Quando guardi un film talmente tante volte da familiarizzare con ogni singola immagine, da imparare a memoria i dialoghi e memorizzare ogni dettaglio della trama, dopo un po’ arriva quel momento in cui riesci a trascendere l’opera in sé e, in una sorta di estasi, cominci a intravedere lo schema generale — non del film, ma del mondo, dell’universo, di tutto quanto: in un delirio dominato dalle allegorie, niente è più ciò che sembra, e il simbolico diventa la chiave di lettura dei misteri della vita1.
Al di là del valore artistico di un’opera cinematografica, mandarla in loop e utilizzarla come motore di un flusso di coscienza porta a risultati inaspettati. Lo sa bene l’artista svizzero Beni Bischof, che nel 2016 decise di passare tre settimane a guardare quasi ininterrottamente Rambo 2, mettendosi a produrre centinaia di acquerelli durante la visione e pubblicando infine un libro a testimonianza di quella performance assurda.
Poco più di un anno dopo, Bischof ha ripetuto l’esperimento, stavolta scegliendo un lungometraggio d’animazione, uno dei più celebri della storia del cinema, Bambi. E anche stavolta ne è uscita fuori una pubblicazione, stampata dal piccolo editore indipendente Nieves Books.
260 pagine, il Bambi di Bischof è un’allucinata raccolta di personaggi, atmosfere, frammenti di dialogo, personali epifanie dell’artista e innumerevoli deviazioni formali e concettuali che portano il famoso cerbiatto della Disney dentro a un’immaginario molto più ironico, oscuro e sballato rispetto a quello del film.

(fonte: Nieves)

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