(courtesy: Canicola)

Cos’è “Canicola Bambini”: intervista a Liliana Cupido

In oltre dieci anni di attività, la casa editrice indipendente Canicola, di base a Bologna, ha rappresentato uno dei più luminosi fari nel mondo del fumetto d’autore pubblicato nel nostro Paese.
In una recente intervista a minima & moralia, la giovane Bianca Bagnarelli, uno dei nomi di punta del nuovo fumetto italiano, parlando di autoproduzioni ha dichiarato che «la mia generazione ha trovato un solco tracciato da Canicola e si è mossa di conseguenza».

Lo scorso aprile, durante la Children’s Book Fair e dopo aver piazzato via web qualche indizio di grandi novità in arrivo, Canicola ha lanciato ufficialmente la sua “costola” dedicata ai bambini: Canicola Bambini, appunto.
Una scommessa coraggiosa, visto il desolante panorama dell’editoria per l’infanzia a fumetti e un’offerta editoriale che nella fascia 7-10 anni va poco al di là del classico Topolino — niente contro Topolino, ci sono cresciuto, ci siamo cresciuti tutti, ma è giusto che le spugne che hanno i bimbi al posto del cervello si mettano alla prova anche con qualcos’altro.

Con un logo che è una versione “baby” di quello di Canicola e rappresenta un bambino su un triciclo “rombante”, una collana che si chiama Dino Buzzati, in omaggio a uno dei più grandi narratori italiani, e un progetto visionario e pressoché unico qui da noi, Canicola Bambini ha debuttato con due libri, entrambi a fumetti ed entrambi a colori.

Il primo è la rivisitazione di una fiaba classica, Hansel e Gretel, ad opera dell’artista tedesca Sophia Martineck; il secondo è una storia inedita, La mela mascherata, scritta e disegnata da Alessandro Martorelli, in arte Martoz, tanto giovane quanto cristallino talento di cui abbiamo parlato più volte qui su Frizzifrizzi.

Il logo di Canicola e quello di Canicola Bambini, entrambi progettati e disegnati da Vincenzo Filosa

A raccontare l’iniziativa, la genesi delle due pubblicazioni, e come e perché Canicola Bambini non è soltanto una collana ma un più ampio progetto non solo editoriale ma anche pedagogico, è Liliana Cupido, che con Edo Chieregato porta avanti Canicola.
Liliana l’ho incontrata qualche settimana fa, nella sede della casa editrice in via Ranzani, a Bologna, che per lo zampino di un destino che evidentemente ama i bei loghi, è proprio accanto a un club di appassionati di motociclismo storico.

* * *

È solo un caso, visto il logo di Canicola, che siate vicini a quel club, giusto?

Sì, solo un caso.

Ok, tolto questo dubbio che mi ha assillato per tutte le rampe di scale, passiamo alle cose serie.
Canicola Bambini: si chiamava così anche un’antologia che avete pubblicato nel 2011 (bellissima, tra l’altro, ce l’ho anche io).
È stata quella la scintilla che acceso l’idea?

Con quell’antologia, che vinse anche un Premio Boscarato al Treviso Comic Book Festival, decidemmo di avventurarci su un terreno che fino ad allora non avevamo mai esplorato, non avendo mai prodotto prima qualcosa per bambini.
Volevamo fare qualcosa di diverso rispetto a ciò che si poteva trovare in libreria. Qualcosa “alla Canicola”. Decidemmo quindi di non puntare su autori specializzati nel mercato bambini e ragazzi. Scegliemmo invece di puntare su autori, italiani ed internazionali, che potessero avere una capacità visionaria e una prospettiva narrativa originale.

L’antologia Canicola 10 – Canicola Bambini, uscita nel 2011

Ci sono storie anche molto forti, in quel volume. Sia visivamente che narrativamente.

Noi stessi l’abbiamo concepito come una sfida. Pensando: “vediamo come reagiscono i lettori”.
La parola esperimento si addice benissimo all’antologia perché, se esamini le storie una per una, non sono tutte perfettamente “centrate” sui bambini. L’idea era quella di cercare di destare stupore.
Alla base dello stimolo del piacere della lettura c’è l’essere messi di fronte a qualcosa che non si conosce, qualcosa che può anche risultare inquietante. Non necessariamente incomprensibile ma magari non incasellabile.

