XYZ2020 SuperNòva: un laboratorio di ricerca e co-progettazione a Novara

Intervista ad Alessandro Tartaglia de La Scuola Open Source

Tutto cominciò nel 2013, con un laboratorio di ricerca e co-progettazione. Si chiamava X–Una variabile in cerca d’identità e, col senno di poi, la si può definire una “singolarità”, qualcosa che contiene già al suo interno il potenziale per far deflagrare un universo. E infatti è andata più o meno così.

La x, da variabile, esplose in forma cartesiana, diventando un asse, al quale si aggiunse la y, nel 2014, nell’XYLAB. Mancava solo l’asse z per raggiungere la piena tridimensionalità, e quella è arrivata nel 2015 quando il gruppo informale de La Scuola Open Source, radunatosi attorno alle esperienze precedenti, ha vinto — unico progetto del Sud Italia a farlo — il bando istituito da cheFare. In quel momento il metodo XYZ, fondato sulle tre direttrici di identità, strumenti e processi è diventato realtà, mettendo assieme una vera e propria comunità di — cito dall’abstract di SOS — «artigiani digitali, maker, artisti, designer, programmatori, pirati, progettisti, sognatori e innovatori».

Prossimamente la Scuola Open Source organizzerà un intenso laboratorio di 7 giorni a Novara, dal 21 al 27 settembre, presso il nuovo spazio culturale Nòva, sorto in un’ex caserma militare.
Saranno 7 giorni di co-progettazione e ricerca, completamente gratuiti, con 60 partecipanti e 12 docenti.
Con XYZ2020 SuperNòva una nuova esplosione è già nell’aria, e io ho pensato di intervistare Alessandro Tartaglia, che conosco ormai da quasi 15 anni ed è uno dei fondatori di SOS.


Alessandro, raccontami un po’ com’è cominciato tutto.

Con X e poi con XYLAB noi abbiamo fatto degli esperimenti. Dal punto di vista del metodo, abbiamo trovato qualcosa. Però all’epoca non avevamo capacità né capitali per proseguire in quella direzione.
Nel 2015 ci siamo messi a studiare, e abbiamo partecipato al bando cheFare, vincendolo, e avendo in questo modo accesso a 50.000 Euro e a una serie di reti, che abbiamo utilizzato per strutturare SOS, la Scuola Open Source, che nella nostra idea era una specie di soggetto abilitante per fare XYZ tante volte.

XYZ 2016, Bari, evento finale (courtesy: SOS)

Per quello che ho potuto vedere io, da lontano, SOS è un progetto in continua evoluzione, che “emana” un continuo flusso di stimoli e belle vibrazioni, sia culturali che umane.
Qual è il bilancio, finora, di questa esperienza?

È una domanda difficile, perché ci sono molti modi per rispondere. Ne userò due, uno quantitativo e uno qualitativo.

Cominciamo con quello quantitativo.

Circa 3000 ore di didattica auto-organizzata, dal basso, in quattro anni. Qualche centinaio di corsi. Qualche migliaio di ragazze e ragazzi che hanno transitato in SOS da tutta Italia.
Per una realtà che non ha alcun partner forte, né istituzionale né di capitale, sono numeri importanti, soprattutto se pensiamo che tutto questo è stato fatto al Sud, dove di solito la gente va via. Molti vengono per brevi periodi perché quello che facciamo qui non si fa da altre parti, in Italia.
Addirittura nove persone si sono trasferite a Bari, per “colpa” nostra. 

XYZ 2016, Bari, primo giorno (courtesy: SOS)
XYZ 2016, Bari, epifanie (courtesy: SOS)

Cos’è che fate, che non si fa altrove?

Questa è la parte qualitativa: penso al design generativo e parametrico. Penso alla contaminazione tra il mondo del making, del disegno dell’interazione, del disegno del prodotto. Penso anche a tutto il lavoro che facciamo sul service design e la ricerca etnografica. E poi le intersezioni tra design, sociologia, economia…
Nel frattempo abbiamo traslocato due volte, e di volta in volta le cose che spostiamo sono sempre di più e diventa sempre più faticoso.

Da poco SOS è diventata cooperativa, giusto?

