Scovare, valorizzare, mostrare e raccontare alcuni tra i più interessanti talenti della fotografia contemporanea. Nonostante sia un compito lodevole, l’offerta di piattaforme del genere — tra riviste, blog, Tumblr e pagine Facebook — è talmente alta e il panorama così sovraffollato che anche il più paziente e curioso appassionato di fotografia rischia di arrivare a un punto di saturazione e di perdere la bussola.
È un po’ come le birre artigianali. All’inizio ce ne sono poche e sei tutto entusiasta di provare, ti fai incantare dalle parole e dalle storie dei birrai, raccatti biglietti da visita, fotografi le etichette. Poi le birre artigianali diventano tante, troppe, non riesci più a starci dietro, e un giorno ti ritrovi in un paesino convinto di andare a una sagra della salsiccia e invece, pure lì, ecco la fiera della birra, e dopo qualche assaggio cominci a non distinguere più i sapori, a non trovare le differenze, e alla fine non ne puoi più e tutto ciò che vuoi è una cazzo di Bud e un panino con la salsiccia, va bene pure l’acqua del rubinetto, «aiuto!», ma è inutile perché non ti ascolta nessuno.
(Forse mi sono fatto prendere un po’ la mano con il paragone e, lo so, avrei potuto fare altri mille esempi ma il fatto è che non bevo da più di un mese e mentre sto scrivendo questo pezzo ho una voglia immonda di birra, di tracannare, sbrodolarmi e ruttare: l’astinenza fa di questi effetti)
La soluzione, per le piattaforme di fotografia scova-valorizza-mostra-racconta, come pure per le birre, è che non c’è bisogno di provare tutto. Basta farci un po’ l’occhio — o la bocca —, affidarsi all’istinto, e quando si trova qualcosa per cui vale la pena investire un po’ del proprio tempo e magari dei propri denari, puntare su quella.
The Heavy Collective, per il mio di occhio, è uno di questi casi. Fondato da Jack Harries e Geordie Cargill, due fotografi australiani, il collettivo è nato nel 2011 e per qualche anno è rimasto attivo solo sul web, per poi lanciare, grazie al crowdfunding, anche una rivista a cadenza annuale, Heavy, di cui a suo tempo segnalai già il primo numero, nel frattempo andato esaurito.
Heavy volume 2, uscito qualche mese fa, vede come protagonisti alcuni tra i più interessanti talenti internazionali: Dana Lixenberg, Susan Lipper, Irina Rozovsky, Stephen Shames, Curran Hatleberg, Daniel Shea, Mark Peckmezian, Deanna Templeton, Yoshinori Mizutani, Joanna Piotrowska, Aglaia Konrad e Katrin Koenning.
Il format è semplice: mostrare le opere e approfondirne senso, estetica e contesto attraversi testi critici e conversazioni con gli autori.
Rispetto al primo volume la nuova uscita, stampata in 1000 copie, è migliorata dal punto di vista grafico ed è cresciuta nel numero di pagine, 176 contro 128. Per quanto riguarda la qualità, quella rimane molto alta, e il magazine si presta ad essere gustato con calma, come una buona birra.