(courtesy: Melania Gazzotti)

Italian Types: una mostra sull’influenza del graphic design italiano su quello americano

Era il 1927 quando Fortunato Depero mise in valigia il suo Libro imbullonato, praticamente fresco di stampa, e insieme alla moglie Rosetta partì per Nuova York in cerca di fortuna (alcune fonti citano il 1928 come anno della partenza, ma poco cambia).

Arrivato nella Grande Mela, Depero lavorò come pubblicitario, ebbe tra i clienti testate come il New Yorker, Vanity Fair e Daily News, allestì uno studio-galleria in zona Chelsea, presso il Transient Hotel, e provò a vendere le sue opere, che il New York Times recensì così: «Si tratta di inebrianti schizzi di colore e design… una garanzia per tenere lontana la tristezza nei giorni più plumbei. Depero è un gradito ospite…». Se ne tornò in Italia nel 1930, nel pieno della Grande Depressione, ma quella piccola parentesi americana fu sufficiente a gettare il seme per quella che fu poi una continua e importante contaminazione dello stile italiano nell’ambito della progettazione grafica americana, seme che è poi cresciuto e sbocciato con nomi come Paolo Garretto, Costantino Nivola, Leo Lionni, George Giusti, Albe Steiner, Erberto Carboni, Romaldo “Aldo” Giurgola, Roberto Mango, Giovanni Pintori, Bruno Munari, Franco Grignani, Heinz Waibl, Giulio Cittato, Bob Noorda e Massimo Vignelli.

(courtesy: Melania Gazzotti)

Sono loro — non tutti italiani di nascita ma sicuramente rappresentanti della cultura visiva del nostro paese — i protagonisti di una bella mostra che inaugurerà il 21 marzo presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York.

Intitolata Italian Types: Graphic Designers from Italy in America e curata da Patricia Belen e Greg D’Onofrio dello studio Kind Company e dalla curatrice e storica dell’arte Melania Gazzotti, l’esposizione nasce con l’intento di (ri)scoprire tale influenza attraverso le opere di sedici tra i più grandi maestri della progettazione grafica che, dagli anni ’20 agli anni ’80, hanno contribuito a plasmare la cultura visiva degli Stati Uniti.

Paolo Garretto, Fortune, febbraio 1932
(courtesy: Melania Gazzotti)

«In America, il linguaggio grafico del modernismo è stato parte integrante della cultura di massa, dalla pubblicità ai poster, riviste, copertine di libri e corporate identity. L’ambiente vivace dei due paesi ha dato vita a una generazione di designer aperti alle collaborazioni internazionali, e all’esperienza straordinaria dell’agenzia di design Unimark, che aprì contemporaneamente i suoi uffici a Chicago, Milano, New York e non solo. Il lavoro dei designer italiani pubblicati in America non riguarda unicamente il graphic design, ma anche l’identità, la politica, la cultura, la storiografia e il viaggio dello spirito umano», scrivono i curatori.

Tra artisti/professionisti che hanno preferito rimanere in Italia e lavorare da qui per clienti d’oltreoceano, e altri che invece hanno fatto i bagagli e si sono messi in gioco — tra alterne fortune — trapiantando lì le proprie radici, Italian Types ha selezionato alcuni tra i più significativi materiali, dalle copertine per le riviste a quelle dei dischi, dalle locandine degli eventi ai manuali d’identità visiva.

George Giusti, Interiors, 1953
(courtesy: Melania Gazzotti)

Ad accompagnare la mostra ci sarà anche una conferenza, che si terrà il 3 aprile presso l’Università Cooper Union, e un catalogo, pubblicato da Corraini, con le biografie dei designer (scritte da Melania Gazzotti) e saggi — in italiano e in inglese — firmati da Steven Heller, Patricia Belen, Greg D’Onofrio, Alessandro Colizzi e Alexander Tochilovsky.

Esposizione e libro sono realizzati in collaborazione con l’Herb Lubalin Study Center e con il patrocinio dell’AIAP.

(courtesy: Melania Gazzotti)
Leo Lionni, Fortune, febbraio 1960
(courtesy: Melania Gazzotti)
Franco Grignani, Art in America, 1966
(courtesy: Melania Gazzotti)
Giulio Cittato, Theater, Chicago Cultural Communication Project, 1966
(courtesy: Melania Gazzotti)
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