una lunga chiacchierata di quasi tre quarti d’ora mi sono fatto raccontare della sua passione per i misteri, di tutto il lavoro che c’è dietro a un libro come questo, della quarantena madrileña, della sua passione per l’incisione, e delle “mappe segrete” che tiene sul suo smartphone.

Yonaguni Monument, Giappone
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)
Tiahuanaco, Bolivia
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)

Dopo l’Atlante dei luoghi misteriosi d’Italia, questo è il secondo libro. Ormai abbiamo una vera e propria serie.

Sì, stiamo andando avanti. Nel l’altro libro i “misteri” erano senso lato: c’erano esseri leggendari, mostri, luoghi abbandonati, luoghi legati alla storia d’Italia, a qualche evento macabro o cose del genere.
Quest’anno invece abbiamo puntato su un atlante mondiale che raccoglie i misteri del mondo antico. Volevamo da un lato dare un respiro internazionale e dall’altro concentrare gli sforzi sulla tematica dell’antichità, per raccontare luoghi e leggende in qualche modo affini tra loro. Anche se nel libro si trovano misteri diversissimi e vari, vi è tra di essi il denominatore comune del mondo antico.

So che il primo libro fosti tu a volerlo fortemente. Anche in questo caso è stata una tua idea?

Il primo libro nacque perché avevo il sogno di poter disegnare qualcosa di mio. Un illustratore di solito ha a che fare con delle deadline che riguardano tematiche e messaggi che, nel bene o nel male, non sono i suoi.
Ti faccio un esempio: dal Washington Post mi contattano per un articolo da illustrare, mettiamo, per giovedì. Ora, l’articolo da illustrare può parlare di un argomento che personalmente trovo noiosissimo. Il ruolo dell’illustratore è quello di interpretare l’articolo o il testo che ci viene proposto e creare un immagine che rappresenti il cuore del messaggio. Non fraintendermi, questo lavoro mi piace e lo svolgo con passione. Tuttavia, alla lunga, il rappresentare dei messaggi che non ci appartengono del tutto, può annoiare. Illustrare misteri era qualcosa che mi permetteva di parlare di ciò che mi appassiona. Raccontare un messaggio che venisse da una parte di me e non dalla necessità di un cliente.

Stonehenge, Regno Unito
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)

A me, più che disegnare, piace “raccontare” attraverso il disegno, che è una cosa un po’ diversa.

Certo, tu puoi lavorare quanto vuoi sulla tua visione del concetto, ma questo arriva comunque da qualcun altro.

Esatto. E a me, più che disegnare, piace raccontare attraverso il disegno, che è una cosa un po’ diversa. Ovviamente amo il disegno puro e semplice in sé, ma quello che veramente mi motiva, che mi fa scatenare, è poter anche raccontare qualcosa che mi appassiona.
Avevo quindi da tempo il desiderio di fare delle illustrazioni dedicate a qualche argomento a me caro. Pensai di contattare Massimo Polidoro, un giornalista, scrittore e divulgatore scientifico che si occupa di misteri e di svelare le bufale (è anche fondatore e segretario nazionale del CICAP). A me piace molto il suo lavoro e gli proposi, appunto, di fare qualcosa insieme, qualcosa legato ai misteri d’Italia. Lui fu subito ricettivo. Pensammo di proporre il libro alla casa editrice Bompiani, che fu subito interessata, e il volume uscì fuori in poco tempo.

Avete contattato Bompiani per via di tutta la serie degli Atlanti (delle Isole remote, delle città perdute, ecc.)?

Sì, abbiamo subito pensato a Bompiani per questo motivo. Quei libri li collezionavo già, quindi mi piaceva l’idea di fare qualcosa di simile.
Volevo innanzitutto creare, molto egoisticamente, un libro che piacesse a me. Avevo molto chiaro il target di lettore, perché sono io stesso quel tipo di lettore.

Ho letto in una tua intervista di qualche anno fa, su Osso Magazine, che il tuo sogno era quello di produrre un libro di disegni di paesi fantasma. Quindi più o meno ci sei riuscito.