Quello “avventurarsi” sul terreno da voi fino ad allora inesplorato del fumetto per bambini c’entrava qualcosa col fatto che voi stessi avete avuto dei figli?

Forse in maniera tangente, perché effettivamente in quel momento era nato nostro figlio, però in realtà l’antologia è andata ad inserirsi in una sfera generale d’interesse che partiva già dal 2000-2001, quando io e Edo siamo entrati in Hamelin [l’associazione culturale bolognese che, tra le molte attività, si occupa di promozione della lettura e organizza il festival internazionale del fumetto BilBOlbul, ndr], di cui facciamo ancora parte.
In quell’ambito abbiamo avuto a che fare con tutta la sfera pedagogica e per 10 anni abbiamo lavorato anche con bambini e ragazzi attraverso laboratori, formazione…
È un interesse, quindi, che ci ha sempre accompagnati.

I primi due libri della collana “Dino Buzzati” di Canicola Bambini
(courtesy: Canicola)

Torniamo a Canicola Bambini: il progetto, i due libri usciti.

Dopo quell’antologia di sei anni fa, ci siamo messi ragionare di più su dei canoni da rispettare, sulla leggibilità, sulla fruibilità, sulla comprensione, sullo scegliere un target più chiaro. Da lì abbiamo iniziato ad elaborare un progetto che fosse più strutturato, sebbene proporzionato alle nostre (piccole) dimensioni.
Due anni fa abbiamo cominciato a buttare giù le idee e abbiamo impiegato un anno per maturare davvero la fattibilità. Quando abbiamo deciso di partire, abbiamo scelto di non farlo subito con i libri ma attraverso laboratori e “metodologie Canicola Bambini” in diversi tipi di situazione.

Puoi farmi qualche esempio?

Abbiamo collaborato col Teatro Comunale di Bologna su un percorso di alfabetizzazione all’opera lirica attraverso il fumetto. Con il Mambo su un laboratorio che metteva in gioco un’opera della collezione permanente incrociandola con il fumetto, cercando di far vivere all’opera una seconda vita e aiutando poi i bambini a produrre un albo gigante.

(courtesy: Canicola)

L’idea dei laboratori è stata anche una questione di “marketing” — se così si può dire —, cioè far conoscere il “brand” Canicola Bambini, o più una questione di ricerca vostra?

Più che di “marketing” parlerei di “presentazione di possibilità”. E i laboratori sono una delle possibilità di Canicola Bambini.
Però per noi si è trattato innanzitutto di ricerca.
La svolta, il passaggio importante, è stato proprio quello di voler pensare ogni volta i laboratori in maniera diversa, rinnovare tutto a seconda della situazione in cui ci caliamo.
Questo per dimostrare che il fumetto può dialogare con tutte le forme artistiche, basta solo trovare una chiave d’ingresso plausibile. Per farlo bisogna studiare delle metodologie: non ci si può improvvisare! Per questo i 10 anni di esperienza in Hamelin sono stati e sono fondamentali.

Che alfabetizzazione hanno i ragazzini, mediamente, rispetto al fumetto?

Molto povera di conoscenza e arricchimento. Se parliamo di storie a fumetto d’autore, diciamo che è praticamente nulla.
Nello stesso tempo, l’approccio al fumetto è naturalissimo e quindi questo spiega come mai i bambini, pur non frequentando alcun corso, pur non avendo insegnanti che li alfabetizzano sul fumetto, a un certo punto, dopo aver cominciato a disegnare e poi imparato a scrivere, tendano spontaneamente a far parlare i loro personaggi.

(courtesy: Canicola)

A scuola il fumetto si studia poco o niente. Eppure lo usano in molti libri scolastici.

