Quand’ero bambino io e mia madre volevamo aprire un negozio di tè. Non so come nacque l’idea, se fu lei a gettarla in pasto alla mia fantasia o io a proporlo in uno dei pomeriggi domenicali durante i quali ci piaceva assaggiare miscele sempre diverse.
Ovviamente si trattava solo di un castello per aria. Nessuno, a parte me, ci pensò mai davvero seriamente. Ma i bambini sono serissimi quando si tratta di sogni improbabili e quindi mi misi al lavoro. Feci un progetto di come avrei voluto che fosse il negozio, e cioè pieno di scaffali con le scatolette colorate tipo Twinings, una vetrina con tanti tipi di teiere, un’altra per le tazze e i piattini, cassetti pieni di filtri e infusori.
«L’argenteria ce la mettiamo, mamma?», chiedevo mentre disegnavo dalla mia scrivania, e lei, dalla cucina o dal salotto, «perché no?», e io giù a fare altri cassetti.

(fonte: instagram.com/poeticpastel)
Ricordo di averci messo pure una rivista, in quelle mie tremolanti e approssimative piantine del negozio. Accanto alla cassa. Non avevo idea se esistessero o meno riviste sul tè ma giù, nella fabbrica di macchine agricole dove lavoravano i miei, c’erano riviste su trattori e agricoltura, nei negozi di vestiti c’erano riviste di moda, e quindi nel nostro negozio di tè ci sarebbe stata una rivista sul tè.
Circa trent’anni più tardi una rivista indipendente dedicata al tè è arrivata davvero — non che non ne esistano altre, ma hanno approcci ben diversi, da magazine commerciale, o salutista, o da hobbistica.
Si chiama Journal du Thé ed è opera di Johanna Tagada e Tilmann S. Wendelstein, artista la prima, designer grafico e art director il secondo.

(fonte: instagram.com/poeticpastel)
Il tè, come e forse più del “cugino” caffè, è un elemento attorno al quale possono ruotare molteplici temi e tipologie di contenuti: grazie al tè si può parlare di design, di ricette, di riti (come il Cha no yu giapponese), di geopolitica, di agricoltura, di arte e artigianato. Si possono fare reportage fotografici, recensire locali, raccontare la storia delle aziende.
Tagada e Wendelstein, più semplicemente, e molto in linea con le filosofie orientali, considerano la loro rivista come una piattaforma con la quale esplorare tutto ciò che avviene e che c’è attorno a una tazza di tè. Anzi, molto poeticamente, scrivono proprio così: «Si dice che ciò che fa di una teiera una teiera sia lo spazio vuoto al suo interno. Allo stesso modo questa pubblicazione si propone di esplorare lo spazio — in questo caso lo spazio che circonda una tazza di tè».
Il primo numero di Journal du Thé è uscito lo scorso aprile, è interamente in inglese, ha 96 pagine, è senza pubblicità ed è stato stampato in sole 500 copie, andate quasi tutte esaurite, anche se qui ce n’è ancora qualcuna disponibile.

(fonte: instagram.com/poeticpastel)

(fonte: instagram.com/johannatagada)

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(foto: Johanna Tagada | fonte: instagram.com/poeticpastel)

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(fonte: tenderbooks.co.uk)