In realtà qualche illustrazione di quel progetto ce l’ho già pronta. E nascosta. Non l’ha ancora vista nessuno. Magari, un giorno…

Il colosso di Rodi, Grecia
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)

Mi sono preso quasi una settimana libera, e in quella settimana sono andato nella biblioteca di Madrid. È un posto gigantesco, alla Indiana Jones, tutta di legno, con le navate: bellissima.

Come mai questa passione per il mistero?

Sono due le passioni: i misteri e i luoghi. Mi lascio suggestionare dai posti in cui è successo qualcosa. Ad esempio, se vado su una montagna e so che lì c’è stata una battaglia, o magari ci hanno abitato degli eremiti, vivo il luogo molto più intensamente.
Sarà la mia immaginazione, ma mi emoziono.

Quindi immagino che tu vada sempre in giro con delle guide o con Wikipedia per sapere cos’è successo nel posto in cui ti trovi.

Una delle mie ultime “malattie” è quella di creare delle mappe su Google Maps con i luoghi che voglio andare a vedere. Ne ho una dell’Italia e una della Spagna, dato che vivo a Madrid da dodici anni.
Quando giro le ho sempre con me e ci tengo appuntati link e informazioni.

Dovresti venderle! Gli itinerari curati da Francesco Bongiorni.

Mi piacerebbe, forse un giorno lo farò. Per adesso sono link di altri che copio e metto nei segnalibri.

Scommetto che sei un fan del sito Atlas Obscura.

Sì, molti dei link su quelle mappe vengono da lì. Quando vado in una nuova città, riesco sempre a passare in uno di questi posti, che magari ho scoperto anni prima e che ho annotato.

Per quanto riguarda, invece, i luoghi per l’Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità: come li avete scelti?

È una bella storia. Mi sono preso quasi una settimana libera, e in quella settimana sono andato nella biblioteca di Madrid. È un posto gigantesco, alla Indiana Jones, tutta di legno, con le navate: bellissima.
Lì puoi consultare anche i libri antichi, ovviamente facendone richiesta.
Ho cominciato a spulciare molti volumi, per prendere qualche spunto, e ho segnato tutta una serie di luoghi interessanti, con storie che potevano funzionare.
Naturalmente l’elenco è stato poi visto e rivisto sia da Bompiani che da Polidoro, e insieme abbiamo fatto una selezione.

Candelabro de Paraca, Perù
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)

La ricerca corre su due binari. Innanzitutto certo foto attuali del luogo, e poi provo a recuperare, per quanto possibile, immagini d’epoca.

E per quanto riguarda la ricerca iconografica?

La ricerca corre su due binari. Innanzitutto certo foto attuali del luogo, e poi provo a recuperare, per quanto possibile, immagini d’epoca.
Ti faccio un esempio: c’è un mistero che si chiama Le navi di Nemi. Quello di Nemi è un piccolo lago, non lontano da Roma, sui castelli romani, e lì giravano delle leggende in cui si parlava, tra la gente del luogo, di due navi gigantesche. A inizio secolo hanno fatto delle ricerche e sul fondale hanno effettivamente trovato due enormi navi romane. Ovviamente non se ne capiva il motivo. Si pensa fossero una sorta di residenza estiva dell’imperatore o comunque dei luoghi di piacere anche se alcune teorie più recenti le indicherebbero come navi dedicate cerimoniali.
Ad ogni modo, mi servivano immagini del lago di Nemi oggi, e poi delle navi romane, per capire come rappresentarle, per essere abbastanza accurato a livello storico.

A proposito di accuratezza: nell’intervista che hai fatto con Picame durante la quarantena, dicevi che, proprio per via della pandemia, hai avuto — cito «una calma e un’attenzione ai dettagli che non conoscevo prima».

