Computer, transistor, connettori elettrici, satelliti, plastica: dalle pubblicità che apparivano sulle riviste di scienza e tecnica degli anni ’50 e ’60 trasuda l’ottimismo capitalista del boom economico ed è un tripudio di messaggi che sbandierano strabilianti scoperte e di immagini di atomi e razzi — le due frontiere che eccitavano maggiormente l’immaginazione all’epoca, tra conquista dello spazio e fisica delle particelle.
Dalla IBM alla Du Pont del Teflon, dalla Underwood delle macchine per scrivere alle tante aziende che non esistono più, o hanno cambiato nome oppure si sono fuse in colossi i cui interessi si ramificano in molteplici settori e ai quali oggi guardiamo con sospetto, quando non con terrore.

Altri tempi, certo, durante i quali si ingaggiavano — per far arrivare al pubblico il proprio messaggio — i migliori progettisti grafici in circolazione, che avevano possibilità di sperimentare e azzardare, com’è evidente dal materiale raccolto qualche anno fa in un album su Flickr dall’artista e designer Derrick Schultz.
Intitolato Science and Tech Ads, l’album mostra centinaia di pubblicità di impronta modernista.






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