(fonte: instagram.com/cent_vingt_et_un)

Cent vingt et un: tre arcani maggiori, una domanda, e il risultato diventa una storia

«Ti chiederò di farmi una domanda, poi tu dovrai estrarre tre carte tra gli arcani maggiori e io cercherò di inventare al volo una storia che si risponda alla tua domanda e si basi sulle tre carte che hai trovato. Unica regola: la domanda non dovrà avere a che fare con il futuro, perché il miglior modo di divinare il futuro è di costruirselo giorno per giorno».
È cominciata così, su un tavolino ricoperto da una stoffa viola, la mia seduta con Davide Ragona. Davide l’ho conosciuto anni fa, prima come motion designer e in seguito come appassionato di storie e di tarocchi, che poi sono i due binomi su cui si regge il progetto Cent vingt et un, di cui scrissi a suo tempo.

È un grande classico, quando qualcuno ti legge le carte, porre interrogativi come “quando troverò l’amore?”, “quando troverò lavoro?”. «Ma è impossibile rispondere a domande del genere», dice Davide. «Però basta sostituire gli avverbi. Se quando diventa come o perché, allora le carte possono dare un aiuto. Come posso fare a trovare l’amore? Perché non l’ho ancora trovato?».
Ma a me l’amore non mi interessa. O meglio, non interessa farmelo spiegare dai tarocchi. Quel che chiedo, invece, riguarda qualcosa che vado cercando da anni — anzi da sempre, credo — e che considero come il fine ultimo di tutte le mie indagini su me stesso e sulla “realtà” (diceva Nabokov: «“Realtà” è l’unica parola che senza virgolette non significa niente»), cioè la serenità.

(fonte: instagram.com/cent_vingt_et_un)

Non quando, dunque ma «come posso trovare la serenità?».
Pesco le tre carte. Nell’ordine escono: l’Eremita, il Sole, il Giudizio.
Quasi tutto quel che so sui tarocchi l’ho letto su Promethea, il fumetto di Alan Moore. Ma così su due piedi non ricordo nulla. Davide, però, mi spiega brevemente cosa rappresentano i tre arcani maggiori.

«L’Eremita solitamente è la crisi prima della fine di un ciclo. È anche un’atto di fiducia nei confronti del futuro e un guardare, a volte, al passato. Il Sole invece è la carta della nuova costruzione, davanti a qualcosa di nuovo che si costruisce. È anche l’archetipo paterno per eccellenza. Il Giudizio è l’unione di parti diverse per creare qualcosa di meraviglioso e magico. Ma se conosci la Langue des oiseaux sai che Le Jugement può anche significare Il giudice mente, perciò non bisogna fossilizzarsi troppo sul discorso del giudizio».

(fonte: instagram.com/cent_vingt_et_un)

Davide, che ho incontrato a Milano ma che attualmente vive a Torino, deve molto a Jodorowsky, che inizialmente conosceva solo come regista e teatrante. «A un certo punto ho sentito l’esigenza di prendere le carte in mano perché mi piacevano molto le icone. Ma non riuscivo a trovare “la quadra”, perché non ero attratto da un discorso prettamente esoterico», racconta. «Volevo trovare un modo diverso e gli scritti di Jodorowky mi hanno aiutato molto proprio perché lui ha una visione diversa dei tarocchi. Usa persino un’altra parola, tarologia, invece di cartomanzia. Poi ho avuto la fortuna di conoscerlo a Parigi, dove mi ha fatto le carte. Quando vivevo a Milano ho anche avuto la fortuna di partecipare a un workshop di Marianne Costa, co-autrice con Jodorowki de La via dei tarocchi», racconta.

Davide mi chiede un attimo di tempo per inventare — o forse sarebbe meglio dire costruire la storia. La sua specialità è questa (l’ha raccontata anche in un bellissimo video), e cioè uscirsene in tempo record con una piccola favola che non soltanto ha senso nell’ottica dei significati delle tre carte pescate da chi ha di fronte, ma che, con un’allegoria, risponde anche alla domanda di chi si fa fare i tarocchi.

(fonte: instagram.com/cent_vingt_et_un)

Tempo 35 secondi — precisi, ho filmato l’intera sessione — la storia arriva. Davide me la racconta prima a voce, poi la scrive su la pagina di un quadernetto che poi strappa e consegna a me, ma non prima di aver scattato una foto in modo da poterla pubblicare sui social.
La nuova incarnazione di Cent vingt et un è questa: le domande, i tiraggi e le storie finiscono online su Instagram e sulla pagina Facebook.

Eccola qua, in tre slide. L’allegoria è evidente. Non cercare nel vuoto, ma nel pieno. Non chissà dove ma qui, esattamente dove sei. Ci rimugino su. Ci rimugina anche lui. Lo noto, gli chiedo come mai.
«Il progetto lo considero anche un’esplorazione di me stesso», dice. «Ogni volta che qualcuno mi fa una domanda io, inevitabilmente, cercando una risposta per quella persona, pur passando attraverso le carte, in quel momento mi pongo la domanda». Attorno alcuni si fermano a guardarci e ad ascoltare, incuriositi. Quando mi alzo, si siede una ragazza. ««Ti chiederò di farmi una domanda, poi tu dovrai estrarre tre carte…», dice anche a lei, prima di incominciare a mescolare le carte, per un altra domanda e un’altra storia.

(fonte: instagram.com/cent_vingt_et_un)
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