Nei paesi dell’ex blocco sovietico, l’edilizia di massa — necessaria a seguito delle grandi espansioni urbane dopo la seconda guerra mondiale — portò alla costruzione di grandi edifici prefabbricati. Assai simili in tutti i territori dell’Unione Sovietica e dei suoi stati satellite, prendevano nomi diversi da nazione a nazione: Plattenbau, Panelák, Wielka Płyta, Panelky, Panelház, Панельки, termini che rimandavano evidentemente all’essenza stessa di quegli edifici, fatti appunto di pannelli, di grandi moduli prefabbricati che si ripetevano pressoché identici.
Il socialismo applicato mirava (perlomeno nella teoria) all’uguaglianza tra tutti i cittadini e quei moduli — nel bene e nel male — ne erano la perfetta rappresentazione architettonica: il singolo che scompare nella massa, la ripetizione a schiacciare ogni cosa in un’unica, massiccia e granitica identità.

Dietro a quelle finestre, a quei pannelli uguali gli uni agli altri, si svolgevano però storie accomunate sì da stili di vita e abitudini condivise, ma anche differenti le une dalla altre. Storie che si possono provare a immaginare costruendo il modellino di prefabbricato realizzato dallo studio polacco Zupagrafika, che con Panelki espande l’ormai nutrita serie di pubblicazioni dedicata all’architettura razionalista e brutalista, focalizzata soprattutto sull’ex Blocco Sovietico.
Oltre a essere un vero e proprio kit per costruire — attraverso 164 pannelli di cartoncino — uno dei classici palazzoni dell’Est Europa, Panelki è anche un libro che racconta la genesi e lo sviluppo dell’edilizia prefabbricata dei paesi socialisti, con foto d’epoca, grafiche d’archivio e immagini di alcuni degli edifici presenti ancora oggi tra Mosca e Varsavia, Berlino e Kiev.
44 pagine, Panelki si acquista online sul sito di Zupagrafika oppure su Amazon.