La quarantena è stata improvvisa per tutti ma, visto che in Spagna l’emergenza è arrivata dopo, ho avuto qualche giorno per prepararmi, dato che immaginavo che prima o poi si sarebbe decretato il lockdown anche a Madrid. Gli ultimi giorni di febbraio, io e mia moglie dovevamo rientrare in Italia, a Caserta.
Erano i primi giorni in cui i casi aumentavano. Leggevamo sui giornali che forse avrebbero chiuso gli aeroporti, sospeso Schengen. Noi, preoccupati, il giorno dopo abbiamo preso un aereo per tornare a Madrid. In Italia era già scoppiato l’inferno, a Madrid ancora no. Immaginavo che anche in Spagna avrebbero presto chiuso tutto, invece la vita continuò normalmente per altre due settimane. Vista l’aria che tirava, tuttavia, pensai di auto-isolarmi, anche perché avevo viaggiato e non volevo rischiare di infettare qualcuno.
Appena arrivato a Madrid, alle 5 o alle 6 del mattino prima che aprisse tutto, sono andato a prendere le mie cose nello studio che ho in centro e che condividevo con altre persone. Ho recuperato tutto e l’ho portato a casa per poter lavorare e isolarmi per un paio di settimane, finite le quali anche qui è cominciata la quarantena.
Durante la mia “pre-quarantena” mi sono quindi trovato a casa a lavorare tranquillo, con molta calma, avendo per fortuna questo progetto da portare avanti, che mi ha tenuto occupato anche a livello mentale.

Il meccanismo di Anticitera, Grecia
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)

Faccio delle bozze veloci, davvero microscopiche, di solito di 2 o 3 cm per lato. È utilissimo per la composizione.

Come lavori, tecnicamente?

Solitamente, quando lavoro, faccio tre o quattro bozze, che poi mando al cliente. Ricevuti i suoi feedback, inizio a fare il definitivo.
In questo caso, essendo un autore, ho avuto la massima libertà, quindi non c’è stata la fase degli schizzi. Ovviamente l’editore ha dato consigli e commenti, e alcune tavole le ho cambiate, altre le ho rifatte.
Questa grande libertà mi ha permesso di “esplorare” più del solito. Quando avevo già le idee chiare, partivo subito col disegno definitivo, ma ho amato molto anche i momenti in cui non avevo ancora un’idea precisa, e potevo costruire l’immagine pian piano.

Le bozze le disegni a matita?

Sì, faccio delle bozze veloci, davvero microscopiche, di solito di 2 o 3 cm per lato.

Delle miniature.
L’hai sempre fatto? Oppure è una pratica che è scaturita dall’aver disegnato francobolli?

L’ho imparato con l’esperienza, non è stata una cosa che mi è stata insegnata fin da subito — in realtà mi sarebbe piaciuto molto saperla già all’inizio della mia carriera.
L’utilità di questo procedimento l’ho scoperta da solo, lavorando, ma è comunque una cosa abbastanza conosciuta tra i professionisti. È utilissima per la composizione: quando lavori in grande, devi sapere dove va ogni elemento, e quindi, se ti chiarisci le idee con una miniatura, questo ti permette di risparmiare un sacco di tempo e andare poi a colpo sicuro.

È come guardare da lontano.

Sì. Ultimamente ho iniziato ad insegnare in un’accademia di Madrid e la prima lezione la dedico sempre ai bozzetti e ai pre-bozzetti, queste “icone” piccolissime e utilissime.

L’armata perduta di Cambise, deserto libico
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)

Ultimamente passo l’immagine avanti e indietro tra Mac e iPad. Un po’ di Photoshop e un po’ di Procreate, che sono i due software principali con cui lavoro.

E dopo la miniatura?

Dopo faccio un disegno preparatorio molto grezzo, di solito con l’iPad, e poi, ultimamente, passo l’immagine avanti e indietro tra Mac e iPad. Un po’ di Photoshop e un po’ di Procreate, che sono i due software principali con cui lavoro, perché ognuno ha le sue caratteristiche e mi piace sfruttare quelle di entrambi.

Parlami dei colori. L’Atlante dei luoghi misteriosi d’Italia era più crepuscolare. Questo lo trovo più “soleggiato”.

