È innegabile che nell’ambito dell’editoria indipendente si stia formando una piccola ma crescente nicchia di pubblicazioni dedicate al recupero di materiali d’archivio, alle collezioni di oggetti di poco valore ma interessanti dal punto di vista grafico e storico, alla celebrazione del design “umile”, quando non totalmente anonimo. Insegne dipinte a mano, documenti fortunosamente sopravvissuti al cestino della spazzatura, sovraccoperte di vecchi libri, addirittura mattoni, com’è il caso di questo libro, appena uscito per CentreCentre, piccolo editore britannico specializzato nel genere di volumi di cui ho appena parlato.
Perché i mattoni? Perché «i mattoni sono silenziosi, ma prova a girare per un cantiere di demolizione o di ristrutturazione. Prova a guardare da vicino i singoli oggetti e cerca di leggerli – è una gioia scoprire che i mattoni hanno storie impresse nei loro incavi», scrive lo storico del mattone David Kitching nell’introduzione a Brick Index.
Qua, tuttavia, è doveroso fare due precisazioni. La prima: storico del mattone?! Ebbene sì, c’è chi può fregiarsi di questo titolo, e Kitching, come dimostra il suo sito, di passioni poco comuni ne ha tante, tra insetti, canali, archeologia industriale, musica folk e, appunto, mattoni.
La seconda è che i tipici mattoni inglesi hanno quello che io ho tradotto come incavo ma che gli anglosassoni, per qualche motivo, chiamano frog, rana. Ed è sulla rana che i produttori di mattoni stampano il loro marchio.
Splendidi esempi di grafica “vernacolare”, i marchi sono i protagonisti di Brick Index, insieme alle texture e ai colori dei mattoni stessi.
Ce ne sono ben 155 raccolti nel libro, dove sono rappresentati nelle loro reali dimensioni.