Sono nei kimono e nei tatuaggi tradizionali. Decorano tazze, vasi, tessuti. Sono le protagoniste di alcune tra le più belle e celebri stampe — una su tutte, la Kanagawa oki nami ura di Hokusai, che Apple ha pure trasformato in un’emoji e ora appare ogni volta che su un dispositivo iOS scrivi mare, oceano, onda, surf.
Lisce o frastagliate, spumose oppure oleose, devastanti o tranquille, arricciate, regolari, rigate, “pettinate”, esplosive — nella cultura visiva giapponese le onde hanno mille forme diverse e si portano dietro molti significati: portatrici di buona sorte, possono simboleggiare lo scorrere del tempo, l’energia primordiale e vitale, la potenza della natura, la resilienza, la tranquillità. Circondato dal mare, il popolo giapponese è probabilmente quello che più di ogni altro ha saputo osservarne i cambiamenti e rappresentarne i motivi e i “ricami” sempre differenti (a proposito di ricami, il tema dell’onda è legato a doppio filo — appunto — con i tessuti anche nella cultura occidentale: nell’antica Grecia le Nereidi, ninfe marine, incarnavano le onde del mare e passavano il tempo a tessere e ricamare).
C’è pure un manuale, un’opera in tre volumi, realizzata da Yuzan Mori, artista vissuto a Kyoto tra la fine dell’800 e i primi del ‘900. Intitolata Hamonshu, è stata pubblicata nel 1903 e illustra centinaia di esempi di onde. Una sorta di guida per chi voleva disegnare le onde.
Tutti e tre i libri — bellissimi — sono stati digitalizzati e si possono sfogliare liberamente online, oltre che scaricare.