Mamoon: un poetico video d’animazione fatto di luce

Mamoon è un nome arabo che significa senza paura. Ma dentro al termine c’è spazio anche per moon, la luna, che sembra donare la luce — e di riflesso la vita — ai due protagonisti di questo poetico cortometraggio d’animazione, madre e figlio, finché all’improvviso questa comincia a perdere di luminosità, e così anche i due.
Luce come vita, buio e ombre come morte, ma a un certo punto appare una misteriosa luce rossa, con la quale la madre tenterà di salvare il figlio.

Emozionante e commovente, Mamoon è anche un’opera atipica nel panorama dell’animazione contemporanea, e rimanda sia esteticamente che concettualmente al teatro sperimentale, spoglio di elementi scenici, di scenografie, di artifici.

«La produzione è stata influenzata dal teatro, permettendo al pubblico di usare la propria immaginazione attraverso un punto di vista limitato e un set astratto», spiegano infatti da Blue Zoo, il pluripremiato studio creativo britannico che ha realizzato il filmato.

Capire che tipo di lavoro c’è dietro, tecnicamente, rende il corto ancora più affascinante. Come mostra il video qua sotto, dedicato al making of, il set è stato interamente realizzato con semplici blocchi di polistirolo, sui quali sono stati poi proiettati gli elementi luminosi.

«L’idea di base era quella di beneficiare delle meravigliose proprietà ottiche create durante processo, elementi che di solito necessitano di molto tempo e denaro per essere ricreati: rifrazioni, riflessioni, rimbalzi leggeri e profondità di campo», ha rivelato Tom Box, co-fondatore di Blue Zoo e co-produttore di Mamoon. E in effetti la post-produzione è stata minima, non essendoci praticamente niente da correggere rispetto a quanto catturato dalla videocamera, e utilizzando anche le imperfezioni come materiale narrativo.

Già inserito nel cartellone dei principali festival internazionali, il cortometraggio si è portato a casa svariati premi, ed è frutto di quello che Blue Zoo chiama shorts programme, un’iniziativa, giunta al suo settimo anno, che consente a chi lavora nello studio di sperimentare e lavorare a progetti non commerciali: idea che poi inevitabilmente influenza e porta benefici anche all’attività a scopo di lucro dell’azienda.

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