Lindsay Magazine: every place is more than just a location

«Ogni luogo è più di un semplice posto», dice Beth Wilkinson, anche se in inglese, indubbiamente, l’espressione rende di più l’idea: «Every place is more than just a location», che è poi la massima sulla quale la fotografa e designer australiana ha costruito l’impalcatura di Lindsay Magazine, rivista indipendente che Wilkinson ha fondato nel 2017, lanciata prima online e poi, a inizio 2018, anche su carta.

Il primo numero, uscito a marzo, vanta la collaborazione di fotografi e giornalisti di tutto il mondo, e porta i lettori in viaggio di qua e di là per quella palla che chiamiamo Terra, dalle Blue Mountains a New York (per un’intervista con Ann Goldstein, la traduttrice per il mercato americano dei romanzi di Elena Ferrante), dalle strade di Firenze a Londra, da Cuernavaca, in Messico, alla Cambogia, entrando nelle case, negli uffici, negli atelier, nei laboratori, nelle cucine, sui campi da gioco, raccontando storie, assaggiando cibi, mostrando usi e costumi, puntando i riflettori su diverse culture che si incontrano (e talvolta scontrano), andando a cercare il tanto citato genius loci.

«Ogni luogo ha la propria storia, la propria identità, il proprio feeling», continua Wilkinson, che dopo aver lavorato 10 anni come dipendente ha deciso di lasciare tutto per investire sul suo progetto, che ha chiamato Lindsay perché quello era il nome di suo nonno, uomo curiosissimo, avido spettatore di documentari, capace di iscriversi alle scuole superiori a quarant’anni dopo che da ragazzino aveva dovuto lasciare gli studi per aiutare in famiglia, nonché fotografo autodidatta e collezionista di macchine fotografiche analogiche, fotocamere che poi sua nipote Beth ha ereditato e da cui, forse, è nata la prima scintilla di quel fuoco che l’ha portata a fondare la rivista.