Infatti è assurdo che non si cavalchi questa naturale propensione. A scuola, nella didattica nei programmi, praticamente c’è solo in quarta elementare un capitolo che a volte viene affrontato (e a volte no) che parla di fumetto come uno dei tanti media.
Quello che noi facciamo, invece, anche in quei percorsi di alfabetizzazione “più tradizionali”, è proprio un grosso lavoro di promozione alla lettura: mostrare loro delle storie pubblicate, dei libri che possono trovare in libreria o in biblioteca e che non hanno niente a che fare con ciò che loro conoscevano già. Questo li stupisce sempre. In un certo senso li sconvolge, ma in maniera positiva.

In Italia c’è più sensibilità, rispetto al passato, nei confronti dell’albo illustrato. Ma col fumetto questo non succede.

Sia da parte dei genitori che da parte del personale scolastico, l’albo illustrato ha una sua collocazione: è una lettura più semplice (relativamente, perché nei buoni albi illustrati ci sono diversi livelli di lettura).
Il fumetto, invece, è da una parte semplice e immediato, dall’altra può essere anche piuttosto complesso, ma la scuola dovrebbe capire che potrebbe sfruttare proprio questa complessità: è un potenziale enorme, anche per lo sviluppo di capacità cognitive, che viene assolutamente trascurato.

(courtesy: Canicola)

È così anche in altri Paesi?

Da quello che abbiamo visto, dunque per esperienza diretta, in certi paesi del Nord Europa c’è una cultura del visivo molto più sviluppata. L’abbiamo sentito fortissimamente in Finlandia, che non a caso è la patria di Tove Jansson. E poi in Francia, in Belgio…
In Italia, per varie ragioni, da una grande tradizione a cui potevamo legarci e che potevamo proseguire, a un certo punto c’è stato un vuoto. Fondamentalmente si è trattato di un vuoto di produzione editoriale che ha causato quindi un vuoto di pubblico affezionato. Di conseguenza, essendo mancato un pubblico, essendo mancata un’abitudine a cercare il fumetto nelle librerie, quando poi il fumetto d’autore è — per così dire — “risorto”, da cinque/sei/sette anni a questa parte, la situazione è rimasta molto difficile perché se ci sono problemi distributivi, cioè se l’editore ha problemi distributivi e di comprensione da parte del pubblico, diventa molto difficile sostenere quel prodotto all’interno della propria produzione.
È un cane che si morde la coda: le difficoltà distributive precludono delle possibilità.

(courtesy: Canicola)

Poi c’è tutta quella fascia di pre-adolescenti e adolescenti che si avvicina al fumetto a partire dal manga.

Ancora prima, c’è tutta quella fascia che va dai 7 ai 10 anni, che sarebbe un’età ottimale a cui proporre delle buone storie a fumetti, e che potrebbe diventare un bacino di lettori fortissimi di buone storie a fumetti. A loro, nella migliore delle ipotesi, viene letto Topolino. Che va bene, per carità, però tutta una produzione editoriale rimane totalmente sconosciuta, alla maggior parte delle famiglie e, peggio ancora, alla scuola e alle insegnanti.

Voi siete piuttosto realistici nel valutare il potenziale pubblico dei vostri libri.

Noi sappiamo benissimo che stiamo affrontando una scommessa molto difficile. Sappiamo che il nostro pubblico potrebbe essere quello dei lettori che amano le cose sofisticate, alla Orecchio Acerbo e Topipittori, ma sappiamo di avere una chiave d’ingresso più complessa, visto che si tratta appunto di fumetto. Nonostante anche molti albi di Orecchio Acerbo e Topipittori siano complessi, hanno comunque un loro pubblico, avviato e affezionato.
Da una parte, probabilmente, Canicola Bambini coinvolgerà quelli che sono lettori Canicola, perché comunque la produzione per l’infanzia desta sempre curiosità e interesse in una fascia più ampia di quella dei soli bambini e ragazzi. Ma ovviamente non è questo il nostro obiettivo, perché falliremmo completamente se ci rivolgessimo solo alla “nicchia della nicchia”, che è l’adulto senza figli che compra libri per bambini per “vanità” o per puro interesse personale. Non andiamo da nessuna parte se non arriviamo davvero ai bambini.
Lo sforzo che stiamo facendo è proprio quello di irrompere in canali promozionali che ci erano sconosciuti, di cui non abbiamo mai avuto bisogno, cercando di creare una sorta di “area” che speriamo si ampli sempre di più.
Quello che vogliamo far passare è che Canicola Bambini è un marchio di qualità, che merita la fiducia del lettore.