La paletta cromatica dell’Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità è molto più ampia di quella del volume precedente.
Nell’Atlante dei luoghi misteriosi d’Italia c’erano due o tre colori e una serie di tonalità intermedie. Andava bene per quel tipo di atmosfere.
In questo caso ci sono due palette: una più calda, che è quella usata ad esempio per la copertina, e comprende tantissimi colori terra, ocra, rossi, color ruggine; e una più fredda e malinconica, “umida”, più sul verde acqua e sul violaceo. Nel libro alterno ritmicamente entrambe.

In copertina c’è Petra.

Sì, rappresenta l’arrivo a Petra di Johann Ludwig Burckhardt. Erano i primi dell’800, il luogo era stato praticamente dimenticato, qualcuno pensava addirittura che non esistesse e lui, studiando i vecchi manoscritti e le leggende, è andato a cercarla e l’ha trovata.

Prima hai raccontato della tua ricerca iconografica: della ricerca di foto contemporanee e immagini antiche. Su cosa ti sei basato per realizzare quella bella prospettiva?

Devi sapere che da Bompiani sono molto precisi e meticolosi. La classica rappresentazione di Petra, quella che si trova su 100.000 cartoline, è quella vista da un canyon. Quando ho mandato la tavola, mi hanno quindi fatto notare che nella copertina che avevo loro proposto il canyon era — per così dire — chiuso. Ovvero, anziché avere le due pareti, avevo rappresentato un arco. In realtà, andando a cercare su Google Maps e su altre foto del luogo, ho trovato che c’è effettivamente una specie di nicchia.
Alla fine, dunque, abbiamo deciso di tenerla così, perché oltre ad essere molto efficace, è anche “corretta” dal punto di vista paesaggistico.

I Giardini pensili di Babilonia, Iraq
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)

C’è una sorta di regola matematica: ti arrivano cinque progetti che si accavallano e poi, puntualmente, arriva anche il sesto, che è il più figo di tutti, e devi saper dire di no.

Hai una storia preferita, tra quelle raccolte nel libro?

Mi piace molto la storia dei cancelli di Plutone, in Turchia. Si tratta di alcune rovine riscoperte in tempi recentissimi da un team di archeologi italiani, ma delle quali esistevano numerose prove scritte. La più interessante è forse quella di Strabone: «Questo spazio è pieno di un vapore così nebbioso e denso che si può a mala pena vedere la terra. Ogni animale che vi passa dentro incontra una morte immediata. Vi ho tirato dentro dei passeri e immediatamente hanno tirato il loro ultimo respiro e sono caduti».
Come si intuisce da queste parole, i cancelli di Plutone erano un luogo dove venivano fatti dei sacrifici animali. Le bestie venivano condotte nella grotta in un drammatico cerimoniale e, pochi minuti dopo, trascinate all’esterno, morte. Non era necessario che ci fosse  qualcuno che le ammazzasse, gli animali perivano da soli una volta entrati nella “bocca dell’inferno”, così com’era anche conosciuto quel luogo. La causa, si scoprì, era dei fumi di diossido di carbonio che uscivano dal terreno. Poi c’è la storia del mokele mbembe, un leggendario criptide africano, una sorta di mostro di Loch Ness congolese. E il Cenote sagrado de Chichén Itzá, una voragine nel terreno, in Messico, dove si facevano sacrifici umani. Un archeologo americano, Edward Herbert Thompson, che era anche console dello Yucatán, lo fece dragare e vi scoprì ossa, monili e vasellame.

Sei conosciuto in tutto il mondo, hai il tuo stile, hai vinto premi, non devi dimostrare niente a nessuno. Se provi a guardare indietro, pensi di aver fatto un percorso lineare o accidentato?

