Nella geografia della casa lo stanzino è indubbiamente l’ambiente più misterioso e, forse, affascinante. Perché lo stanzino è un jolly, una carta speciale a cui è concesso diventare qualcos’altro. Immune dalle imposizioni di geometri, architetti e padroni di casa, è l’unico pezzettino di spazio domestico a potersi ritagliare un’esistenza al di fuori di definizioni, etichette e, soprattutto, funzioni specifiche.
Nelle piantine delle case a volte non ha neppure un nome: è semplicemente lì, e capita che resti fuori pure dalle stringate descrizioni degli annunci immobiliari. Vai a visitare l’appartamento e d’improvviso eccolo: diventerà un guardaroba? Una dispensa? Un ripostiglio per le cose-che-non-sai-dove-altro-mettere? Se è abbastanza grande, può starci un letto per il coinquilino in subaffitto (storia vera, ci ho abitato in un appartamento così).
Lo stanzino, poi, è il classico nascondiglio di un amore clandestino ma anche una porta per dimensioni parallele, come insegna tutto un immaginario da fantascienza: apri e poi, uaaaaaau.
Dentro possono esserci mostri (non poi così) terribili o involontariamente comici, e puoi trovarci persino Tom Cruise.
Lo stanzino è anche il protagonista del quarto numero di Dirty Furniture, una rivista piuttosto atipica, nata con già sul groppone una scadenza — sei numeri, non uno di più — e focalizzata su un singolo pezzo d’arredamento o spazio della casa per ogni uscita. Divano, tavolo e toilet sono stati i protagonisti delle prime tre pubblicazioni. Telefono e letto saranno i prossimi.
Dietro alla porta di Dirty Furniture n.4, dunque, si nasconde un’analisi completa della più bizzarra tra le stanze, il suo rapporto con chi la usa e i modi in cui può essere vissuta.
Largo quindi allo stanzino come metafora, come letteraria porta interdimensionale, come deposito logistico, come luogo di caccia per chi va in cerca di antichità, come terapia per liberarsi dall’inessenziale, come pretesto per parlare dei cicli della moda (dopotutto i vestiti vecchi e quelli non di stagione dov’è che si ripongono?), come simbolo di prigionia, come grande capsula del tempo, come archivio, e tanto altro.