(courtesy: Canicola)

Questo è ovviamente più complicato in quei “mondi” in cui Canicola non è già conosciuto.

Stiamo parlando di prodotti che volutamente non ammiccano ad una grafica infantilistica. La grafica l’abbiamo chiesta a Sarah Mazzetti, consapevoli del fatto che Sarah nella vita non fa grafica per bambini.
Nel retro di copertina abbiamo deciso che metteremo sempre due strisce di fumetto perché deve essere chiaro che di fumetto si tratti.
Il logo invece è di Vincenzo Filosa, autore anche del logo di Canicola.

Sophia Martineck, “Hansel e Gretel”, 48 pagine a colori, Canicola Bambini, , 2017
(courtesy: Canicola)

Come avete scelto gli autori dei primi due libri, Sophia Martinek e Martoz?

Hansel e Gretel di Sophia Martineck è stato il primo libro a cui abbiamo pensato come Canicola Bambini. L’obiettivo era di iniziare con una fiaba, in modo tale da lavorare sia su degli inediti che su dei grandi classici. Quelle delle fiabe, tra l’altro, era un terreno inesplorato per Canicola.

Chi ha scelto la fiaba, lei o voi?

Noi. E Siamo andati “di pancia”. Prima facendo una scelta netta, orientandoci sui fratelli Grimm invece che, ad esempio, Andersen o le mille altre raccolte.
Riflettendo poi su tutte le tematiche, sulle simbologie, sulle icone delle fiabe dei Grimm, abbiamo pensato che la rappresentazione dell’infanzia che c’è in Hansel e Gretel fosse quella che ci interessava di più.
Credo anche che l’interpretazione di Sophia sia incredibile. È riuscita a carpire il cuore di questa fiaba, che ha un picco di sofferenza pazzesco e un senso catartico di risoluzione.
Oltretutto i personaggi, nel libro, inizialmente sono disegnati come fossero dei fantocci e diventano sempre più “umanizzati” man mano che si va avanti.

Avete prima scelto la storia e poi l’autrice?

Sì, e lei ne è stata subito felice. La conoscevamo già perché l’avevamo coinvolta nell’antologia Canicola Germania e abbiamo scelto lei perché il suo apparato figurativo e il suo segno sono molto fruibili. E poi per via della sua grande abilità nel muovere “teatralmente” i personaggi, caratteristica che ci sembrava perfetta per un fumetto per bambini. A differenza dell’albo illustrato, dove testo e illustrazione sono separati, nel fumetto il lettore si immerge passo dopo passo, come nei fotogrammi di un film, con le inquadrature, gli zoom.

Il libro è stato realizzato in collaborazione con il Goethe Institut Rom e la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
Anche quello di Martoz nasce da una collaborazione. Proseguirete con questo format?

Quando è possibile sì. Le collaborazioni ci aiutano molto e possono nascere cose davvero belle.

(courtesy: Canicola)

Passiamo a Martoz.

Il libro nasce da un innamoramento, da parte nostra, di un festival che si chiama Saluti da Cotignyork. Si tiene a Cotignola, un paese in provincia di Ravenna. Qui, da anni, organizzano un festival rivolto all’infanzia e alle famiglie, tutto incentrato sul visivo e sul fare.
Per quindici giorni il paese diventa una fucina di laboratori ed esperienze di ogni tipo: i bambini vengono fatti dormire in tenda e la sera concerti, spettacoli di teatro pensati sia per adulti che per piccoli. E non è il solito festival che per qualche giorno “tira fuori dal cilindro” qualcosa che non ha niente a che fare col territorio, perché la cosa bella è che a Cotignola c’è una Scuola Arti e Mestieri dove tutto l’anno si susseguono dei laboratori pomeridiani, per cui dopo la scuola i ragazzi delle elementari e delle medie sanno che possono andare lì e avere una cornice per delle attività creative — ma non del tipo “ti metto lì, ti parcheggio a disegnare”, si tratta di belle attività.

