Weird e eerie — tradotti in italiano, perdendo però per strada diverse sfumature, con strano e inquietante — sono due tra gli aggettivi più precisi per descrivere molti dei fenomeni della contemporaneità. Non a caso a usarli in maniera sistematica, argomentata e illuminante è stato uno dei più grandi osservatori della società attuale, Mark Fisher, che si è suicidato nel 2017 poco dopo aver ultimato un saggio, uscito poi postumo, intitolato proprio così: The Weird and the Eerie (in Italia l’ha pubblicato minimum fax, tradotto da Vincenzo Perna).
«Il weird è ciò che è fuori posto, ciò che non torna. Il weird apporta al familiare qualcosa che normalmente si trova al di fuori di esso», scrive il sociologo, filosofo, critico musicale e blogger Fisher, che spiega come invece la sensazione di eerie si verifichi «quando c’è qualcosa dove non dovrebbe esserci niente, o quando non c’è niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa».
In entrambi i casi c’è uno scostamento tra ciò che percepiamo e ciò che invece l’esperienza, il buon senso, la razionalità ci suggeriscono dovremo aspettarci di trovare (o non trovare). Terreno, questo, sul quale si muovono spesso le sperimentazioni grafiche e filmiche dell’artista svizzero Dirk Koy.
Giocando a mettere insieme realistico e improbabile, familiare e irrazionale, Koy (di cui consiglio di visitare il profilo Instagram) ha recentemente messo online un video intitolato LUFTRAUM — letteralmente “spazio aereo” — realizzato intrecciando e sovrapponendo sezioni di riprese video da droni.
Tra prospettive sballate e geometrie inaspettate, il filmato è stato inserito da Vimeo tra gli Staff Picks.