Facciamo assieme un esperimento. «Chiudiamo gli occhi e visualizziamo», come dicevano le maestre delle elementari quando ci facevano sdraiare sul pavimento in linoleum della palestra per sentire lo spazio.
Chiudiamo gli occhi, dunque, e immaginiamo di uscire di casa o dall’ufficio. Focalizziamoci anche sui piccoli particolari, che poi sono quelli che rendono le invenzioni della mente un po’ più reali: l’aria pungente, i rumori di un cortile, di un piazzale o di una strada, quello che passa col vivavoce a palla (sì, possiamo maledirlo pure in uno scenario di fantasia). Ascolta, sta passando un autobus, ma non importa, non è il nostro, e possiamo sempre prenderne un altro.
Ora ci incamminiamo. Controlliamo di aver preso tutto quello che ci serve, sistemiamo la sciarpa, infiliamoci i guanti, se serve. Stiamo camminando. Non so tu, ma io vedo vetrine. Sento odore di spezie (lì all’angolo, negli orari giusti, si sente sempre).
Superiamo le due signore che chiacchierano e vanno troppo lente. Attraversiamo la strada. Ci stiamo dirigendo in un posto. Un edificio, per la precisione. Un luogo pubblico, che pur non essendo casa nostra è comunque un posto speciale, un posto in cui si sta bene. Un posto dove le persone si incontrano e intrecciano, anche solo per qualche istante, le loro storie a quelle del luogo e a quelle di chi lo frequenta.

Ognuno di noi ne ha uno, di posto così. E non deve per forza essere bello — qualsiasi cosa questo significhi — ma avere quell’energia magnetica che ci attrae quando usciamo anche per il solo fine di uscire, di immergerci nel mondo. Quasi sicuramente il mio è diverso dal tuo, magari sarà a 10, 100, forse 1000 chilometri di distanza. Ma seppur lontani, i due edifici sono in qualche modo vicini. E un pezzetto di strada, immaginaria, possiamo farlo assieme.
Prima di separarci ti spiego perché stiamo facendo tutto questo. Innanzitutto perché, beh, confesso che mi piace di più passeggiare con la fantasia con qualcun altro piuttosto che da solo. E poi perché quel luogo pubblico speciale verso il quale ci stiamo dirigendo è molto importante per una graphic designer inglese, Amandine Alessandra, e per l’architetto Rute Nieto Ferreira.
Alessandra e Ferreira sono i fondatori di Tower Block Books, che è una piccola casa editrice specializzata in libri illustrati per bambini.
Due anni fa hanno dato alle stampe The Big Letter Hunt, un bellissimo albo che mostrava ai piccoli come trovare lettere un po’ ovunque durante una qualsiasi passeggiata per la città.

Il loro nuovo progetto Alessandra e Ferreira lo vogliono dedicare a quegli edifici che “fanno incontrare le persone” e hanno lanciato una chiamata alle arti rivolta a tutti coloro che disegnano — illustratori, architetti, designer — perché nel prossimo libro, spiegano, «vogliono incoraggiare i bambini a riflettere fin da piccoli sull’ambiente attorno a loro, per mostrare loro che i luoghi e gli edifici dedicati alla comunità esistono in molte culture e sono dei meravigliosi spazi condivisi in cui ci scambiamo le idee e facciamo cose assieme».
Alla fine di questa nostra passeggiata, quindi, proviamo a disegnarlo quel posto in cui siamo arrivati.
Non c’è molto tempo — fino all’11 dicembre. Tutte le informazioni per partecipare sono qui.