(courtesy: Canicola)

Wow, non lo conoscevo. Sembra quasi di stare in un altro mondo.

C’è un’altra cultura, sembra di non essere in Italia. I bambini “masticano” il fumetto, il visivo, il disegno tutto l’anno e c’è proprio un approccio completamente diverso, più spontaneo e maturo, al mondo del fumetto, perché ci sono operatori che tutto l’anno portano avanti dei percorsi.
Al Festival dell’anno scorso, con Canicola abbiamo tenuto quattro giorni di laboratori e, vista l’energia viscerale che abbiamo sentito, abbiamo subito pensato di proporre loro un progetto. La scelta è caduta immediatamente su Martoz. Lui all’epoca stava ancora lavorando al libro Amore di lontano e, avendolo conosciuto, ci è sembrata la persona giusta.

Martoz, “La mela mascherata”, 64 pagine a colori, Canicola Bambini, , 2017
(courtesy: Canicola)

Chi conosce le opere di Martoz potrebbe pensare che sia un’idea folle coinvolgerlo in un fumetto per bambini.

Sì, perché il disegno di Martoz non è che sia proprio un disegno edulcorato, infiocchettato, e sia in Remi Tot che in Amore di lontano ha saputo coinvolgere il lettore in un turbinio narrativo incredibile, dove anche l’incomprensione fa parte della fruizione della storia.
Però abbiamo deciso di puntare tutto sulla forza del suo disegno, vedendo anche la serietà e la maturità con cui aveva affrontato i lavori precedenti.
Essendo la prima volta che si confrontava con un progetto rivolto ai bambini, lui è andato in crisi e ha messo in discussione veramente tutto, sia in termini di disegno sia in termini di “pulizia” della narrazione. Ha capito che con i bambini non doveva cadere nel rischio dell’incomprensione e quindi è riuscito ad essere estremamente limpido e chiaro in termini narrativi pur senza rinunciare a una certa sua complessità, fatta di elementi sì folli, che però danno un ritmo e non danneggiano la comprensibilità.

Come si è sviluppata questa collaborazione con Cotignola?

Evitando qualsiasi tipo di prodotto didascalico, Martoz si è messo in gioco per creare un racconto che avesse alla base degli elementi realmente appartenenti alla storia del paese, piena di personaggi incredibili: artisti, maestri, musicisti con una vocazione pedagogica.
Ha fatto un’immersione di due giorni nella storia e negli aneddoti di Cotignola, rendendo omaggio ad una delle figure più importanti del paese, Luigi Varoli, ceramista, pittore, musicista, maestro.
Avendo anche un interesse profondo per la Storia, quella con la S maiuscola, Martoz ha semplicemente preso da tutti i racconti su Varoli e gli altri quello che gli interessava di più, calando persone realmente esistite in una storia completamente inventata che però ha continue citazioni e rimandi alla realtà.
Il tutto è stato un processo molto spontaneo da parte sua, e credo che se non fosse stato così non avrebbe funzionato.

Perché la collana l’avete chiamata Dino Buzzati?

È un omaggio all’autore e alla sua visionarietà. E un buon auspicio per le nostre storie, che vorrebbero avere quella magia che lui ha saputo creare, coniugando il fantastico col quotidiano e risultando sempre leggibile.

Quando uscirà il prossimo libro?

Il nostro obiettivo è raggiungere due titoli nel corso di una nostro “anno editoriale” (che va da aprile a novembre). Nell’economia della nostra produzione questo è già un numero incisivo.
Si tratta di un progetto utopico, che stiamo anche affrontando in maniera assolutamente utopica. Nel tempo dedicato a uno solo di questi libri — confrontandoci con l’autore, consigliando, discutendo — un grosso editore probabilmente ne avrebbe fatti uscire quindici.
Però noi i libri li facciamo così, li sappiamo fare così, ci piace farli così.

(courtesy: Canicola)
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