Stay At Home: tre parole per entrare in trance, con l’animazione di Davide Bart Salvemini

Le preghiere, i canti rituali, i ritmi tribali, la musica elettronica, i giochi di luce: da millenni l’uomo sa come usare la ripetizione sonora e visiva per accedere a stati altri, di coscienza e di percezione, per uscire da sé ed entrare in contatto col divino, in risonanza con la natura, in viaggio dentro ai luoghi inesplorati della propria mente. La trance come porta d’ingresso a ciò che — per la stragrande maggioranza di noi — nel quotidiano è celato, coperto da un velo impalpabile quanto impenetrabile.

Consapevolmente o meno, con o senza l’aiuto di sostanze naturali o chimiche, chiunque può staccarsi dal flusso interminabile dei pensieri e andare alla deriva oltre le membrane della realtà sensibile. Alcuni di noi, tuttavia, sono più — chiamiamoli così — ricettivi, e uno di questi è sicuramente l’illustratore, designer, fumettista e animatore Davide Bart Salvemini.
Non è difficile, scorrendo la sua ricca produzione, densissima di informazioni visive — evidenti o sotterranee, eclatanti o nascoste —, accorgersi di come il percorso artistico e personale di Salvemini lo abbia condotto a una piena coscienza di quelle sottili connessioni invisibili che esistono tra gli elementi, sviluppando un immaginario che si articola e comunica su diversi livelli. Per l’occhio di chi guarda, il premio è tanto più considerevole quanto più ci si sforza di entrare in sintonia e in sicronia con i viaggi mentali dell’autore.

(courtesy: Davide Bart Salvemini)
(courtesy: Davide Bart Salvemini)

Cosa c’era da aspettarsi da Salvemini, in questo tempo di quarantena, dunque, se non qualcosa di completamente diverso da tutto il resto? Quel che è risuonato, in lui, fino a indurre alla trance, sono le parole — le tre parole che continuano e continuiamo a ripeterci, ovunque, con ogni voce e formato possibile: Restiamo. A. Casa. Stay At Home, che è anche il titolo di un allucinato cortometraggio d’animazione.
«Un piccolo esperimento», lo definisce l’artista. E, paradossalmente, «un gioco per rimanere saldi con la testa».

Spiega Salvemini: «sono ormai due mesi che a causa dell’epidemia Covid-19 le nostre case si sono trasformate nel centro costante della nostra quotidianità. Il nostro mondo, la nostra realtà e la nostra vita sociale si sono ristrette nei confini artificiali concessi dalle mura delle nostre case. La cucina diventa lo studio, le camere da letto e i salotti si trasformano in cinema e pub dove guardare film proiettati, festeggiare compleanni da reclusi con alcool scadente e passare le ore con giochi da tavolo ormai distrutti dall’usura». E aggiunge: «le nostre case si sono trasformate con il passare dei giorni in micro mondi, ognuno diverso dall’altro ma allo stesso tempo legati dal disagio auto-inflitto col nome di #stayathome. Un hashtag, solo tre misere parole che, come il virus che combattono, si sono espanse nella reti social, televisive, giornalistiche e nelle conversazioni Skype che ci fanno ancora sentire animali sociali. Casa e home sono diventate parole ripetute all’infinito nell’arco della giornata, e nella loro ripetizione si trasformano in un mantra eufonico capace di portarci alla trascendenza, ad aprire le porte della percezione e trovare noi stessi in un mondo cacofonico. Questo corto è il diario visivo del mio viaggio, un esperimento per rimanere a galla in un mare sempre più agitato».

(courtesy: Davide Bart Salvemini)
(courtesy: Davide Bart Salvemini)
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