Il 25 febbraio del 1925 usciva per la prima volta nelle edicole newyorkesi un settimanale umoristico e intelligente. In copertina aveva l’illustrazione di un dandy con la tuba e il monocolo intento a scrutare una farfalla in volo. Il disegno — che si ispirava a una caricatura ottocentesca del Conte d’Orsay — fu opera di Rea Irvin, primo art director della rivista, e il dandy, ribattezzato Eustace Tilley, diventò la mascotte del giornale.
Fondato dal giornalista Harold Wallace Ross e da sua moglie Jane Grant, anche lei giornalista, oltre che femminista e talentuosa cantante e ballerina, il magazine si chiamava The New Yorker ed è ancora oggi una delle testate più prestigiose del mondo, celebre per le penne che nei decenni hanno firmato gli articoli e i reportage, i pezzi di critica e i racconti pubblicati, nonché per le sagaci vignette ma soprattutto per le meravigliose copertine illustrate.
Sensibile cartina al tornasole dello zeitgeist locale o mondiale, le cover sono sempre state affidate ad alcuni tra i migliori artisti a livello internazionale (Saul Steinberg, Peter Arno, David Hockney, Jean-Michel Folon, Jean-Jacques Sempé, Lorenzo Mattotti, Chris Ware, Richard McGuire, Christoph Niemann, solo per citarne alcuni, ma la lista è lunghissima).
Vedere una propria opera finire lì solitamente è un punto d’arrivo, una consacrazione.

Quasi immutato da quel primo numero del ’25, il design delle copertine del New Yorker è stato oggetto, negli anni, di numerosi omaggi e parodie. Tralasciando queste ultime e focalizzando l’attenzione sui progetti ispirati alle prime pagine della rivista, vanno segnalate due iniziative recenti: The Parisianer e The Tokyioiter. Nata nel 2013 la prima e nel 2016 la seconda, nessuna delle due è una vera rivista ma semplicemente progetti che fungono sia da vetrina che da “palestra” per illustratori che si mettono alla prova realizzando copertine per immaginarie versioni in salsa francese e giapponese del periodico newyorkese.

illustrazione di Bianca Brucato
(courtesy: Matteo Riva)
Prendendo spunto sia dall’originale che dai due omaggi, l’illustratore e art director Matteo Riva ha pensato di coinvolgere gli studenti del corso di illustrazione editoriale dello IED di Torino, dove insegna, nel realizzarne una versione italiana, o meglio torinese: The Turineser, rivista di fantasia le cui prime pagine sono disegnate dai ragazzi a partire da alcuni soggetti — personaggi torinesi (Vittorio Emanuele, Cavour, l’architetto, designer, fotografo e viveur Carlo Mollino, Rita Pavone), prodotti tipici e maschere (il cioccolato e Gianduja), i luoghi della città, gli stessi studenti, l’attualità (ad esempio il problema della siccità o l’anniversario della morte di Maria Callas), il ben conosciuto lato esoterico di Torino e anche la succitata prima copertina del New Yorker.
E torinese è pure il carattere tipografico utilizzato per la testata. Laddove il periodico americano usa l’Irvin, che è stato realizzato ad hoc dal primo art director e “rinfrescato” qualche anno fa dal type designer Ben Kiel, il Turineser ha scelto il km zero, optando per il Beaux, progettato dalla fonderia AlfaType, ovviamente di base a Torino.
«Non sono soltanto disegni, dietro ogni illustrazione c’è uno studio che prova a raccontare la città, quello che è cambiato e
quello che invece resiste. L’esperimento è stato interessante perché molti degli studenti non conoscono bene Torino, i suoi luoghi e la sua storia, hanno dovuto studiare, guardarsi intorno», ha spiegato Riva in un’intervista all’edizione torinese del Corriere della Sera, rivelando che i ragazzi stanno anche lavorando alle pagine interne del magazine, che quindi, forse, nel prossimo futuro potrebbe diventare qualcosa di ben più concreto di un progetto accademico e di una rivista immaginaria.



