Sì, ora siamo nel mezzo di una fase complessa, perché siamo diventati cooperativa, con quasi 80 soci. Ci stiamo riorganizzando e in più stiamo lavorando alla nuova programmazione didattica che dovrebbe iniziare in autunno. E in tutto ciò c’è stata l’epidemia.
La nuova sede è Spazio 13, sempre a Bari. È un “contenitore” di realtà a vocazione sociale. Dentro ci sono una cucina, una falegnameria, un teatro, e tutta una serie di servizi a disposizione del quartiere.

XYZ 2019, Cerreto Sannita, eretica sans elements (courtesy: SOS)
XYZ 2019, Cerreto Sannita, t-shirt do-it-yourself (courtesy: SOS)

Vi immagino come un organismo in costante mutazione che ingloba e rilascia pezzi di continuo.

Noi siamo ancora un esperimento. Ogni tanto le cose sembrano stabilizzarsi, poi ci sono momenti di grande accelerazione in cui cambia tutto. Per esempio durante il periodo del Covid abbiamo lavorato molto a livello organizzativo, poi una volta conclusosi il lockdown, nel giro di 15 giorni sono partiti tre progetti, tutti e tre su Novara, a 1000km da qui.

Come mai proprio Novara? Ho visto che come FF3300 avevate lavorato all’identità visiva di Nòva.

Sì, proprio in quell’occasione ebbi modo di conoscere il gruppo di lavoro di Nòva e loro di conoscere SOS. Invitarono quindi SOS a partecipare alle tre gare pubbliche del Comune. Le abbiamo vinte tutte e tre.
Uno è un progetto di ricerca sul rapporto tra anziani e giovani di Novara che non studiano e non lavorano. Il secondo è un programma di potenziamento dell’organico che gestisce il bene comune Nòva, attraverso un percorso di formazione e arricchimento del gruppo. Il terzo è, appunto, XYZ2020 SuperNòva.

XYZ 2019, San Vito dei Normanni, il Metodo Favoloso (courtesy: SOS)
XYZ 2019, San Vito dei Normanni, il Metodo Favoloso (courtesy: SOS)

Parliamo di questo: XYZ. Sul sito del progetto descrivete i tre assi come identitàstrumenti e processi.

La questione di fare dei laboratori in cui ci sono gruppi con competenze diverse che cooperano, insistendo su una sfida comune, è ormai una prassi consolidata dentro a SOS da quattro anni.

Chi sono quelli che potenzialmente possono essere interessati a iscriversi?

Al netto dei “paroloni” che usiamo noi sul sito, ci sono tre tipi di persone: nel gruppo X quelle legate al mondo del design e della comunicazione, che hanno studiato discipline del progetto; nel gruppo Y maker e smanettoni, degli artigiani che pensano, degli architetti con le mani felici; il gruppo Z invece ha un ventaglio un po’ più ampio, e di solito ci finiscono sociologi, economisti ma anche designer pentiti, community manager, persone che hanno sviluppato un interesse maggiore per degli output immateriali, piuttosto che di tipo fisico o visivo.

La mappa concettuale di XYZ2020 SuperNòva (link)

Quindi fin dall’inizio si sceglie l’asse al quale appartenere?

Al momento dell’iscrizione si sceglie il gruppo, ed è più che altro una cosa che a noi serve per avere un certo equilibrio tra i partecipanti. Però, durante i laboratori, i gruppi si mescolano e nascono sottogruppi ibridi.

È come quando si giocava a calcio per strada e si facevano le squadre: se io dicevo di essere difensore, poi magari in partita giocavo davanti ma questo serviva, a chi costruiva la squadra, per avere tutti i ruoli coperti e non solo attaccanti o solo difensori. Perdonami la metafora [ride, ndr].

Metafora insolita ma efficace.
Come scegliete i docenti?