Sicuramente accidentato. È un lavoro molto, molto complicato. Lavorando da soli ci si trova spesso faccia a faccia con un sacco di decisioni da prendere e con insicurezze personali e lavorative che sono all’ordine del giorno.
C’è poi una sorta di regola matematica: ti arrivano cinque progetti che si accavallano e poi, puntualmente, ecco che arriva anche il sesto, che è il più figo di tutti, magari una pubblicità per un cliente prestigioso, e tu sei già pienissimo di lavoro e devi saper dire di no.
Un progetto come quello dell’atlante, invece, lo considero come una boccata d’aria fresca. Per me è una sorta di pausa creativa: non prendi altre commissioni, ti dedichi completamente a quello, e in qualche modo ricarichi le pile facendo qualcosa che ti piace e che ti consente di sperimentare.

I cancelli di Plutone, Turchia
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)

L’incisione è il linguaggio visivo che più mi strega. Se dovessi farmi un’analisi psicologica da due soldi, credo che il motivo stia nella capacità dell’incisione di raccontare e di spiegare.

Prima hai detto di aver lavorato all’Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità durante il lockdown. Quando l’hai finito?

In realtà ho iniziato a lavorarci a dicembre, al principio solo nei tempi morti: tra un lavoro e l’altro cominciavo a studiare le immagini. Durante il lockdown ho lavorato totalmente sul libro, complice anche il fatto che gli altri clienti in quel momento erano spiazzati dalla pandemia e avevano sospeso molti progetti. Ho quindi avuto la fortuna di poter concentrarmi sull’atlante senza dove rinunciare a tante commissioni.
L’ho finito più o meno quando finiva il lockdown. In estate sono rientrato in Italia e ho lavorato sulla riequilibratura dei colori, perché volevo essere sicuro che la stampa andasse bene. Ogni carta, ogni stampante ha un suo mondo. Loro, da Milano, mi mandavano le prove colori e io, in base a quelle, provavo finché non ottenevo la profilatura dei colori ottimale.

In una intervista che hai fatto con Base Milano, quando sei stato lì in residenza, parlavi dell’incisione come forma espressiva che ti piace di più.

È il linguaggio visivo che più mi strega. Se dovessi farmi un’analisi psicologica da due soldi, credo che il motivo stia nella capacità dell’incisione di raccontare e di spiegare.
Pensa alle antiche incisioni, con i loro dettagli meticolosi. Pensa all’importanza che hanno avuto per la conoscenza del mondo, del corpo, degli animali.
Un po’ di tempo fa sono stato a una lezione di storia all’Universidad Complutense de Madrid, dove ogni tanto fanno dei corsi, molto brevi, a cui può assistere chiunque.
Era una lezione di tre giorni sugli animali leggendari. Ci andai per prendere un po’ di spunti, e c’era un professore che spiegava una cosa interessante, e cioè che spesso quelle creature fantastiche nascevano a causa degli scambi tra i frati, che scrivevano, e gli incisori e i miniatori, che disegnavano. Ad esempio: metti che un viaggiatore andava in Africa, tornava e descriveva a parole un rinoceronte…

Ah, certo, uscivano delle cose pazzesche.

Un incisore come faceva a rappresentarlo? Prendeva quel testo, che diceva «ha un corno sulla fronte», allora lo disegnava e quello stesso disegno magari veniva descritto a parole in un nuovo trattato, che poi veniva a sua volta disegnato.

Un po’ come il gioco del telefono senza fili.

A proposito di incisioni, me ne sono comprata, per “capriccio”, una bellissima. È di Federica Galli, un’artista che è morta qualche anno fa. Lei fece un lavoro eccezionale: andava nei giorni di neve o di nebbia nei cascinali della bassa padana e incideva lì sul posto, direttamente sulla lastra. Fece anche una serie sugli alberi monumentali d’Italia. Lo trovo molto affine a ciò che amo: raccogliere dei luoghi, rappresentandoli.

Maijishan, Cina
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)
I tesori del Cenote Sagrado di Chichén-Itzá, Messico
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)
Cahokia, USA
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)
Isola di Pasqua, Cile
Tavola tratta da “Atlante dei luoghi misteriosi dell’antichità”, di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro, Bompiani Editore, 2020
(courtesy: Francesco Bongiorni)
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