«16 pagine di strane, ma stranamente confortanti opere», così Klaas Verplancke definisce la seconda uscita del suo singolarissimo magazine Bang.
Considerato come uno dei migliori illustratori contemporanei — e sul suo sito ci sono svariate citazioni di alcuni pezzi da novanta dell’industria creativa a ricordarlo — Verplancke è solito lavorare per grossi clienti come il New Yorker, il New York Times, Pentagram, il MoMA, il Centro Pompodou, Abrams Books e Thames & Hudson, e mesi fa ha deciso di riutilizzare alcune sue opere per creare qualcosa di nuovo, una rivista per l’appunto, con la particolarità di chiamare per ciascun numero un diverso graphic designer e coinvolgerlo in un dialogo inedito tra grafica e illustrazione.
Piattaforma di sperimentazione, libero sfogo creativo, divertissement, variazione sul tema portfolio e biglietto da visita — un po’ come il calendario di Scarabottolo — Bang esce sia in formato digitale (che si può ordinare qui, ma è gratis per direttori creativi, art director e giornalisti) che, sebbene in pochissime copie, in versione cartacea.
Dopo un primo numero che ha visto coinvolta la designer belga Ines Cox, Bang n.2 ha come co-protagonista un altro connazionale di Verplancke: Tim Bisschop.