Abbiamo due criteri. Uno è la stima, e questa funziona per prossimità perché se non conosco affatto una persona è difficile che possa provare stima. Il secondo è la capacità di una persona di stare nel caos senza esserne travolta.
Uno degli aspetti più difficili per i docenti, durante XYZ, è la gestione della complessità. E non si tratta solo di complessità progettuale ma anche delle relazioni, delle sensibilità.
Poi c’è anche da dire che molto dipende anche dalle richieste che la committenza fa alla Scuola Open Source. Ad esempio in XYZ2020 SuperNòva abbiamo anche un’artista, Chiara Dellerba, che è specializzata nel lavorare con processi e procedure che prevedono la partecipazione dei cittadini, questo perché nella richiesta c’era un riferimento a una progettazione e realizzazione di un’installazione che fungesse un po’ da landmark per indicare alla città l’esistenza di uno spazio culturale come Nòva. In questo caso non ci sembrava giusto invitare un artista che avrebbe dato un’impronta particolarmente autoriale, preferendone una capace di lavorare in gruppo e di fare un po’ da server per gli altri.

XYZ 2016, Bari, il designer della comunicazione e docente Giovanni Lussu tra gli studenti (courtesy: SOS)

Chi uscirà da queste giornate di XYZ2020 SuperNòva, come lo farà? Che ne sarà delle loro teste?

È una bella domanda. Non ho la sfera di cristallo per dirti cosa succederà, ma posso dirti cos’è successo ad alcuni partecipanti, in passato. Molti dicono che gli ha cambiato la vita, e questo vale anche per i docenti. Sicuramente il numero di possibilità che ci vengono offerte, sia materiali sia cognitive, in quel periodo aumenta in modo esponenziale, così come aumentano le persone con le quali si viene in contatto. C’è gente, che dopo, ha deciso di mettersi in affari insieme. C’è gente che ha deciso di lasciare la scuola, gente che ha deciso di riprendere la scuola. Qualcuno si è pure innamorato.
Gli effetti possono essere dei più vari ma certamente avviene una scossa profonda, che è una scossa anche politica e ideologica. Il fatto di essere messi in un contesto così avulso da tutto il resto, così diverso dai contesti di formazione canonica, e vedere che in una sola settimana è possibile arrivare a fare ciò che facciamo, molto spesso trasforma, per chi prende parte a questo processo, la percezione del possibile.

XYZ 2019, Cerreto Sannita, riunione plenaria (courtesy: SOS)
XYZ 2017, Bari, ricerca sul marciapiede (courtesy: SOS)

Al di fuori dell’Italia ci sono realtà come la vostra con cui scambiare esperienze e metodi?

Sì, periodicamente facciamo una sorta di mappatura dei posti come SOS in giro per il mondo. Il più delle volte si tratta di esperienze informali o frutto di esperienze a loro volta radicali, politiche. Spesso sono realtà temporanee perché, come ho detto all’inizio, la parabola che si segue è simile per tutti: faccio una cosa, temporanea e precaria, vedo come va, ne faccio un’altra, un’altra ancora, e quando ci si rende conto di aver trovato qualcosa di importante si prova a strutturare e a creare un percorso più stabile.
Capita così in molti progetti culturali, ed è completamente diverso rispetto a quelle situazioni in cui c’è già un capitale e solo dopo si progetta l’innovazione culturale.

Credo che SOS sia già un caso studio a cui ispirarsi. Vista l’atmosfera che si respira da voi, e i tanti stimoli che arrivano a chi partecipa, mi fa pensare a un’alta possibilità di gemmazione, cioè che studenti o docenti possano far proprio lo spirito e a loro volta creare realtà simili.

Hai beccato in pieno il motivo strategico di tutto il nostro lavoro. Il nostro obiettivo è dare l’esempio.
Visti i presupposti politici che motivano il nostro agire, è impossibile che la nostra azione esaurisca la necessità. La ragione per cui noi stiamo facendo ciò che facciamo è che, attraverso le nostre azioni, ogni volta, per alcuni, noi spostiamo un po’ la linea del possibile.
Dare l’esempio riproduce l’idea che certe cose possano succedere. E se c’è un numero sufficiente di persone che credono che certe cose possano accadere, poi accadono davvero.

XYZ 2019, Cerreto Sannita, il gruppo X al lavoro (courtesy: SOS)
XYZ 2019, Cerreto Sannita, il gruppo Y al lavoro (courtesy: SOS)
XYZ 2019, Cerreto Sannita, il gruppo Z al lavoro (courtesy: SOS)
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